La quiche letale

La quiche letale

quiche letale, tarte aux blettes

La quiche letale è una squisita quiche con le erbette che mi è stata ispirata dal libro giallo di M.C. Beaton, dal titolo Agatha Raisin e la quiche letale, edito dalla TEA.

Il libro è il primo della serie (ne conta ben 31) in cui conosciamo il personaggio di Agatha, una cinquantenne non bella, ma che non passa inosservata, dal carattere difficile, attiva, prepotente, è abituata a comandare e a farsi strada nella vita, era quel che si dice un "bel tipetto". Decide di andare in pensione anticipatamente, chiude la sua agenzia di PR, lascia Londra e si trasferisce nella campagna inglese, suo ricordo e sogno da bambina. Ha già progettato tutto, un cottage decorato e arredato da un interiori designer (a cui aveva dato carta bianca), una lista di libri da leggere e aveva intenzione di imparare a cucinare dopo una vita di cose riscaldate al microonde, take away e ristoranti, e a tal proposito "su uno scaffale della cucina, in fila, splendevano tutti i suoi nuovi libri di ricette". 

Però, però non sempre le aspettative corrispondono alla realtà: la casa non la sentiva sua con quell'arredamento, non la rispecchiava. Le persone del paese tutte cordiali ma mantenevano le distanze con la nuova arrivata. Dopo un po' Agatha si chiede se davvero sia stata la scelta giusta.

Agatha però non di arrende subito, e con il suo caparbio carattere decide che vuole inserirsi in questa nuova comunità e vuole anche diventare popolare. Vede l'occasione partecipando alla gara culinaria del paese. Però Agatha non sa cucinare, e quindi, scaltra com'è decide di "barare" e compra un'ottima quiche agli spinaci nella Quicherie World's End di Chelsea, una delle più rinomate a Londra, specializzata in torte salate.

Dopo la gara il giudice viene trovato morto e sembra che sia stato avvelenato mangiando la quiche di Agatha... ma sarà davvero così? sarà davvero un incidente?

Agatha non ne è convinta, soprattutto vuole riabilitare il suo nome agli occhi della comunità, e inizia ad indagare... cosa scoprirà?

Intanto farà nuove conoscenze ed amicizie, e verrà a conoscenze che sopra la superficie per bene della comunità ci sono segreti nascosti. Ma in tutto questo scoprirà anche nuovi lati di sé stessa.

Dai libri è stata tratta anche una serie televisiva britannica.

Agatha Raisin fa parte della narrativa cozy mistery, ossia dei gialli non cruenti, ma sempre garbati, ha caratteristiche ricorrenti che rendono la lettura assolutamente piacevole per il lettore. Ritroviamo le ambientazioni e i personaggi principali nel corso dei libri che diventano familiari; il protagonista non fa parte della polizia è un "detective dilettante", si ritrova ad investigare. 

Il personaggio di Agatha Raisin lo apprezziamo proprio per il suo carattere, per come ci viene descritto con tutti i lati buoni e i suoi difetti. Anzi sono proprio i suoi difetti che la rendono più umana e simile a noi, e proprio per questo ci viene facile perdonarle certe mancanze o debolezze.

Libro dopo libro ci appassioniamo a questo personaggio e vogliamo sapere cosa altro le succede, come procede la sua vita, cosa farà ora Agatha.

Il ritmo narrativo è scorrevole, veloce e non manca un sano umorismo inglese tra le pagine.

Assolutamente da leggere.

quiche letale, tarte aux blettes

La quiche letale

La quiche, come ho detto, mi è stata ispirata dal libro di Agatha, il primo, solo che invece degli spinaci ho preferito usare le erbette, le bietole
Nel libro non è scritta la ricetta e così me la sono "inventata" con gli indizi disseminati nel libro.
Di base le quiche sono tutte uguali: un guscio di brisée, l'appareil (la pastella), quello che variano sono gli altri ingredienti. 
Per seguire il fil rouge del libro erbette, e per richiamare dei sapori greci la feta. Immancabile per me la noce moscata.
La quiche croccante fuori e cremosa dentro, delicata e ben bilanciata, letalmente deliziosa.

Ingredienti

Per la brisée (per uno stampo da 26 cm)

250 g di farina 00
150 g di burro freddo
55 g d'uovo bio (1 medio piccolo)
1 o 2 cucchiai di acqua ghiacciata
1/2 cucchiaino di sale

Per il ripieno

200 g di bietole
1 uovo
2 tuorli
200 g di panna fresca
50 g di latte fresco
100 g di feta
un pizzico di sale
noce moscata grattugiata a piacere

Sistema la farina in una ciotola e aggiungi il burro a pezzetti, il sale e l'uovo. Inizia ad impastare usando solo i polpastrelli, strofinando i pezzetti di burro con la farina, fino a quando non otterrai un impasto tutto sbriciolato. Ora prosegui a lavorare in modo più energico, in ciotola o su un piano di lavoro, fino a formare un impasto omogeneo. Se risultasse troppo asciutto, potrai aiutarti con uno o due cucchiai di acqua fredda, ghiacciata, procedendo uno alla volta.

Una volta ottenuto una pasta omogenea, avvolgila nella pellicola, schiacciala leggermente e mettila in frigorifero a riposare per 30-45 minuti, in modo che il burro si rapprenda di nuovo e la pasta sia ben stendibile.

Stendi la pasta nello spessore di 3-4 mm, aiutati usando due fogli di carta forno, così non si attaccherà al mattarello. Ora puoi inserirla nello stampo per la quiche, falla aderire bengala base e al bordo, elimina l'eccesso e bucherella il fondo con i rebbi di una forchetta. Copri con carta forno e rimetti in frigo per 20 minuti o in freezer per 5.

Preriscalda il forno a 180° C. 

Procedi a fare una cottura in bianco del guscio di pasta brisée. Sistema dei pesi sulla carta forno all'interno del guscio e inforna per 15 minuti. Poi togli i pesi e la carta forno e procedi con altri 12 minuti di cottura.

Sbianca le bietole: dopo averle pulite e lavate mettile in acqua bollente, attendi che l'acqua riprenda il bollore, quindi scolale le bietole e immergile in acqua ghiacciata. In questo modo manterranno il loro bel colore verde.

Prepara l'appareil: mescola insieme in una ciotola l'uovo, i tuorli, la panna, il latte, un pizzico di sale e la noce moscata.

Prendi la stampo con la brisée cotta, sistema le bietole scolate e strizzate, spargi la feta sbriciolata e infine copri tutto con l'appareil. 

Inforna per 25-35 minuti, fino a quando la parte liquida sarà diventata soda e i bordi della quiche saranno dorati.

Servi tiepida.

Challah buns

Challah buns

challah buns

 

La challah è un pane bianco israeliano a forma di treccia che viene consumato durante lo Shabbat (giorno di festa, riposo, degli ebrei), il cui gusto è leggermente dolce. 

Questo pane, come è successo per i bagels, è ormai noto in tutto il mondo, e non esiste bakery inglese o americana che non ne abbia qualcuna in bella vista sul suo banco, non solo nei giorni comandati di festa, ma tutti i giorni della settimana.

L'intreccio e gli impasti, a cui era legato un profondo significato simbolico, viene meno, diventando più un esercizio di stile delle bakery.

Stamattina abbiamo scelto l'idea della ricetta dal libro di Csaba dalla Zorza "The Modern Baker", i suoi mini challah erano molto invianti. 

Come la stessa autrice scrive, questa è una versione occidentale della ricetta classica ebraica, in quanto viene usato il burro, in questo modo finisce con l'assomigliare a un pan brioche dal sapore più neutro.

La forma e l'idea di un panino che rimane morbido e versatile per ogni tipo di ingrediente da usare per farcirlo ha ispirato la richiesta di casa, con la modifica, però, di non aggiungere semini sulla superficie.

Ed ora la mia versione dove lo zucchero è stato sostituito dal miele e le dosi di lievito di birra fresco ridotte allungando i tempi di lievitazione, così i mini challah diventano challah buns.


Ingredienti

500 g di farina 0 media forza
200 g di acqua
5 g di lievito di birra
75 g di burro
2 cucchiai di miele (o 50 g di zucchero)
60 g uova (1 uovo)
5 g di sale

Per completare

1 uovo sbattuto con 1 cucchiaio di latte


Nella ciotola della planetaria, munita di gancio ad uncino, metti la farina con il sale e mescola.

In una caraffa sciogli nell'acqua il miele e il lievito.

Versa i liquidi sulla farina, lentamente, con la planetaria in azione. Poi aggiungi l'uovo leggermente sbattuto. Infine il burro, un pezzo alla volta, e non inserire il successivo fino a quando non è stato assorbito il precedente.

Continua a far lavorare la planetaria fino a quando non avrai una pasta omogenea e liscia.

Trasferisci l'impasto sul piano di lavoro e procedi a fare per tre volte un giro di pieghe. Poi dai la forma di una palla e metti la pasta in una ciotola, coperta con pellicola alimentare, a lievitare fino al raddoppio del volume. Il tempo di lievitazione varierà in base alla temperatura ambiente e alla quantità di lievito di birra impiegato. Con le mie dosi ci vorranno circa 4 ore di lievitazione. 

Quando la pasta sarà lievitata mettila sul piano di lavoro e dividila in pezzi tutti uguali (aiutati con una bilancia). Cerca di non aggiungere farina e procedi a fare un giro di pieghe per tre volte per ogni pezzo di impasto, poi allungalo usando i palmi delle mani, sino a formare un rotolino lungo circa 25 cm e spesso poco più di 1 cm. 

Arrotola ogni filoncino su se stesso, fermandolo inserendo l'estremità che resta sopra dentro la spirale.

Sistema i challah buns sulle teglie rivestite con carta forno, copri con pellicola alimentare e lasciali lievitare.

Preriscalda il forno a 210° C in modalità statica. Spennella delicatamente la superficie dei panini con uovo e latte sbattuti insieme. Inforna e cuoci per 15 minuti circa, fino a quando saranno gonfi e dorati. Sfornali e lasciali intiepidire e raffreddare su una griglia. 

Per conservarli, una volta raffreddati, puoi surgelarli e scaldarli quando ti servono così resteranno sempre molto soffici come appena fatti.

Brioche di Nanterre...

Brioche di Nanterre...

brioche di Nanterre


La brioche di Nanterre è un meraviglioso pan brioche soffice e burroso, poco dolce si accompagna sia con ingredienti dolci che salati. Chiamata così da Pierre Hermè, andrebbe realizzato con il lievito di birra e lunghi tempi di riposo e lievitazione. 

L'origine della brioche risale al Medioevo e faceva parte dei dolci delle feste che venivano serviti per le grandi occasioni o per eventi speciali.

L'etimologia del nome rimane misteriosa, ci sono molte ipotesi in merito. Tra quelle più "credibili" ci sarebbe quella che la "brioche" derivi dal verbo "brier" o "grid" in normanno, il cui senso sarebbe "impastare con un rullo di legno", a cui è stato aggiunto il suffisso "oche" ad indicare il risultato dell'azione. Altre ipotesi attribuiscono che la brioche fosse una specialità degli abitanti di St-Brieuc (briochini).

La ricetta della brioche di base è fondamentalmente la stessa e simile tra le varie versioni; gli ingredienti sostanzialmente sono uova, burro, farina e zucchero. Però, come spesso succede, la ricetta base può venire modificata e adattata, in questo caso, dalle varie regioni della Francia per sfornare la "loro" brioche.

Questo piccolo preambolo solo per arrivare a fare un'introduzione alla brioche di Nanterre, un comune francese sito nella periferia occidentale di Parigi. Questa brioche si presenta di forma rettangolare. L'impasto viene diviso in otto pezzi uguali, con i quali si formano delle palline che verranno strette e allineate sul fondo di uno stampo imburrato (se di silicone non serve imburrarlo). Durante la cottura saliranno e si attaccheranno tra di loro formando un tutt'uno.

Per realizzare questa ricetta però è importante rispettare alcune regole:

  • il burro deve essere un burro di qualità, per questa ricetta è necessario che sia un burro da panna di centrifuga, con una percentuale di massa grassa almeno dell’82%-83%. È fondamentale, si sente, ed è per questo che non può essere sostituito e deve essere ottimo.
  • Per questo impasto, molto ricco di burro, ti consiglio di usare una planetaria (volendo raffreddate il gancio ad uncino nel freezer per un'ora) per lavorarlo. A mano si può impastare, ma sarà molto faticoso, lungo, e soprattutto il burro si scalderà e anche l'impasto.
  • La farina deve essere di media forza o forte, per poter reggere la lunga lievitazione.

Se si seguono queste accortezze si riuscirà ad avere un pan brioche filante, leggero come una nuvola e senza dover usare il metodo orientale Hokkaido per cominciare bene la giornata. 

Come noterai nella lista degli ingredienti ho indicato il rinfresco dolce per la pasta madre. Nonostante sia stato detto che per la realizzazione si dovrebbe usare solo il lievito di birra, è comunque possibile, con le dovute accortezze, usare anche con la pasta madre. 

Prima di scrivere la ricetta ho preparato la brioche di Nanterre sia con la pasta madre che con il lievito di birra e il risultato è stato avere comunque un prodotto soffice come una nuvola che si manterrà per giorni. Se hai la pasta madre segui tutto il procedimento facendo anche il rinfresco dolce, se invece usi il lievito di birra, salta il pezzo della pasta madre e inizia sciogliendo il lievito nel latte.

Per realizzare la brioche ci vorrà solo molta pazienza, tempo da dedicare all'impasto, e partire il giorno prima nella lavorazione... ma come per tutte le cose che richiedono tempo, l'attesa verrà ripagata con una brioche soffice e dai sapori ben equilibrati, delicati e bilanciati.

È deliziosa appena sfornata, ottima sia a colazione che con il tè delle cinque, a merenda. Non necessita di aggiunte, ma se vuoi con un po' di confettura o marmellata è perfetta. 


Ingredienti

Rinfresco dolce della pasta madre

40 g di pasta madre rinfrescata e attiva
40 g di farina frumento forte
40 ml di latte
10 g di zucchero

Impasto brioche per due forme

400 g di farina di frumento forte w 260-300 (500 g se si usa lievito di birra)
120 g di pasta madre dolce (o 12 g di lievito di birra fresco)
30 g di zucchero (60 g per impasto con lievito birra)
6 uova intere (300 g)
240 g di burro morbido
1 cucchiaino di sale
60 g di latte
tuorlo, latte e ½ cucchiaino di zucchero a velo per spennellare (facoltativo)


Per prima cosa prepara la pasta madre dolce: rinfresca la pasta madre attiva (quindi con già un rinfresco) con latte, zucchero e farina. Lavora e metti a lievitare.

Nella planetaria metti la pasta madre dolce e il latte e aziona la macchina con il gancio K. 

Se usi il lievito di birra scioglilo prima nel latte.

Aggiungi la farina e lo zucchero. Quando è tutto ben amalgamato inserisci le uova, uno alla volta, lascia assorbire ogni uovo prima di aggiungerne un altro. Continua ad impastare finché non si stacca dalle pareti, sempre a media velocità.

Ora metti il burro un po’ alla volta, fai assorbire prima di metterne altro.

Infine aggiungi il sale. 

Ora cambia il gancio, metti l’uncino e lavora ancora 10 minuti per far incordare bene l’impasto: deve risultare lucido ed elastico e staccarsi dalle pareti.

Togli la pasta dalla planetaria, fai un giro di pieghe e mettila a lievitare in ciotola, coperta con pellicola, per un’ora. Poi trasferisci in frigorifero e lascia riposare per 8 ore.

Riporta l’impasto a temperatura ambiente, fallo lievitare fino al raddoppio del volume, circa un paio di ore. Poi sgonfialo e dividilo in 9 pezzi tutti uguali, forma delle palline e disponile, con la chiusura sotto, su due file in uno stampo rettangolare foderato o imburrato. Copri con pellicola alimentare e fai lievitare per un'altra ora. 

Intanto preriscalda il forno in modalità statica a 180° C.

Se ti piace, spennella la superficie dell’impasto lievitato con un tuorlo e un cucchiaio di latte sbattuti, volendo anche con ½ cucchiaio di zucchero a velo.

Cuoci a 175° C per 30-40 minuti, prima di sfornare controlla sempre la cottura e se serve allunga i tempi di 10 minuti.

Quando pronta, sforna, fai riposare qualche minuto nello stampo, poi sformalo e lascialo raffreddare…

Per conservare la brioche puoi tagliarla a fette, o a pezzi, e congelarla. Potrai poi scongelarla e scaldarla (magari al microonde con la funzione defrost) così da averla sempre soffice e profumate come appena sfornata. A proposito sono ottime anche tostate. 

Pane Portmanteau di Lewis Carrol

Pane Portmanteau di Lewis Carrol

pane portmandeau di Carroll


Il pane Portmanteau si trova in Alice attraverso lo Specchio di Lewis Carroll.

Il nome di questo pane si deve alle "parole portmandeau" quelle che Lewis Carroll amava creare unendo e mettendo insieme due o più parole diverse.

La ricetta si trova nel libro di Cristina Caneva, "La tavola delle meraviglie. In cucina con Alice", Il Leone Verde Edizioni, 2008. Fa parte della collana gastronomica "Leggere è un gusto! percorsi tra cucina, letteratura e...", di cui ho fatto un'altra recensione sul sito di AIFB.

Il libro di Cristina Caneva è assolutamente affascinante, l'autrice docente di lingua e letteratura inglese e appassionata della cucina anglosassone (secondo lei non tenuta nell'adeguata considerazione nel mondo gastronomico), fa un'analisi approfondita dei testi di Alice nel Paese delle Meraviglie e Alice Attraverso lo Specchio. L'autrice evidenzia i temi cari a Lewis Carroll, a partire dal gioco linguistico del suo pseudonimo, i giochi di parole e logici, il mondo alla rovescia, la legge del ribaltamento e dell'inversione, i giochi (la corsa Caucus, le carte e gli scacchi) e le regole, il linguaggio particolare, le rime le assonanze e le parole portmandeau o parole-baule (vera invenzione carrolliana). 

Cristina Caneva fa riflettere anche sulla difficoltà nel tradurre i testi di Carroll che sono "ricchi di neologismi, assonanze e giochi di parole da risultare difficilmente riproducibili in altre lingue". Ma anche per gli studiosi, infatti Carroll inserisce nei testi delle filastrocche e ballate neologismi derivanti da parole inglesi arcaiche e obsolete. 

Nella narrativa di Carroll, inoltre, un significato e posto importante è dato al cibo, infatti si parla di cibo in ogni pagina dei due libri di Alice, è sempre presente. Il cibo è “descritto o evocato, consumato o solo desiderato, costituisce una sorta di ritornello, di trama nascosta nell’opera di Carroll, dove ricorre continuamente, anche attraverso disquisizioni, storielle e filastrocche".

Il cibo ricopre nella fiaba una funzione rituale, e ha un valore molto più complesso e profondo del semplice sostentamento: il cibo appaga i sensi, ma anche la mente e la fantasia. Di questo Carroll e lo ritroviamo in molti suoi scritti, ma è stato anche il tema di una sua conferenza "Nutrire la mente".

Ma il cibo è anche un'avventura, tutte le volte, non sai mai cosa accadrà, ha un valore ambivalente, è dotato di poteri magici e ha un lato minaccioso (chi mangia può a sua volta venire mangiato). Nella bizzarra logica del Mondo delle Meraviglie, si può azzardare un sillogismo (tanto caro a Carroll) per capire il modello secondo cui tutto quello che entra in contatto con il cibo diventa a sua volta cibo (vedi ad esempio l'orologio che viene spalmato di burro, il burro si spalma sul pane, l'orologio è pane). Aggiungiamo il nonsense e il tema delle metamorfosi: come gli oggetti e i personaggi possono diventare cibo, allo stesso modo il cibo può diventare un personaggio, in una sorta di circolarità.

Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach sosteneva che "l'uomo è ciò che mangia", e anche in Alice assistiamo al cibo che influenza carattere e umore dei personaggi. Il cibo poi può essere consolatorio (il comfort food), dare appagamento, ma può anche essere un premio o un pericolo (quello di restare soffocati), o una minaccia, o terapeutico. In questi molti sensi del cibo dobbiamo ancora ricordare che può essere ristoratore e rinnovare le forze, oppure essere una tortura come quando il Tempo, in Alice attraverso lo Specchio, blocca il rito del tè in un ciclo infinito.

E a tal proposito possiamo notare come sia il rito del tè a scandire il tempo in modo non lineare ma circolare e ripetitivo. Pare che Carroll amasse il tè e se lo preparava da solo seguendo procedure particolari (a modo suo). L'importanza di questa bevanda per Carroll e per tutti gli inglesi, spinge l'autrice a dedicargli delle pagine. 

C'è da dire che in Alice il cibo non è mai un vero e proprio pasto, ma non più degli spuntini, e a volte se ne parla solamente.

In conclusione consiglio agli estimatori di Lewis Carroll, e dei fantastici mondo di Alice, la lettura del testo di Cristina Caneva, La tavola delle meraviglie, anzi è uno di quei testi che non possono mancare nella biblioteca personale.


La ricetta: il Pane Portmamteau

pagnotta portmandeau di Carroll


Questo pane si chiama proprio come l'invenzione linguistica di Lewis Carroll delle parole portmanteau, infatti è allo stesso tempo un pane bianco e un pane nero. Cristina Caneva dice che si ispira al capitolo di "Alice attraverso lo Specchio" ("Il Leone e l'Unicorno") in cui vengono distribuiti questi due tipi di pane.

Per correttezza ti trascrivo la ricetta presente sul libro, anche se io ho ridotto di 1/3 le dosi indicate e al posto del lievito di birra secco ho usato quello fresco. Sulla superficie del pane, prima di infornarlo, ho inciso una spirale, a ricordare la circolarità infinita che caratterizza i libri di Alice.

Ingredienti

1 kg e 1/2 di farina bianca (per pane)
500 g di farina integrale
60 g di burro
15 g di lievito secco
15 g di sale
1 litro e 1/5 di acqua

Sciogli il lievito con un po' d'acqua. Versa la farina e il sale in una grossa terrina e mescolale. Fai un foro al centro (una fontana) e versa il composto con il lievito e inizia a lavorare.

Fai sciogliere il burro e aggiungilo alla farina.

Versa l'acqua poco alla volta amalgamando bene gli ingredienti con le dita. Continua a lavorare la pasta con le mani per 15-20 minuti, finché non risulta elastica e consistente come creta. Copri la terrina con un canovaccio umido e mettila in un luogo caldo per la lievitazione. Dovrebbero bastare due ore per farla raddoppiare. Altrimenti puoi lasciarla lievitare durante la notte.

Quando è gonfia impastala ancora delicatamente e dividila in 4 parti. Metti la pagnotte negli stampi per il pane ben oliati, o riponili, nella forma desiderata, su una teglia unta d'olio. Lascia lievitare in un luogo caldo per 45-60 minuti. Preriscalda il forno a 230° C. Inforna lasciando cuocere per circa 45 minuti.


Consiglio del Bianconiglio: servi a fette imburrate e spalmate con la Oxford Marmellate (presente nel libro)



Sandwich al cetriolo per l'ora del tè

Sandwich al cetriolo per l'ora del tè

sandwich al cetriolo con pane alla curcuma


Sandwich al cetriolo con pane bauletto o cassetta alla curcuma, un buon tè caldo fumante e un libro, quello che moltissimi anni fa mi fece conoscere la cucina inglese con usi e costumi. Non è un libro di cucina ma un romanzo umoristico inglese di P.G. Wodehouse.

Ricorre oggi la giornata mondiale del libro e del diritto d'autore, io e le mie amiche, Gioia e Gabriella, abbiamo pensato di celebrarla a modo nostro, da appassionate di libri e cucina nella nostra rubrica #frameofbreak.

Gioia Barbieri ripercorre il testo di Pellegrino Artusi, e nel mentre prepara e mangia la torta di noci del celebre gastronomo e scrittore.

Gabriella Rizzo si lascia coinvolgere dalla Signorina Euforbia, protagonista del libro "La signorina Euforbia" proprietaria di una pasticceria che fa solo pasticcini su misura, e ci delizia con una mousse alle cinque spezia.

La cucina è innegabilmente parte integrante della vita e cultura di ogni individuo, tanto da trovare spazio anche all'interno della letteratura e nelle altri arti.

A questo proposito vorrei far riflettere su coloro che scrivono di cucina che non scrivono solo ricette ma raccontano storie attraverso il cibo evocando ricordi e sentimenti.

Proprio a questo proposito, nella giornata mondiale del libro, un libro può ispirare una ricetta, ed eccomi a raccontare di un autore che ho molto amato e che per anni mi ha accompagnato e solleticato il palato con le descrizioni dei piatti della cucina inglese aristocratica, e della "merenda" delle cinque con l'ora del tè.  Sto parlando di P.G. Wodehouse, scrittore e umorista inglese del XX secolo, scrisse molti libri, alcuni che possono essere definiti delle serie in quanto ritroviamo dei personaggi a lui cari, le trame complicate e linguaggio sofisticato. Recentemente ho scoperto che tra le sue numerose opere Wodehouse ha scritto anche testi di canzoni, una commedia musicale e delle raccolte di racconti.

L'ho scoperto iniziando a leggere la serie di romanzi del filone del Castello di Blandings, ma Wodehouse aveva già introdotto i personaggi e il luogo che lo accompagnerà per molti scritti, nei precedenti romanzi. Ovviamente i testi, le trame e l'umorismo di Wodehouse nel descrivere i personaggi e le situazioni mi hanno conquistato tanto che nella mia libreria ho una bella raccolta di suoi libri, e non li ho ancora tutti perché ne ha scritti davvero tanti. 

Un altro filone è quello dedicato a Jeeves. Qui il protagonista è il maggiordomo che immancabilmente riesce a risolvere le ingarbugliate situazioni in cui Bertie Wooster e i suoi amici si ritrovano.

Ma sarebbe davvero un elenco lunghissimo se dovessi riportare tutta la bibliografia di Wodehouse.

Quello che accomuna tutti i libri di Wodehouse sono le trame che si somigliano e sono quasi tutti ambientati nella prima metà del Novecento. I personaggi appartengono all'aristocrazia inglese, dalla psicologia elementare e comportamenti ripetitivi, a modo loro semplici e con una propensione fondamentale verso la futilità. Lo schema narrativo è dettagliato, ma quello che è interessante è il funzionamento della macchina narrativa: il meccanismo del riso. La tecnica umoristica di Wodehouse si basa sulla ripetizione e sull'addensamento delle situazioni e personaggi che si accavallano nell'intreccio narrativo. A risolvere le situazioni arrivano sempre degli "aiutanti" esterni, di solito maggiordomi, segretari o amici. Il ritmo è in crescendo fino alla soluzione, di solito l'happy end finale. Anche se i personaggi e le trame si somigliano quando si inizia a leggere uno dei suoi romanzi, sappiamo già come finirà, ma non conosciamo cosa succede in mezzo. Ecco proprio lo svilupparsi della trama è la differenza dove piano piano si sistemano tutti i pezzi, con un ritmo crescente dei colpi di scena, puntuali e precisi, un uso della lingua inglese sofisticato e particolare (attento anche ai suoni linguistici) e una magistrale struttura ironica. In tutto questo impossibile non trovarsi coinvolti nella lettura.

Ma nella costruzione dei suoi romanzi Wodehouse non dimentica di descriverci con dovizia di particolarità le situazioni conviviali, riti, usi e costumi enogastronomici dei suoi personaggi e la loro società.

Proprio grazie a queste particolari descrizioni, molti anni fa, lessi dei sandwich al cetriolo serviti durante l'ora del tè. Per anni mi sono chiesta come potessero essere questi sandwich, per me cresciuta con il tè e un accompagnamento dolce, un biscotto, una madeleine. Tutto questo fino a poco tempo fa, quando finalmente ho trovato un autentico locale inglese nella sabauda Torino e mi sono regalata il tè all'inglese. Mi sono ritrovata in un autentico rito del tè delle cinque di quelli aristocratici di cui avevo tante volte letto. Il tè accompagnato da preparazioni dolci e salate ed anche un flûte di bollicine.

Ammetto che dopo tutte quelle bontà non ho fatto cena, comunque ho scoperto che i sandwich al cetriolo mi piacciono moltissimo.

La ricetta

Così eccomi oggi a prepararmi dei sandwich al cetriolo con la variante del pane alla curcuma. Solitamente la crosta del pane andrebbe tolta, ma io l'ho lasciata, era la mia pausa letteraria con il tè, e il pane è talmente soffice che non dava assolutamente fastidio. Ma se stai organizzando un elegante tè all'inglese la crosta del sandwich ti consiglio di eliminare. 

Naturalmente la curcuma puoi anche non usarla se non ti piace, non cambierà il risultato finale del classico pane che viene usato anche per fare i club sandwich.

pan bauletto alla curcuma


Ingredienti

430 g di farina forte per pane
230-250 g di acqua
40 g di burro
3 g di lievito di birra fresco
1/2 o 1 cucchiaino di curcuma
1 cucchiaino di miele (o zucchero)
1 cucchiaino di sale
1 cetriolo
burro morbido o formaggio spalmabile

Sciogli il lievito di birra nell'acqua con un cucchiaino di zucchero o miele.

Puoi lavorare a mano iniziando a impastare in una ciotola capiente o con la planetaria con il gancio ad uncino.

Mescola la farina con la curcuma e il sale, lentamente versa l'acqua con il lievito e inizia lavorare l'impasto. Appena la farina avrà assorbito l'acqua aggiungi il burro morbido a pezzetti, uno alla volta, aspetta che il primo venga inglobato prima di unire il successivo. Continua. a lavorare l'impasto finché non sarà ben incordato ed elastico. Ora procedi a fare un giro di pieghe e poi sistema la pasta in ciotola, copri con pellicola alimentare e lascia lievitare fino al raddoppio.

Quando l'impasto sarà lievitato spostalo su un piano di lavoro e schiaccialo un po' per dare una forma ovale. Ora ripiega verso il centro l'estremità destra dell'ovale, poi l'estremità sinistra sempre verso il centro, premi leggermente per sigillare l'impasto. Ora dovrei avere una forma più o meno rettangolare. A questo punto puoi iniziare a dare all'impasto la forma di una pagnotta di pan carrè: tira e ripiega l'estremità superiore del rettangolo di un terzo verso il centro, premendola nell'impasto. Gira l'impasto di 180° e prendi l'estremità superiore, tira e ripiega verso il centro e premi nell'impasto. Continua un questo modo fino ad avere un panetto regolare e leggermente piatto lungo più o meno le dimensioni dello stampo. Sistema l'impasto nello stampo con la chiusura verso il basso. Copri con pellicola alimentare e lascia lievitare fino al raddoppio del volume.

Preriscalda il forno a 250° C statico (per riscaldarlo puoi usare anche la funzione ventilato e poi lo riporti a statico). Appena il pane ha completato la sua lievitazione, elimina la pellicola e sistemalo a metà nel forno già caldo. Metti sul fondo un pentolino con l'acqua e abbassa la temperatura a 200° C. Cuoci per circa 30-35 minuti o finché non è dorato. Per controllare se il pane è cotto, toglilo dallo stampo e dai un colpetto sul fondo: dovrebbe suonare vuoto. Se non è pronto rimettilo in forno e continua la cottura per qualche altro minuto. Se è pronto, invece, mettilo a raffreddare su una griglia.

Ora prepara il cetriolo, puliscilo, se non ti piace la buccia eliminala con un pelapatate. Ora affetta il cetriolo con il pelapatate, salalo leggermente e mettilo a scolare.

Quando il pane è ben freddo taglialo a fette, spalma del burro morbido o del formaggio spalmabile su entrambe le fette, sistema delle fette di cetriolo, elimina la crosta se vuoi un vero British tea style, poi taglia il sandwich a metà creando o due triangoli o due rettangoli. Sistema su un piatto e servili insieme al tè. 




Fluffy Kasetura o Castella cake

Fluffy Kasetura o Castella cake

Fluffy Kasutera o Castella cake


La fluffy Kasetura o Castella cake, è un sofficissimo pan di Spagna giapponese, leggero come una nuvola, delicato in bocca come una mousse.


Questa torta è stata portata in Giappone nel XVI secolo dai mercanti portoghesi, e ora è una specialità della regione di Nagasaki.


Qui in versione naked cake con panna e fragole (era una torta di compleanno). Semplice, ma assolutamente deliziosa e fresca, poco dolce, tanto da lasciare la voglia di volerne ancora.

Ingredienti

7 uova medie
140 g di farina per dolci
170 g di latte
140 g di zucchero semolato
85 g di olio di semi (io di girasole spremitura a freddo)
buccia di 1 limone grattugiata (o arancia o vaniglia)

Per completare

500 g di fragole
200 g di panna fresca da montare
1 cucchiaio di zucchero a velo vanigliato

              

Dividi i tuorli dagli albumi.

Monta i tuorli con lo zucchero, aggiungi la buccia grattugiata del limone (o l'aroma che preferisci).

Versa a filo l'olio tiepido mentre continui ad amalgamare con la frusta, poi il latte. Infine aggiungi la farina, mescola bene per creare una pastella liscia.

Monta a neve gli albumi.

Ora in tre volte, incorpora gli albumi montati all'impasto, mescolando con una frusta. Gli albumi si smonteranno, ma è giusto così: l'impasto deve essere simile a una mousse.

Rivesti uno stampo da 20 cm con carta forno (di solito si usa uno stampo quadrato, io ho preferito il rotondo).

Versa l'impasto nella tortiera, se a cerniera rivesti l'esterno con l'alluminio alimentare.

Passa uno stecchino nell'impasto della torta, con un movimento a zig zag per eliminare le bolle d'aria (io ho sbattuto lo stampo sul tavolo).

Ora metti lo stampo in un bagnomaria caldo a 40° C, il livello del bagnomaria deve essere di 2 cm di altezza.

Cuoci in forno preriscaldato statico a 160° C per 20 minuti, poi abbassa a 125° C per i restanti 40-50 minuti (anche 60 dipende dal forno).

Quando la torta sarà pronta (io faccio sempre la prova stecchino per sicurezza), sfornala e toglila dal bagnomaria.

Lasciala riposare nello stampo e dopo 15-20 minuti, delicatamente estraila dalla tortiera.

La torta è buonissima tiepida, da sola o accompagnata con della panna. Puoi servirla insieme a un tè o un caffè.

In frigo si conserva fino a 5 giorni, nel freezer fino a un mese.

Una volta estratta dallo stampo, se vuoi usarla come base da tagliare a strati, lasciala raffreddare completamente. Io l'ho fatta il giorno prima.

Taglia la torta in due o tre strati. Monta la panna con un cucchiaio di zucchero a velo. Pulisci le fragole, tieni da parte quelle più piccole e belle da usare per decorare e taglia le altre.

Ora sistema il primo strato di pan di Spagna su un piatto da portata, spalma la panna montata e distribuisci una parte di fragole tagliate. Sopra sistema il secondo strato di pan di Spagna, di nuovo panna e il resto delle fragole tagliate. Metti l'ultimo strato di pan di Spagna, ricopri con la pannava superficie e anche i lati del dolce. Passa una spatola sui lati per eliminare della panna e dare l'effetto naked cake, in cui si intravede la torta. Sistema le fragole sulla superficie e servi il dolce.




Hot Cross Buns

Hot Cross Buns

hot cross buns


Gli Hot Cross Buns, letteralmente panini con la croce, sono dei panini dolci speziati e arricchiti con uvetta (a volte anche con canditi), sulla cui superficie fa mostra di sé una glassa che forma una croce. Sono deliziosi, soffici, e carini, si dice che portino fortuna e salute a chi li mangia.

Vengono preparati nei paesi anglosassoni nel periodo di Pasqua, più precisamente preparati e mangiati il venerdì santo, sono attesi dai bambini inglesi come simbolo pasquale.

La croce sui panini ha origine dal rito pagano dei Sassoni che festeggiavano la fine dell'inverno, era il simbolo delle quattro fasi lunari, poi con il cattolicesimo assunse il significato della crocifissione di Cristo. Infatti i panini si preparano il venerdì santo, finita la quaresima (dove molti ingredienti erano vietati), magari facendosi aiutare dai bambini, che durante l'attesa della lievitazione raccontano poesie e filastrocche.
La più antica, ma sembra anche la più nota pare sia questa:
Hot cross buns, hot cross buns,
One a penny, two a penny,
Hot cross buns,
If you have no daughters,
give them to your sons
One a penny, two a penny,
Hot cross buns
But if you ave none of these little elves
Then you may eat them all yourselves! 

Le leggende legate alle più antiche tradizioni inglesi riguardanti questi panini dolci raccontano che i panini, dopo la cottura, venivano appesi al soffitto con un filo in segno di portafortuna. Narrano anche che se preparati il venerdì santo i panini non ammuffiscono e possono restare appesi tutto l'anno per essere donati ad ogni nuovo ospite della casa. Se un malato ne mangia un pezzo lo aiuta a riprendersi. Inoltre se portati a bordo di una nave che deve fare un viaggio per mare, la proteggono dai naufragi. Ancora se appesi in cucina proteggono la casa dagli incendi. La storia dice anche che chi divide un buns e lo mangia insieme resterà amico per sempre.

Insomma questi panini, la cui ricetta originale pare che risalga al XII secolo, sono davvero portentosi e speciali, tanto che divennero popolari in Inghilterra nel XVII secolo, quando erano particolarmente di moda i ricchi impasti lievitati. Più che all'ora del tè sono solitamente consumati a colazione. Si possono mangiare così come escono dal forno oppure tagliarli e farcirli con un po' di burro e marmellata o confettura, in vero British style, accompagnandoli con un tè.

Gli hot cross buns sono una presenza fissa sulle tavole di Downton Abbey, e in diverse scene è possibile vederli mentre si raffreddano nella cucina della signora Patmore.

Gli hot cross buns sono una vera golosità e farli una sola volta l'anno è troppo poco.

hot cross buns

Ingredienti

Per l'impasto

500 g di farina 0 (W260-280, proteine 12,50%)
200 g di latte 
100 g di acqua
100 g uvetta
60 g di burro
50 g di zucchero semolato
10 g di lievito di birra fresco
1 uovo
1 cucchiaino di spezie miste (cannella, noce moscata, zenzero)
buccia di un'arancia grattugiata
buccia di un limone grattugiato
1 cucchiaino di sale
tè nero delicato

Per la glassa e le croci

4 cucchiai di farina
1 cucchiaio di zucchero
50-60 g di acqua
1 cucchiaio di confettura o gelatina di albicocche 
1/2 cucchiaio d'acqua

Inizia mettendo l'uvetta in ammollo nel tè nero per farla rinvenire.

Scalda l'acqua, unisci il latte e scioglici il lievito, metti da parte per far riposare.

Nel boccale della planetaria metti la farina con lo zucchero, inizia a mescolare con il gancio ad uncino e gradualmente versa il latte con il lievito sciolto. Appena i liquidi saranno assorbiti aggiungi l'uovo leggermente sbattuto, e poi il burro un pezzetto alla volta. Infine metti il sale e le bucce grattugiate degli agrumi. Continua a lavorare l'impasto fino a quando non sarà ben incordato ed elastico. Ora procedi a fare un giro di pieghe e dopo sistemalo in una ciotola copri con pellicola alimentare e metti a lievitare fino al raddoppio.

Appena l'impasto è lievitato spostalo su un piano di lavoro e allargalo. Aggiungi ora l'uvetta ammollata e scolata bene, procedi facendo delle pieghe per inglobare l'uvetta nella pasta.

Dividi l'impasto in pezzi tutti uguali, più o meno, procedi a fare delle pieghe e a pirlare, roteare la pasta con il palmo della mano, per dare la forma sferica, formare una pallina. 

Rivesti con la carta forno una teglia e metti il panino formato con la chiusura rivolta verso il basso. Quando avrai sistemato tutti i panini corpi con pellicola alimentare e lasciali lievitare finché non saranno gonfi.

Preriscalda il forno in modalità statica a 180° C.

Prepara la pastella per le croci: in una ciotola mescola la farina con lo zucchero e diluisci con l'acqua. Devi ottenere una crema liscia. Metti la pastella in una piccola sac à poche con bocchetta liscia da 2 mm circa, spremila su ogni panino formando una croce prima di infornare.

Cuoci i panini per circa 25 minuti. appena sfornati lucida la superficie con della confettura (o gelatina) di albicocche resa liscia con un po' di acqua.

Metti ora i buns a intiepidire su una griglia per dolci.


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