Milk bread buns

Milk bread buns

Milk bread buns

milk bread buns
 

È tornato il tempo di riaccendere il forno e di preparare pani, panini, merende, e non solo.

Quanto mi è mancato il profumo di pane per casa, è qualcosa di confortante, è il calore che sa di buono, e questo pane al latte che ho preparato è davvero molto profumato, senza aggiungere alcun aroma particolare.

Per questi panini decisamente speciali, che potrebbero essere anche una bella pagnotta, in inglese sarebbe loaf, ho voluto seguire la ricetta di Kristina Cho. La signora Cho lo definisce il "mother of all milk breads", ossia "la madre di tutti i pani al latte". E ha perfettamente ragione.

È molto più di un pane al latte, sembra un pan brioche o a un challah, infatti tra gli ingredienti oltre al latte, ci sono uova e burro. Questo impasto viene realizzato inserendo anche il Tangzhong, molto usato in oriente, è il metodo della gelatificazione degli amidi che ha la capacità di rendere il pane sofficissimo, e di conservarlo anche per più giorni.
Kristina Cho spiega molto bene come realizzare il Tangzhong, in modo semplice. Ma anche il resto della ricetta è scritta in modo chiaro, adatto a tutti. Unica cosa è che il suo sito è tutto in inglese e quindi bisogna avere la pazienza di tradurlo e convertire magari qualche valore.
Io ho voluto fare dei panini, che gestisco meglio per le merende,e anche per le porzioni, ma con questo impasto si può anche fare la forma classica a cassetta, che in inglese chiamano loaf, molto poetico. 

I panini sono sofficissimi, leggeri, deliziosi, si accompagnano bene sia con ingredienti dolci che salati. Per conservarli surgelo e scaldo quando mi servono, e sono sempre come appena sfornati.

Chi è Kristina Cho?

Kristina Cho è una foodblogger statunitense molto conosciuta, è la terza generazione di una famiglia che da Hong Kong si è trasferita negli USA, precisamente in Ohio, nel corso degli anni '60 e che ha trovato il proprio benessere aprendo un ristorante. È autrice del libro Moon cakes and milk bread, primo libro in lingua inglese tutto dedicato al baking cinese, prodotti da forno dolci e salati che sono una buona parte della tradizione gastronomica di questo paese. L'autrice, naturalmente, attinge a piene mani nella esperienza della sua famiglia e con questo libro ha avuto moltissimi riconoscimenti, di pubblico e di critica.

 

Ingredienti per un loaf o 12-15 panini

Tangzhoang

100 g di latte

20 g di farina per pane

Impasto pane

335 g di farina per pane

125 g di latte caldo (40-43° C)

1 tsp di lievito secco attivo (circa 5 g)

50 g di zucchero semolato

1 uovo grande

1/2 tsp di sale

55 g di burro non salato,morbido e a pezzi

1 tsp di olio per ungere la ciotola

Per lucidare i panini

1 uovo

1 tbs di panna (1 cucchiaio)

Comincio preparando il Tangzhong: in una casseruola piccola, a fuoco basso, faccio cuocere la farina con il latte, mescolando continuamente fino a quando sarà addensata. Ci vorranno circa 2-3 minuti, la consistenza dovrebbe assomigliare al purée di patate. Trasferisco il composto in una ciotolina e lascio raffreddare per 5-10 minuti.

Scaldo il latte, lo porto quasi all'ebollizione, poi lo lascio intiepidire in una tazza fino alla temperatura di 40-43° C. Quando il latte raggiunge la temperatura lo mescolo con il lievito e un cucchiaino di zucchero (preso dal totale), metto da parte finché il composto non diventa spumoso, ci vorranno circa 5-10 minuti.

Nella planetaria munita di gancio a uncino verso la farina, lo zucchero, il sale e l'uovo, e inzio a lavorare a bassa velocità. Aggiungo il Tangzhong e il latte, continuo a impastare a bassa velocità finché non è tutto ben assorbito.

Unisco il burro morbido a pezzi, uno alla volta, aspetto che il primo pezzo venga amalgamato prima di aggiungerne altro. Quando tutto il burro è stato inserito, alzo la velocità della planetaria a media, e continuo a far lavorare finché l'impasto non sarà ben incordato.

Trasferisco ora l'impasto su un piano di lavoro leggermente infarinato, mi inumidisco le mani (l'impasto è molto appiccicoso) e faccio un giro di pieghe per formare una palla bella liscia. Metto la pasta a riposare in una ciotola (volendo leggermente oliata, e rigiro l'impasto all'interno per ungerlo tutto).

Copro con pellicola alimentare e metto in un luogo caldo per far lievitare fino al raddoppio (oppure posso metterlo in frigorifero per 8 ore o tutta la notte).

Se ho lasciato l'impasto in frigorifero lo riporto a temperatura ambiente.

Prendo la pasta, la metto sul piano di lavoro, faccio un giro di pieghe, poi la divido in pezzi tutti dello stesso peso (io di 55 g) per farne dei panini. Procedo a fare tre pieghe da tre e a pirlare (rigirare) ogni pezzo per formare un panino tondo e liscio. Sistemo ogni panino su una teglia rivestita con carta forno, distanziati gli uni dagli altri, copro la teglia con la pellicola alimentare e lascio lievitare. Non ti preoccupare se orai panini ti sembrano piccini, devono ancora lievitare e poi cresceranno anche in cottura.

Se preferisci formare la pagnotta, il loaf, dividi l'impasto in tre parti, fai un giro di pieghe e poi sistema i tre pezzi, con la chiusura verso il basso, nello stampo per il pancassetta. Copri con pellicola alimentare e lascia lievitare.

Preriscaldo il forno statico a 175° C.

Spennello la superficie dei panini con uovo e panna sbattuti.

Inforno e lascio cuocere per 30-33 minuti.

Poi trasferisco la teglia su una gratella per 10 minuti. Trascorsi i 10 minuti posso trasferire delicatamente i panini (o la pagnotta) sulla griglia a raffreddare.

 

milk bread buns

 

è sempre l'ora della merenda

è sempre l'ora della merenda

è sempre l'ora della merenda







libro: è sempre l'ora della merenda

Disponibile su Amazon



 


Questo libro nasce dalla proposta del mio caro amico Simone, nonché editore che mi ha supportato e sopportato nella realizzazione. Simone, con cui in un passato lontano siamo stati colleghi, mi contatta tramite il blog e i canali social. Dopo un po’ di racconti e chiacchiere mi propone di scrivere, o meglio raccogliere, parte delle mie ricette in un libro con tema merende. Dopo un anno di confronti, limature, studi e lavoro, ecco finalmente il frutto delle nostre fatiche. Non uso a caso il termine “nostre” perché le professionalità di Simone si bilanciano e completano con le mie e quindi è stato un bel lavoro di squadra. Certo Simone, e nemmeno io, immaginavamo che ci saremmo ritrovati per le mani un libro di una certa consistenza: ben 110 ricette con relative foto che Simone ha trasformato in acquerelli, per 310 pagine!

Il libro è una raccolta di ricette, di alcune ricette, o meglio di idee per quello che potrei definire il pasto più divertente e goloso della giornata: la merenda.

La merenda non è solo per i bambini, durante la merenda ci concediamo piccoli piaceri dolci e salati che non troviamo nei pasti principali. La merenda è lo sfizio, la coccola, la pausa che ci concediamo tra la colazione il pranzo e la cena. Potrei azzardare che la merenda è quasi una necessità oltre che fisiologica anche per l’umore. La merenda è anche il ricordo dell’infanzia, la nostra, e tutto può essere una merenda.

Nel libro ci sono ricette dolci e salate per tutti i gusti, ricette che si realizzano in pochi minuti ed altre più laboriose, spuntini à porter per la scuola e l’ufficio, e altre da consumare, magari in compagnia, prendendosi un quarto d’ora vero di pausa seduti comodamente. Sono ricette di merende, ma alcune possono essere anche colazioni, e, perché no, anche adatte ad un brunch o un pranzo o cena informale tra amici. È un libro scritto a modo mio, io non sono una chef, e ho cercato di usare un linguaggio semplice in modo che tutte le ricette possano essere alla portata di tutti, sia per gli ingredienti usati che per la “tecnica” necessaria alla realizzazione. Vorrei che la cucina e la realizzazione delle ricette diventi per tutti un aspetto piacevole, rilassante e divertente.

Ringrazio Simone per l’opportunità che mi ha dato e per aver lavorato a 4 quattro mani con me, gli amici vicini e lontani che mi hanno sostenuto, aiutato e assaggiato. Alla nonna che mi ha trasmesso l’amore per la cucina e “le mani”. Mia mamma che mi ha permesso di studiare, e ultima, ma non per importanza, mia figlia, senza la quale l’avventura del blog non sarebbe iniziata ed è la mia sostenitrice e PR numero 1.

E adesso non mi resta che ringraziare voi tutti e sperare che vi piaccia leggerlo, almeno quanto a me è piaciuto scriverlo…

Gabriella.


Panna cotta galattica azzurra: crossover Star Wars e Star Trek a tavola

Panna cotta galattica azzurra: crossover Star Wars e Star Trek a tavola

Panna cotta galattica azzurra: crossover Star Wars e Star Trek a tavola

Panna cotta al tè oolong blu su salsa di fragole, mirtilli e crumble di frolla, con tè freddo oolong blu

panna cotta azzurra al tè oolong blu

Un crossover di Star Wars e Star Trek culinario con questa panna cotta galattica: la panna cotta azzurra, realizzata con il latte di Bantha di Star Wars, viene servita accompagnata dalla bevanda fresca romulana nei toni blu, verdi, azzurri.

Le sfumature di colore del latte di Bantha di Star Wars e quelle della bevanda romulana, le ho ottenute facendo un’infusione con il tè oolong blu, conosciuto anche come te blu o tè quing.

Per la mia ricetta ho usato il tè oolong blu, in cui i fiori blu della Camellia tritati regalano delle bellissime sfumature nei toni del blu, azzurro verde, l’aroma è dolce, vellutato, profuma di fiori e frutti con sfumature lattee, è indicato per la pasticceria, i dolci.

La panna cotta azzurra l’ho servita su una salsa di fragole fresche, qualche mirtillo fresco e delle briciole di frolla per dare una nota croccante, l’ho accompagnata con il tè freddo oolong blu (rigorosamente senza zucchero o altro), l’insieme del dolce e della bevanda si armonizzano nei toni e nei sapori delicatamente, regalando un piacevole mix di note fruttate e fiorate, un insieme fresco, goloso per una vera coccola di piacere, da regalarsi in un qualsiasi momento della giornata.

Di seguito alcune notizie sul tè oolong, lavorazione, proprietà, tempi infusione...

L’oolong (anche scritto wulong, tè blu o tè verdazzurro) in cinese vuol dire“drago nero” e indica un tè che si può definire a metà tra il tè verde e il tè nero perché subisce solo una parziale ossidazione. A seconda del grado di ossidazione raggiunto il tè può avere note più floreali o più fruttate e tostate.

In Occidente il tè oolong è anche conosciuto come “tè semifermentato”. La fermentazione può avere una durata maggiore o inferiore a seconda della zona della Cina in cui viene prodotto. Il tè oolong viene ricavato dalle stesse foglie di tè con cui si producono il tè verde o il tè nero, ma con lavorazioni e caratteristiche differenti.

L’oolong, proprio come gli altri tè, è ottenuto dalle foglie della pianta Camellia Sinensis Assamica. La differenza sta nella lavorazione, che viene considerata quasi una forma d’arte che è possibile apprendere solo dopo molti anni di esperienza. Dopo la raccolta le foglie del tè oolong subiscono più tappe di lavorazione rispetto alle altre varietà di tè, in particolare nella loro ossidazione, ovvero la loro esposizione, più o meno prolungata, all’aria. Le foglie del tè oolong vengono dapprima fatte appassire, poi fermentare. Segue una particolare frantumazione che fa ottenere tè con diverse granulometrie, a cui segue un’eventuale ulteriore processo fermentativo.È in questa fase, infatti, che le foglie della pianta Camellia Sinensis acquisiscono tutte le loro caratteristiche, dal colore, alla texture fino agli aromi diversi, infatti i tè oolong hanno sapori diversi tra loro ed estremamente complessi. È considerato uno dei tè più pregiati al mondo, il tè oolong è originario della Cina e si è poi diffuso nella zona di Taiwan. Ad influire sul gusto, oltre al processo di ossidazione, è anche la zona di provenienza: così gli aromi possono variare da quello floreale a quello erbaceo o al bruciacchiato.

Il tipo di fermentazione influenza anche il tempo di infusione del tè oolong. Per estrarre al meglio i principi attivi dalle varietà leggere e meno fermentate di tè oolong viene consigliata l’infusione a una temperatura compresa tra gli 82 e gli 85 gradi. 

Per gli oolong più fermentati e scuri, con foglie da verde scuro a nero, è preferibile un’infusione in acqua vicina al punto di ebollizione. L’infusione dovrebbe sempre avvenire per tre-cinque minuti.

Il tè blu semi ossidato riunisce molte delle proprietà benefiche del tè nero e del tè verde: grazie ai suoi componenti antiossidanti,e i polifenoli svolgono un’azione protettiva per la pelle e contrastano l’azione dei radicali liberi. Il consumo del tè oolong aiuta a restare in forma contrastando il rallentamento del metabolismo e rinforza le difese immunitarie grazie alla presenza di vitamine e sali minerali idrosolubili come la vitamina C e alcune vitamine del gruppo B, svolge un’azione di protezione e rafforzamento delle ossa e dei denti, riduce lo stress e migliora la capacità di attenzione.

Inoltre, i tè oolong, pur avendo un gusto forte e strutturato, contengono una minor quantità di caffeina. Ecco perché sono assolutamente perfetti per ogni momento della giornata, anche la sera.

Non è consigliabile aggiungere zucchero in quanto questo tè ha già un gusto dolce, delicato, andrebbe bevuto in purezza senza per poterne percepire il particolare aroma. Però per chi proprio non resiste meglio usare un po’ di miele.

Se si aggiunge del limone al tè oolong blu per reazione la nuances blu-azzurro-verde cambierà in sfumature sui toni del viola.

Dimenticavo, con questa ricetta partecipo al contest di “Chef a colori” promosso da Thesignofcolor e DoitHuman.

 

panna cotta azzurra galattica
 
Ingredienti

Per la panna cotta

200 ml di latte fresco intero

200 ml di panna fresca

2-3 cucchiaini di tè oolong blu

4 g di agar agar

40 g di zucchero

Briciole di frolla

125 g di farina di frumento debole

63 g di zucchero a velo vanigliato

63 g di burro

½ uovo

½ bacca di vaniglia i semi, o vaniglia tritata ¼ di cucchiaino

un pizzico di sale

Per completare il piatto

150 g di fragole fresche

1 cucchiaino di zucchero a velo vanigliato

mirtilli freschi

briciole di frolla alla vaniglia

filamenti di fiori eduli

Ho scaldato il latte fino al punto di ebollizione, spengo e metto in infusione il tè oolong blu, mescolo e lascio fino ad ottenere la nuances di colore desiderata.

Sciolgo l’agar agar e lo zucchero nella panna, metto sul fuoco dolce e, mescolando, porto a bollore. Lascio addensare per 2 massimo 5 minuti, poi tolgo dal fuoco.

Filtro il latte dal tè con un colino e lo unisco alla panna, mescolo bene e verso negli stampi. Lascio raffreddare prima di mettere in frigorifero fino al momento di servire.

Preparo la pasta frolla: impasto velocemente gli ingredienti, formo un panetto che lascio riposare in frigorifero per mezz’ora. Stendo la pasta frolla nello spessore di 5 mm e formo dei biscotti che adagio su una teglia rivestita con carta forno. Rimetto in frigo a riposare mentre scaldo il forno a 170° C in modalità statica. Inforno direttamente la teglia con i biscotti per circa 15-20 minuti. Sforno e lascio raffreddare su una griglia per dolci. Oppure si possono usare dei biscotti già pronti.

Preparo la salsa di fragole: lavo e pulisco le fragole, le metto nel bicchiere del frullatore ad immersione con un cucchiaino di zucchero a velo, le frullo e poi passo la salsa in un colino per togliere i semi.

Lavo i mirtilli e li asciugo bene.

Composizione del piatto: metto un cucchiaio di salsa di fragole sul piatto. Per creare gli schizzi sbatto il dorso del cucchiaio sulla salsa di fragole. Al centro della salsa sistemo la panna cotta, aggiungo i mirtilli e sbriciolo i biscotti intorno per dare nota croccante, Infine spargo qualche filamento di fiori eduli.

Accompagno la panna cotta azzurra con un tè freddo oolong blu. 


Brioche Allemande o Butchy

Brioche Allemande o Butchy

Brioche Allemande o Butchy

 brioche allemande buns



La brioche allemande o butchy è un lievitato sofficissimo, attrae per la sua consistenza ariosa e leggera, come quella di una nuvola. È leggermente dolce ed è ideale sia come accompagnamento che ad essere farcito con ingredienti dolci e salati.

Ho fatto due tipi di forme: i panini, che gestisco meglio per le colazioni e le merende, e la sua classica forma brioche, dove i panini vengono messi a lievitare uno accanto all’altro in uno stampo da plumcake. Con il formato classico la brioche può essere affettata, o si possono staccare i panini che la formano.

L’origine di questa brioche è un’incognita, le informazioni sono difficili da trovare, anche se la ricetta è molto diffusa sui blog francesi. Sembra che le sue origini sarebbero da ricercare nei paesi tedeschi: infatti si potrebbe pensare che il buchteln, un piccolo panino brioche ripieno di marmellata, tipico della cucina austriaca, bavarese e ungherese, si sia diffuso in Francia, dove viene chiamato appunto brioche allemande, ossia brioche tedesca, oppure, in modo più confidenziale, butchy.

L’impasto della brioche allemande è particolare in quanto non è la classica brioche burrosa, infatti il burro non è per nulla presente tra gli ingredienti, al suo posto viene usata la crème fraîche épaisse, che è simile alla panna acida, questa sostituzione conferisce alla brioche una consistenza più soffice e leggera.

Se non trovi in commercio la crème fraîche, puoi farla in casa (come ho fatto io), oppure sostituirla con lo yogurt o la panna fresca.

La preparazione è semplice, bisogna solo avere pazienza e rispettare i lunghi tempi di riposo e lievitazione, per comodità basterà preparare l’impasto la sera e lasciar lievitare la notte..

Per conservare le brioche suggerisco di surgelarle, una volta raffreddate, poi scaldarle quando servono, in questo modo saranno sempre come appena sfornate. Oppure si possono mettere in un sacchetto o in un contenitore per alimenti ben sigillato in modo da preservarne la freschezza, e per renderle più soffici sarà sufficiente scaldarle in forno a 160° per pochissimi minuti (si può usare anche il forno a microonde, pochi secondi, funzione scongelamento).

La sua consistenza è unica, morbida, delicata nel sapore, è perfetta per la colazione o come merenda, davvero irresistibile, attenzione che crea dipendenza talmente è golosa e buona.


brioche allemande

Ingredienti

Impasto brioche

500 di farina 0 tipo forte (W330, oppure metà W260 metà W330)
200 g di panna acida
100 ml di latte intero
2 uova
28 g miele
12 g zucchero
5 g lievito di birra fresco (o 2,5 g di lievito di birra secco)
1 presa di sale

Per lucidare

1 uovo
1 cucchiaio di latte

Come prima cosa preparo la panna acida. Mescolo in parti uguali 100 g di yogurt e  panna con un cucchiaino di succo di limone e faccio riposare una decina di minuti, tempo di preparare gli altri ingredienti.

Setaccio la farina nella ciotola dell’impastatrice, unisco il lievito, lo zucchero e inizio a mescolare con il gancio a uncino. Aggiungo la panna acida e, quando è stata assorbita, anche l’uovo leggermente sbattuto e il sale. Lavoro l’impasto per almeno 15 minuti, fino a quando non si staccherà dalle pareti della ciotola. Prendo l’impasto e lo metto su un piano di lavoro e faccio un giro di pieghe e arrotondo. Ripongo la pasta in una ciotola, copro con pellicola alimentare e lascio lievitare per un’ora a temperatura ambiente, dopo metto in frigorifero per tutta la notte. Se hai fretta puoi saltare il passaggio in frigorifero e lasciar lievitare a temperatura ambiente fino al raddoppio del volume.

Il giorno dopo riprendo l’impasto dal frigo e lo metto su un piano di lavoro. Faccio un giro di pieghe e poi lo divido in pezzi tutti dello stesso peso, io li ho fatti di circa 70 g l’uno. Prendo ogni pezzo e lo pirlo, lo arrotondo con le mani, fino a dargli una forma il più possibile sferica. Metto le palline in uno stampo da plumcake, della misura 20x10 cm, imburrato, cerco di sistemarle in modo il più possibile regolare senza deformarle, staranno un po’ strette le une alle altre. Copro con pellicola alimentare e lascio lievitare fin quando l’impasto arriverà a toccare il bordo dello stampo, non oltre.

Stesso procedimento per i panini solo che, invece di metterli nello stampo del plumcake, li sistemo su una teglia foderata con carta forno distanziati gli uni dagli altri, copro con pellicola alimentare e lascio lievitare fino al raddoppio del volume.

Lucido delicatamente la superficie della brioche, o dei panini, con uovo e latte sbattuti, inforno e cuocio in forno preriscaldato statico a 180° C per circa 20 minuti. Sforno e lascio raffreddare su una gratella per dolci.

 brioche allemande

Pain de mie

Pain de mie

Pain de mie

pain de mie

I pain de mie sono dei panini al latte soffici e leggermente dolci, con poco burro e zucchero, una via di mezzo tra il panino morbido e una brioche, l’impasto è quello dell’omonimo pain de mie francese ossia il pane di mollica, con il quale viene fatto anche il pancarrè.

Per comodità e perché li trovo più carini e comodi da usare per le colazioni e le merende, ho preferito dare la forma di un piccolo panino, come quelli che si trovano nelle bakery o nelle panetterie pasticcerie.

La ricetta si trova sul libro di Csaba Dalla Zorza “The Modern Baker”, ma è facilmente reperibile ovunque, su molti libri e nel web, e di base sono tra tutte loro molto simili, o possono presentare piccole variazioni personali… come ho fatto io.

La panificazione non permette troppe libertà sulle ricette basi, ma qualche personalizzazione, qualche modifica si riesce a fare.

Ho fatti due versioni dei pan de mie, con farina di frumento tipo 0 e semintegrali, per dolcificare leggermente ho preferito il miele.

Questi pain de mie sono deliziosi e buonissimi, perfetti con qualsiasi farcitura dalla dolce alla salata.

 

pain de mie semintegrali

Ingredienti

150 ml di acqua

5 g di lievito di birra fresco

500 g di farina di frumento tipo 0 forte (o 300 g di farina tipo 0 e 100 farina integrale)

1 cucchiaio di miele

100 ml di latte

45 g di burro

1 cucchiaino di sale

 

Sciolgo il miele e il lievito nell’acqua per farlo attivare.
In una ciotola capiente, o nella planetaria metto la farina, verso l’acqua con il lievito e inizio a impastare. Appena l’acqua è stata assorbita aggiungo il latte e continuo a lavorare. Quando l’impasto inizia a essere omogeneo unisco il sale e il burro in piccoli pezzi, uno alla volta, aspetto che venga assorbito prima di inserirne altri.
Se si usa la planetaria ora si deve aumentare la velocità, mentre se invece si lavora a mano ora bisognerà lavorare molto più energicamente.
Continuo a impastare e lavorare finché non ottengo una pasta liscia, lucida, elastica e compatta. Allungo l’impasto con le mani sul piano di lavoro e faccio una piega a portafoglio, lo ruoto di 90°, lo allungo di nuovo e ripiego. Ripeto l’operazione una terza volta, poi sistemo l’impasto in una ciotola (volendo leggermente oliata), copro con pellicola e lascio lievitare fino a far triplicare quasi il suo volume.
Riprendo l’impasto, lo sgonfio e lo divido in 16 pezzi da 50 g l’uno. Procedo a pirlare i singoli pezzi per dare una forma sferica: prima allargo leggermente la pasta, prendo gli angoli, tiro leggermente e poi li porto verso il centro, rigiro il panetto in modo che la parte con la chiusura sia verso il basso, ora, lo arrotondo facendolo girare tra le mani o sul piano di lavoro, dandogli una forma sferica regolare, in questo modo si darà una crescita regolare all’impasto durante la lievitazione.
È importante non aggiungere farina per non compromettere la morbidezza dei panini.
Sistemo i pain in una teglia rivestita con carta forno, copro con pellicola alimentare e lascio lievitare.
Preriscaldo il forno statico a 180° C.
Sbatto leggermente l’uovo con un cucchiaio di latte e spennello, delicatamente, la superficie dei pain lievitati. Cuocio per circa 25 minuti circa. Appena pronti sforno e faccio raffreddare su una gratella.
Per conservarli li surgelo e li scaldo quando servono, così saranno sempre soffici come appena fatti.

disegnino pain de mie

 

Le rosette

Le rosette

Le rosette

 rosetta con mortadella

La rosetta con la mortadella è un’istituzione un must

L’origine è incerta se la contendono romani e napoletani, ma studiandole entrambe posso dire che impasto e procedimento sono simili…

Ricordo che da bambina, in vacanza nelle Marche, era tra le merende che consumavo, e la rosetta era diffusa tanto quanto il maritozzo.

La particolarità delle rosette, chiamate anche rosette soffiate, è che sono dei panini con all’interno poca mollica. Sono ottime sia con salumi e formaggi che con confetture, marmellate e creme spalmabili.

Realizzare questo panino richiede pazienza e manualità, per i tempi di riposo e lievitazioni oltre al fatto che l’impasto ha poca acqua e risulta duro da lavorare. Quindi se si lavora a mano ci vuole pazienza e si faticherà un po', se si usa la planetaria consiglio di usarla a bassa velocità per non rovinare la macchina.

Non si può fare la rosetta senza dargli l’apposita forma, e fare i tagli con la lama non funziona, quindi sarà necessario avere o l’apposito stampo o un tagliamela. E parlo per esperienza, perché ho già provato a farle senza gli attrezza adeguati e non vengono, o meglio vengono dei panini, ottimi panini, ma non sono le rosette.

Il lavoro e la pazienza verranno ripagate da queste deliziose rosette, la crosta croccante e scrocchiarella, da tagliare calda calda e farcire con mortadella… che bontà

Niente è più buono del pane caldo appena sfornato e che il profumo che aleggia per casa…


rosette

Ingredienti

Per la biga
400 g di farina 0 (W260-280)
180 g di acqua
5 g di lievito di birra fresco (o 100 g di pasta madre)

Impasto
tutta la biga
100 g di farina 0 (W260-280)
50 g di acqua
1/2 cucchiaino di miele (o malto o 4 g di zucchero)
10 g di sale

Ripieno
mortadella a fette

Ho sciolto il lievito in un po’ d’acqua presa dal totale della biga, lo verso nella farina e comincio a lavorare, poi lentamente aggiungo acqua. Impasto per almeno 20 minuti, con pazienza lo lavoro fino a quando non sarà liscio. Copro la pasta con della pellicola alimentare e la lascio a temperatura ambiente a lievitare per almeno 12 ore (o tutta la notte). Trascorsa una mezz’ora faccio un giro di pieghe per rendere uniforme l’impasto e dare forza alla biga. Copro nuovamente con la pellicola e lascio riposare fino al giorno dopo.

Trascorso il tempo di riposo prendo la biga, e se uso la planetaria la metto a mezzi con la farina, aziono la macchina a bassa velocità. A mano, aggiungo la restante farina e impasto. Dopo un minuto verso la restante acqua in cui avrò sciolto il miele, e per ultimo il sale. La pasta continuerà a essere molto asciutta e dura, ci vuole pazienza e rispetto dei tempi di lavorazione e riposo. Continuo a lavorare per almeno 15 minuti, fin quando l’impasto non risulterà liscio ed omogeneo. Copro con pellicola e lo lascio riposare per un’ora. Dopo il riposo prendo la pasta e procedo a fare le pieghe: la stendo in un rettangolo dello spessore uniforme di 1 cm, piego i lati corti al centro, poi ripiego a libro, facendo così la piega a 4. Ripeto questa operazione per 3 volte. Dopo la terza volta arrotolo l’impasto su sé stesso. Mi ungo le mani con un po’ di olio e lo spalmo sulla superficie dell’impasto, così non si asciugherà, poi copro con la pellicola. Faccio lievitare per un’altra ora. 

impasto rosetta

Quando l’impasto è lievitato procedo a dividerlo per formare i panini. Taglio la pasta e la divido in pezzature dello stesso peso. Posso fare dei pezzi da 80 g, che una volta cotti risulteranno del peso di circa 60 g, oppure più piccoli. Ora procedo a fare il giro di pieghe a tre ad ogni singolo panino e poi la pirlatura, li rigigiro, li arrotolo col palmo della mano, sino ad avere la superficie bella liscia e chiudendo bene ogni fessura. Copro i panini e faccio riposare per 30-40 minuti. Dopo schiaccio leggermente la superficie dei panini. Spolvero con un po’ di farina la superficie di lavoro e i panini. Procedo a dare la forma delle rosette con l’aiuto di un tagliamela, o dell’apposito stampo: faccio una pressione con l'attrezzo sulla superficie del panino senza arrivare fino in fondo, non devo tagliare l’impasto, capovolgo le rosette e la lascio lievitare coperte per almeno 2 ore.

Preriscaldo il forno in modalità statica a 250° C con un pentolino di acqua messo sul fondo. Prendo le rosette, le rigiro nel giusto verso e le sistemo su una teglia rivestita con un foglio di carta forno. Inforno e cuocio per circa 20-30 minuti, dipende anche dalla grandezza dei panini. Quando pronte sforno, trasferiso su una gratella e lascio intiepidire... o raffreddare...

Non mi resta che tagliarle e farcirle... 

Per conservarle, una volta fredde le surgelo e le scaldo al bisogno per averle sempre come appena fatte.


rosetta


Japanese Cheesecake

Japanese Cheesecake

Japanese Cheesecake

 

japanese cheesecake

Questo cheesecake giapponse nasce in una piccola pasticceria ad Osaka, in Giappone, nel 1980, è un dolce etereo e soffice che sembra in tutto e per tutto una nuvola, potrebbe chiamarsi soufflé cheesecake. E’ a metà strada tra un cheesecake senza la base, una mousse e un soufflé, conquista per la sua leggerezza e consistenza tanto da essere conosciuta anche come cotton cake, perché sembra un batuffolo di cotone.

Come dice lo chef Hiro, il dolce è amore…

E questo japanese cheesecake è stato fatto proprio in onore di una ricorrenza, un compleanno... più amore di così...

Qualche consiglio e accorgimento preliminare per un'ottima riuscita della torta: per garantire la morbidezza e l'umidità interne del dolce le uova devono essere a temperatura ambiente e la cottura a bagnomaria. Attenzione anche alla temperatura del forno che non deve essere troppo alta, altrimenti si rischiano delle crepe sulla superficie. Una volta in forno, non bisogna mai aprire lo sportello.

Il segreto di questo dolce è usare la frusta quando si incorporano gli albumi montati all’impasto, facendo un movimento come di una planetaria, anche se delicato. In questo modo l’albume montato si smonta, creando un composto fluido, come una mousse, e la giusta consistenza dell’impasto si ottiene proprio montando e smontando gli albumi. Diversamente se si incorporano gli albumi montati senza smontarli il dolce si comporterà come un soufflé, crescerà, aumenterà di volume e si creperà sulla superficie.

Il japanese cheesecake è davvero magico, in bocca è delicatissimo, si scioglie, è una coccola, leggerissimo. Il limone dona freschezza e sgrassa un composto fatto di uova e formaggi che altrimenti potrebbe risultare pesante. Questo dolce può essere servito tiepido o dopo un riposo in frigorifero di almeno 4 ore (io tutta la notte) e lasciato a temperatura ambiente un’ora prima di consumarlo. Non so come sia caldo, forse assomiglierà in tutto e per tutto a un soufflé, ma da fresco è assolutamente paradisiaco si scioglie in bocca come una mousse, risulta talmente leggero e fresco da consentire di fare il bis e non solo… un autentico piacere.

Il cheesecake giapponese è’ ottimo da solo, spolverato con poco zucchero a velo o decorato con della frutta fresca, ma pochissima, per non coprire la sue delicatezza.

E anche questo japanese cheesecake entrerà tra le ricette preferite di casa.

Ingredienti

200 g di formaggio spalmabile( tipo quark, Abitella, Philadelphia o mascarpone)

200 g di latte

4 uova

70 g di zucchero semolato

40 g di farina per dolci

10 g di fecola di patate (o altro amido)

5 gocce di estratto di vaniglia (o semi di una bacca)

buccia grattugiata di un limone

20 g di succo di limone

In un pentolino ho fatto sciogliere il formaggio nel latte mescolando con una frusta. Non deve scaldarsi troppo, appena il formaggio si sarà sciolto, la consistenza assomiglierà a uno yogurt, lo sposto dal fuoco e lascio raffreddare.

Separo i tuorli dagli albumi in due ciotole.

Metto nei tuorli 20 g di zucchero, presi dal totale, e con una frusta a mano mescolo, sbatto, per farlo sciogliere. Verso il latte, raffreddato, sui tuorli, mischio, infine aggiungo le polveri setacciate e amalgamo, il composto deve essere fluido e non presentare grumi. Per ultimo aggiungo l’estratto di vaniglia, la buccia grattugiata e il succo di limone, mescolo bene e metto da parte.

Con le fruste elettriche, o con la planetaria, inizio a montare gli albumi, appena cominciano a imbianchirsi, e non vedo la parte liquida, verso lentamente lo zucchero. Continuo a montare fino ad avere gli albumi ben sodi, a neve ferma, bianchi, lucidi e fermi... la prova è che se rovescio la ciotola non scivolano.

Ora aggiungo gli albumi montati all’impasto in tre volte, e amalgamo usando la frusta. Questo è il segreto di questo dolce. L’albume incorporato con le fruste viene leggermente smontato facendo un movimento come di una planetaria, ma lento e delicato. Deve venire una consistenza cremosa, omogenea, né troppo montata né troppo smontata, una mousse, questa è la giusta consistenza.

La cottura del dolce è a bagnomaria, lenta, è il vapore che lo cuoce. 

Rivesto uno stampo da 20 cm chiuso, non a cerniera e con i bordi alti, con la carta forno, volendo lo spennello di burro per far aderire meglio la carta allo stampo. Verso l’impasto nello stampo, lo batto leggermente per eliminare le bolle d’aria. Ora metto lo stampo in una teglia o un altro stampo più grande sul cui fondo ho sistemato due fogli di carta assorbente piegati (servirà a dare stabilità e spessore alla tortiera), nello spazio tra i due stampi verso l’acqua calda, a circa 80° C, per 2 cm di altezza. Cuocio in forno statico preriscaldato a 160° C per 20 minuti, poi a 125° C per altri 40 minuti. Durante la cottura non bisogna aprire la porta del forno. Una volta pronto, se la superficie non è colorata uso la funzione grill per qualche minuto. Sforno la torta e la lascio riposare nello stampo per 1 ora, solo dopo la sformo.

Il japanese cheesecake può essere servito tiepido, oppure dopo averlo fatto riposare in frigorifero per almeno 4 ore (o tutta una notte), così sprigionerà tutti i suoi aromi. 

Decorare a piacere con frutta fresca, coulis di frutta, o semplicemente dello zucchero a velo per apprezzarne in pieno la sua delicatezza.

Si conserva in frigorifero per 2 giorni.

japanese cheesecake


 

Parker House Roll

Parker House Roll

Parker House Roll

 

parker house roll

Questi panini prendono il nome dal Boston Parker House Hotel dove sono stati fatti per la prima volta nel lontano 1870. La leggenda narra che un fornaio, in un momento di rabbia, abbia infornato una serie di panini “non finiti”. Quando poi li ha sfornati avevano una distinta forma piegata “a tasca” che li rendeva leggeri e gonfi all’interno, pur restando burrosi e croccanti all’esterno. Ovviamente la storia legata a questi panini, come per tutte le leggende e storie culinarie tramandate, ha molte varianti.

Questi panini sono diventati un marchio caratteristico di Boston e della zona del New England, Stati Uniti. Anche in merito alla forma che si dovrebbe dare al panino si possono trovare molte varianti, ma nel The Boston Cooking School Cook Book, Fannie Farmer scrive che la forma è quella a mezzaluna ottenuto piegando a metà un cerchio di pasta. Oggi si fanno i rotoli di pasta in tutti i modi

I Parker house roll sono dei panini dolci, semidolci, burrosi, con interno sofficissimo quasi sfogliato e esterno leggermente croccante, sono i classici panini da buffet, dal gusto delicato che ben si abbina a tutti gli ingredienti sia dolci che salati. Le ricette sono più o meno tutte simili, perché l’arte del pane lascia spazio alla fantasia, ma nemmeno poi così tanta…

I panini sono deliziosi serviti caldi, tiepidi. Si conservano in un contenitore chiuso, oppure, si possono surgelare appena freddi e scaldare quando servono, così saranno sempre soffici e leggeri.

parker house roll


Ingredienti

300 g di latte intero

150 g di burro +20 g per la lavorazione

3 uova

700 g di farina +100 g per la lavorazione (W230-260)

5-6 g di lievito di birra fresco

1 cucchiaino di sale

1 cucchiaino di miele

 

In una pentolino faccio sciogliere il burro a pezzetti, il miele con 150 g di latte, e faccio raffreddare, intiepidire.

Sciolgo il lievito di birra negli altri 150 g di latte, e faccio riposare qualche minuto.

Riprendo il latte che avevo scaldato, e che nel frattempo si sarà raffreddato, e ci verso le uova e il sale, mescolo bene per romperle.

Inizio ad impastare mettendo la farina in una ciotola (si può usare la planetaria) e versando il latte con il lievito, quando questo è stato assorbito, inserisco gli altri liquidi. Continuo a lavorare fino ad avere un impasto liscio, omogeneo, abbastanza soffice ed elastico. Raccolgo l’impasto in una palla e la metto a lievitare in una ciotola e coperto con pellicola (volendo si può ungere con un po’ di burro la ciotola e la pellicola). Lascio lievitare fino al raddoppio del volume.

Riprendo l’impasto, lo rovescio su un piano di lavoro leggermente infarinato, e lo divido in pezzi tutti dello stesso peso, più o meno. Io ho scelto di farli piccoli, una grammatura di circa 60-70 g. Con ogni pezzo di pasta lo allungo e faccio un giro di pieghe per tre volte, poi lo arrotolo su se stesso, formo un piccolo cilindro, e lo metto in una teglia foderata con carta forno. Procedo a formare tutti i panini, una volta sistemati, lasciando un centimetro di spazio l’uno dall’altro, copro con pellicola e lascio lievitare.

Scaldo il forno in modalità statica a 180° C, con un pentolino d’acqua calda sul fondo. Prima di infornare i panini spennello la superficie con il burro rimasto e metto a cuocere per 20-30 minuti, dipende dalla grandezza, finché saranno leggermente dorati. Appena pronti sforno e faccio raffreddare su una griglia da raffreddamento.

Sono buonissimi appena fatti, si conservano un giorno in un contenitore ermetico, oppure si possono surgelare e scaldare quando servono, e io di solito faccio così.

parker house roll

 

Flognarde con mele Annurca, cannella e miele di lavanda

Flognarde con mele Annurca, cannella e miele di lavanda

Flognarde con mele Annurca, cannella e miele di lavanda


flognarde con mele Annurca, cannella e miele di lavanda

 

Un ricetta facile e veloce, perfetta da servire come dessert a fine pasto, e vi assicuro che farete bella figura con la sua semplicità, i suoi profumi e la sua consistenza morbida che si scioglie in bocca. Ma meglio ancora da fare e servire tiepido a merenda, come vorrebbe la tradizione francese. Infatti questo dolce ha origine in Francia, appartiene alla loro tradizione culinaria e nasce proprio per essere servito a merenda, una merenda facile e veloce che veniva addirittura cotta in padella (e chi vuole può proprio cuocerlo così). 

Il mio flognarde nasce da delle piccole mele Annurca, la cui consistenza rimane croccante anche in cottura, che mi guardavano dalla fruttiera, e se già la mela Annurca è un tipo di mela piccola, le mie lo erano ancora di più. Ho pensato di fare l'appareil, l'impasto base ricco con la panna, la mela poi chiama la cannella, o almeno per me, è un profumo che mi piace molto. Ho pensato di dare un tocco particolare con il miele di lavanda di Provenza, il quale da solo ha un profumo decisamente forte, ma in piccole quantità e inserito in una ricetta conferisce una nota particolare decisamente ricercata e interessante.

Flognarde deriva dalla lingua occitana e significa “soffice, morbido”, appartiene alla famiglia dei flan, stessa ricetta base dei clafoutis, ma il calfoutis è solo con le ciliegie e possibilmente col nocciolo, con le prugne è un far breton... tutto il resto, con altra frutta, è flognarde, fate bene attenzione i francesi ci tengono alle differenze!


Ingredienti
6 mele Annurca (o 3-4 mele a piacere)
300 g di latte intero
50 g di panna fresca
4 uova
70 g di farina debole per dolci
100 g di zucchero
1 cucchiaio di miele di lavanda
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
zucchero a velo per decorare

Pulisci le mele, privale del torsolo e tagliale in pezzetti medio piccoli.
In una ciotola capiente, o in planetaria, monta le uova unendo lo zucchero poco alla volta, per 10-15 minuti, devono quadruplicare il loro volume e diventare chiare e spumose. Unisci ora la farina setacciata, mescolando delicatamente, per non smontare le uova, dal basso verso l’alto. Aggiungi infine il latte e la panna in cui avrai sciolto il miele e la cannella, e amalgama bene l’impasto.
Imburra leggermente una pirofila di porcellana e spargi un po’ di zucchero sul fondo. Sistema le mele e ricopri con la pastella.
Cuoci in forno preriscaldato statico a 200° C per 5 minuti, poi abbassa a 180° C e continua la cottura per altri 30-40 minuti circa. Controlla sempre la cottura con lo stecchino prima di sfornare.
Quando il flognarde è ben dorato sforna e lascia intiepidire  nello stampo.
Servilo direttamente nella pirofila spolverando con dello zucchero a velo. 


flognarde con mele Annurca, cannella e miele di lavanda

Hot Sponge Milk Cake

Hot Sponge Milk Cake

Hot Sponge Milk Cake

hot sponge milk cake

 
Una torta soffice come una nuvola, di quelle che si possono definire fluffy, perfetta per l'inzuppo grazie alla consistenza spugnosa che le permette di assorbire i liquidi, il latte, senza sbriciolarsi.
Questa sua particolare texture la rende perfetta anche per le torte a strati, le layer cake, da tagliare e farcire senza il bisogno di doverla bagnare con qualche liquido.
Oltre ad essere spugnosa è anche umida e leggera, molto leggera per essere una sponge cake. A cosa si deve questa sua consistenza così speciale? Al latte caldo che versato nell'impasto la rende leggerissima e sofficissima... una magia.
Tra le sponge cake è di sicuro la mia preferita, si usa poco burro e rimane al gusto molto delicata, sicuramente la utilizzerò spesso come base per le torte a strati.
Questa torta è diventata molto famosa sul web grazie all'autrice Tish Boyle, e merita tutta la sua popolarità.
Di seguito alcuni consigli per una perfetta hot milk sponge cake:
  • usare uova a temperatura ambiente, questo aiuterà ad avere una massa montata più gonfia perché ingloberanno più aria;
  • montare le uova con lo zucchero a lungo, almeno per 10-15 minuti, l'impasto deve quadruplicare di volume, diventare chiaro e spumoso. Sarà proprio l'aria incorporata che farà gonfiare la torta. Per questo passaggio meglio usare la planetaria o le fruste elettriche;
  • unire la farina con movimenti lenti dal basso verso l'alto per non smontare il composto.
La ricetta base prevede l'uso della vaniglia per aromatizzare il dolce, e consiglio di usare i semi della bacca per avere il massimo profumo.

Per avere una torta alta, con queste dosi, usare uno stampo da 20-22 cm di diametro.

La hot milk sponge cake è buonissima a colazione e a merenda servita nella sua semplicità con una spolverata di zucchero a velo sulla superficie, è una classica torta da credenza.

 

Ingredienti

165 g di farina di frumento per dolci

165 g di zucchero

120 g di latte intero

3 uova

60 g di burro

1 pizzico di sale

semi di una bacca di vaniglia

Prima di iniziare a fare la torta lascio le uova a temperatura ambiente, non devono essere fredde, questo mi aiuterà ad avere una massa montata.

Setaccio la farina con il lievito per due volte.

In una pentolino metto il latte, il burro, la bacca di vaniglia precedentemente raschiata e i suoi semi, faccio scaldare finché il burro non sarà sciolto.

Con la planetaria, o le fruste, inizio a montare le uova con un pizzico di sale, poi aggiungo pian piano lo zucchero. Lavoro a lungo, almeno per 15 minuti, finché il composto non sarà quadruplicato e diventa chiaro e spumoso. Incorporo alle uova montate le polveri, faccio dei movimenti delicati dal basso verso l’alto per non smontare il composto.

Scaldo nuovamente il latte, tolgo il baccello della vaniglia e spengo prima che raggiunga il bollore. Verso il latte caldo nell’impasto in due volte ed emulsiono, mescolo con movimenti delicati, dal basso verso l’alto senza smontare il composto, fino ad avere un impasto denso.

Verso l’impasto in una tortiera da 20-22 cm rivestita con carta forno, o imburrata e infarinata, e metto a cuocere in forno preriscaldato statico a 170°-180° C per 30-35 minuti. Prima di sfornare faccio sempre la prova stecchino.

Sforno la torta e la lascio raffreddare su una griglia per dolci. 

Spolvero con zucchero a velo la superficie e la lascio nella sua deliziosa, elegante, semplicità.

La torta si mantiene morbida per 4-5 giorni se tenuta ben chiusa in un portatorte.

 

hot sponge milk cake

Yorkshire Tea cakes

Yorkshire Tea cakes

Yorkshire Tea cakes


yorkshire tea cakes

Gli Yorkshire tea cakes sono dei panini dolci che vengono serviti durante l’ora del tè in Inghilterra. E’ una preparazione antica, che nel corso del tempo ha subito delle modifiche: uvetta sì o uvetta no?

Nello Yorkshire si metteva l’uvetta nel XVIII secolo, poi sembra essere stata dimenticata, mentre nel resto dell’Inghilterra è rimasta.

Altra particolarità nella ricetta è anche la presenza, o meno, dell’uovo nell’impasto. Nelle mie ricerche ho trovato diverse interpretazioni, e dire quale sia la ricetta originale è impossibile. Senza l’uovo sarà necessario aumentare le dosi di latte e burro per lavorare e rendere soffice l’impasto.

Nei miei tea cakes ho scelto di usare l’uovo nell’impasto e, ahimè, non avendo uvette, ho fatto la ricetta senza, però ho dato un tocco personale profumandoli con l’essenza di millefiori, ho poi ridotto la dose di lievito di birra allungando così i tempi di lievitazione. Se usate le uvette potete farle rinvenire in una tazza di tè nero bollente (o altro tipo di tè, così profumerà anche il panino), o nell’acqua calda, o nel liquore.

Gli Yorkshire tea cakes sono deliziosi e soffici appena sfornati, e possono essere serviti così oppure normalmente si usa che vengano serviti tagliati a metà e tostati in padella, o nel tostapane, ed essere farciti con burro, o panna (magari quella doppia del Devonshire), e marmellata.

Ingredienti

200 ml di latte

3 g di lievito di birra fresco

45 g di zucchero

320 g di farina tipo 0 forte

20 g di burro morbido

1 uovo

1 presa di sale

50 g di uvetta (facoltativa)

1 tazza di tè nero (facoltativo)

1 cucchiaino di essenza di millefiori (facoltativa)

1 uovo + 1 cucchiaio di latte

Per la ricetta con l’uvetta: mettere l’uvetta in una ciotola e coprirla con un po’ di acqua calda, per farla rinvenire, se si preferisce si può aromatizzare con una bustina di tè, o un cucchiaio di liquore. Lasciare in infusione 10 – 15 minuti, poi scolarla e asciugarla lasciandola sopra due fogli di carta da cucina.

Per fare l’impasto si può usare la planetaria o lavorare a mano.

In una ciotola capiente setaccio la farina, faccio una fontana al centro, metto lo zucchero e sbriciolo il lievito di birra. Lentamente verso il latte, con un cucchiaio sciolgo il lievito e il miele, poi incorporo la farina, quando l’impasto inizia a prendere forma e ha assorbito tutto il latte, continuo a lavorare a mano (o con il gancio impastatore). Unisco l’uovo leggermente sbattuto e faccio assorbire, e infine aggiungo il burro morbido a pezzetti, uno alla volta e aspetto che venga assorbito prima di unire un nuovo pezzo. Continuo a lavorare l’impasto fin quando non è ben incordato, lucido ed elastico.

Ora si possono unire le uvette, quindi lavorare l’impasto ancora 5 minuti.

Raccolgo l’impasto in una palla e la metto a lievitare in una ciotola coperta con pellicola alimentare fino a quando non raddoppierà la sua dimensione.

Poi metto l’impasto sul piano da lavoro leggermente infarinato, faccio un giro di pieghe, lo lavoro velocemente e poi lo divido in 12 o 15 pezzi (dipende dalla dimensione che si vuole dare ai panini). Impasto ogni panino facendo delle pieghe per tre volte e poi gli do una bella forma rotonda, pirlandolo, rigirandolo con le mani. Sistemo su una teglia rivestita di carta forno, copro con pellicola e lascio lievitare di nuovo.

Accendo il forno a 210°C , in modalità statica, e preparo l’uovo sbattuto con il latte. Usando un pennello, bagno la superficie di tutti i panini, delicatamente, e facendo attenzione a coprire anche i lati, ma senza esagerare. Inforno e cuocio per 15 minuti, sino a che saranno belli dorati. Tolgo dal forno e lascia raffreddare su una griglia.

Questi dolcetti da té sono migliori mangiati il giorno stesso. Posso decidere di servirli soffici, appena sfornati senza tostarli. Ma normalmente vengono tagliati a metà e tostati in padella o nel tostapane e poi farciti con burro e marmellata… o la panna doppia del Devonshire.

Migliaccio salato

Migliaccio salato

Migliaccio salato

 migliaccio salato

Rivisitazione salata del celebre migliaccio dolce. Ricetta tipica del periodo di Carnevale campano, chiamato anche “a' Pizza 'e Farenella”. Perfetto come piatto unico o aperitivo. E’ una torta salata a base di semolino e ricotta. A voi la scelta di quale ricotta preferite usare. Io ho usato quella di pecora, leggera e delicata e molto particolare. 

Il migliaccio salato assomiglia un po’ a un gattò di patate, però di patate non ce ne sono. Però può essere un’alternativa nel periodo in cui le patate non sono più adatte per la preparazione suddetta.

Il risultato è una torta salata davvero nutriente, che viene dalla tradizione contadina, genuina e semplice. 

Esistono molte versioni del migliaccio salato, realizzato anche con farina di mais, quella per la polenta, oppure con anche la pasta, preferibilmente mista, da unire all’impasto, inoltre si può fare al forno o friggere… insomma sono molte le varianti esistenti e che variano non solo in base a zona o paese, ma anche da famiglia a famiglia, com’è naturale per le ricette tramandate nel tempo. 

E’ assolutamente goloso, ha una consistenza unica, si scioglie in bocca come una mousse, la provola fila e il salame regala sapidità. Ideale sarebbe spolverare la superficie e la base con pane grattugiato, ma non a tutti piace, così mi sono limitata a cospargere con abbondante parmigiano e fiocchi di burro.

Il bello di questa ricetta è che si può fare con anticipo, far riposare per insaporire, e poi scaldare prima di servire.

 

Ingredienti

500 ml di latte intero

500 ml di acqua

40 g di burro

1 presa di sale

200 g di semola rimacinata di grano duro

3 uova

3 cucchiai di parmigiano

noce moscata

350-400 g ricotta di pecora

200 g di salame tagliato a cubetti

200 g di provola tagliata a cubetti

burro e parmigiano per completare

In una casseruola scaldo il latte e l’acqua con il burro, una presa di sale. Quando sfiora il bollore verso a pioggia il semolino mescolando con una frusta, per non fa creare grumi. Cuocio per 2 o 3 minuti, fino ad ottenere un impasto liscio che si stacca dalla pentola. Metto da parte per far intiepidire, e ogni tanto lo mescolo per non far creare l’odiosa pellicina.

Monto le uova con il parmigiano e la noce moscata grattugiata fino ad avere un composto chiaro e spumoso. Aggiungo la ricotta setacciata e mescolo bene per ottenere una crema. Unisco ora la crema al semolino, in più volte, fino ad ottenere un impasto omogeneo, bello liscio. Unisco il salame e la provola tagliati a cubetti, mescolo per amalgamare bene il tutto.

Trasferisco ora l’impasto in una tortiera da 24 cm, foderata con carta forno, livello la superficie, cospargo con parmigiano grattugiato e fiocchi di burro. Inforno per 60 minuti circa in forno preriscaldato statico a 175°-180° C. Prima di sfornare controllo la cottura con uno stecchino e se serve prolungo la cottura. Il dolce deve rimanere un po’ umido all’interno,ma solo leggermente, lo stecchino non deve uscire con impasto attaccato. I tempi di cottura poi possono aumentare o diminuire in base alla dimensione della tortiera.

migliaccio salato

Consiglio di mangiare caldo o almeno tiepido. Si può anche preparare in anticipo, far riposare per insaporire dopo la cottura (così sarà più facile sformarlo dallo stampo) e poi riscaldarlo prima di consumarlo.

Graffe senza patate, ciambelle fritte

Graffe senza patate, ciambelle fritte

Graffe senza patate, ciambelle fritte

 

graffe senza patate, ciambelle fritte

Le graffe napoletane, sono tipiche ciambelle soffici, fritte, ricoperte di zucchero che si fanno principalmente a Carnevale, anche se ora si trovano quasi sempre.

Le graffe hanno origini antiche, che deriva dai krapfen, diffusi a Napoli durante la dominazione austriaca del 1700. Ma solo nel secolo successivo, i Monsù (i cuochi del tempo) modificarono la ricetta, e il nome krapfen venne italianizzato in graffe, appunto.

Si possono trovare due tipi di impasti con o senza patate. Le graffe con le patate mia nonna li chiamava anche viccilli e sono una vera soffice golosità, li ho fatti molte volte, anzi confesso che si fanno almeno una volta l’anno, è una tradizione. Questa volta, però, per Carnevale, ho voluto fare le graffe senza patate nell’impasto, e sono ottime e soffici anche queste, basta avere alcune accortezze.

In realtà le graffe senza patate le avevo già fatte, ma le avevo cotte al forno. Stavolta rispetto almeno una ricetta fritta per il Carnevale e, insieme a migliacci dolci e salati, preparo le graffe senza patate e fritte.

Le graffe sono le classiche ciambelle fritte da colazione e merenda, realizzata con un impasto lievitato a base di acqua, latte, lievito e farina, dal delicato profumo d’arancia e limone (o vaniglia); prima fritte, poi ripassate nello zucchero semolato, e per me con aggiunta di cannella. Si tratta di una preparazione semplice, l’impasto si può fare anche a mano con un po’ di pazienza, e una volta lievitato, bisogna dare la forma di ciambella, qualsiasi metodo adotterete per dare la forma andrà bene. La consistenza è morbidissima, areata, anche se consistente e compatta, si “strappa” ad ogni morso. Una bontà unica amatissima da grandi e bambini, davvero e in tutti i sensi da leccarsi le dita… dallo zucchero che rimane appiccicato… anche se non è molto bon ton.

Ingredienti

500 g di farina di frumento tipo 0 (W260)

1 cucchiaio di miele di millefiori

10 g di lievito di birra fresco

125 ml di acqua

125 ml di latte intero

50 g di burro

1 uovo

1 presa di sale

buccia di arancia e limone grattugiati

olio per friggere

zucchero e cannella

In una ciotola capiente (o in planetaria) metto la farina, creo una fontana in cui sbriciolo il lievito di birra, unisco il miele e la buccia grattugiata degli agrumi. Poco alla volta verso l’acqua e con un cucchiaio sciolgo il miele e il lievito, poi poco alla volta incorporo la farina. Una volta che la farina avrà assorbito tutta l’acqua aggiungo l’uovo leggermente sbattuto, e lavoro l’impasto per farlo assorbire. Metto anche il sale e il burro, un pezzetto alla volta e aspetto che venga assorbito dall’impasto prima di aggiungerne altro. Lavoro la pasta fino a quando non è ben incordata, elastica e lucida. Sistemo l’impasto nella ciotola, copro con pellicola alimentare e metto a lievitare.

Quando l’impasto ha raddoppiato di volume lo sposto su un piano di lavoro, faccio un giro di pieghe e poi posso procedere in due modi per formare le ciambelle:

stendo l’impasto con un mattarello fino allo spessore di 1,5 cm, poi con un coppapasta rotondo (o un bicchiere) creo i cerchi, all’interno dei cerchi, per fare il buco della ciambella uso un beccuccio di una sac à poche;

oppure divido l’impasto in vari pezzi e allungo ogni pezzo come un cordone o un filoncino poi lo chiudo ad anello. La pasta dei buchi la lascio così, saranno delle palline fritte. La pasta avanzata la impasto di nuovo e procedo a formare altre ciambelle, e palline.

Sistemo le graffe su delle teglie foderate con carta forno, distanziate le une dalle altre, copro con pellicola alimentare e lascio lievitare.

Quando saranno lievitate scaldo l’olio per friggere in una casseruola ampia e dai bordi alti (io uso il wok). Friggo poche ciambelle o palline alla volta, rigirandole, fino a doratura. Poi scolo, faccio asciugare nella carta per fritti, e nel frattempo procedo a friggerne altre. Quelle scolate e asciugate le rigiro nello zucchero semolato con la cannella, e le sistemo su un piatto da portata.

Consiglio di tenere al caldo fino al momento di servire, calde o tiepide sono più buone.

Created By lacreativeroom