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18 ottobre 2024

La mia Tarte Tropézienne

La mia Tarte Tropézienne


tarte tropézienne a forma di margherita farcita con crema diplomatica, su piatto di portata con mano di lato


La Tarte Tropézienne è un dolce francese simbolo dell’eleganza e della Costa Azzurra, di Saint Tropez in particolare, è anche associato a Brigitte Bardot, una delle dive più amate del cinema.

La sua storia è un connubio perfetto tra tradizione, innovazione e fascino. Un dolce che ha saputo conquistare il cuore di milioni di persone con la sua morbida brioche e la delicata crema, e continua a essere un'icona della pasticceria francese.

La storia della Tarte Tropézienne

Tutto ha inizio negli anni '50, quando Alexandre Micka, un pasticcere di origini polacche, decide di aprire una boulangerie-pâtisserie a Saint-Tropez. Crea una deliziosa brioche farcita con crema pasticcera, leggera e profumata: la ricetta è un’eredità familiare, gli è stata tramandata dalla nonna. Ben presto questo semplice ma particolare dolce diventa la specialità della sua pasticceria.

Nel 1955 il pasticciere Micka è il fornitore ufficiale dei pasti della troupe cinematografica del film “Et Dieu… créa la femme” di Roger Vadim. La golosa Tarte conquista tutti e in particolare Brigitte Bardot. L’attrice ne è talmente entusiasta che suggerisce a Micka di dare un nome a questo golosissimo dessert: “Tarte de Saint Tropez”, in seguito semplicemente “Tarte Tropézienne”.

Rapidamente la Tarte Tropézienne diventa un simbolo dell’eleganza e di Saint Tropez, la sua notorietà si diffonde in tutto il mondo e la ricetta originale viene custodita e tramandata. Per proteggere la sua creazione, Alexandre Micka decise di depositare il marchio "Tarte Tropézienne".

Caratteristiche della Tarte Tropézienne

La Tarte Tropézienne è una brioche morbida, burrosa e soffice che si scioglie in bocca, farcita con una crema pasticcera leggera e profumata, e per compleatre una spolverata di zucchero a velo. La sua crosta è dorata e croccante, mentre l'interno è morbido e cremoso. Il contrasto tra le due consistenze, unito al sapore delicato della crema, la rende un dolce irresistibile. La forma classica caratteristica è leggermente rotonda e schiacciata.

Questo capolavoro di dolcezza è un dolce protetto, infatti ha ottenuto la denominazione di origine protetta (IGP) a garanzia della sua autenticità e della sua qualità.

Ovviamente col tempo molti pasticcieri si sono cimentati nella produzione del dolce e a lasciare il segno con qualche personalizzazione nelle aromatizzazioni, crema o forma.

Vuoi provare a prepararla a casa?

tarte tropézienne a forma di margherita con mano di lato

La ricetta

La ricetta originale della Tarte Tropézienne è segreta e tale rimane, però si possono trovare varie versioni che si avvicinano all’originale e le rivisitazioni di molti pasticcieri. Ad esempio Cedric Grolet le dà una forma floreale e arricchisce la crema pasticciera con mascarpone e panna, altri usano la chiboust, ossia una crema pasticciera con meringa all’italiana. Qualcuno usa la diplomatica, la crema pasticciera con la panna e chi la mousseline, la pasticcera con burro. Ma non finisce qui: c’è chi bagna la base della brioche con l’acqua ai fiori d’arancio e chi profuma solo la crema, qualcuno cuoce subito la brioche e qualcuno invece la fa riposare almeno una notte.

Quale fare? Quale la migliore?

La migliore è sicuramente quella che incontra maggiormente il nostro gusto personale: una soffice pasta brioche ricoperta di granella di zucchero croccante che racchiude una delicatissima crema, questo è quello che hanno in comune tutte le Tropézienne!

Arriviamo così alla mia versione che ricorda, da lontano, una margherita e quindi le forma a fiore di Cedric Grolet (ovviamente molto più bella). La brioche, soffice e burrosa, l’ho profumata con zest di arancia e poi farcita con una crema diplomatica aromatizzata con vaniglia, limone e essenza di fiori d’arancio.

Sono stata molto parca in zucchero, e ho ottenuto così una Tropézienne davvero deliziosa, non mi resta che lasciarti la ricetta.

Ingredienti


Per l’impasto brioche
  • 250 g di farina di frumento tipo 0 (12,5% di proteine)
  • 200 g di burro a temperatura ambiente
  • 160 g di uova intere
  • 30 g di zuchero semolato fine
  • 3,5 g lievito birra disidratato
  • Buccia arancia grattugiata
  • Latte per spennellare la superficie
  • Granella di zucchero
Per la crema diplomatica
  • 220 g di latte intero
  • 40 g di tuorli
  • 40 g di zucchero semolato
  • 20 g di amido di frumento
  • 4 g agar agar (o gelatina bloom 200)
  • Buccia di limone
  • Bacca di vaniglia
  • 1 cucchiaino di essenza di fiori d’arancio
  • 200 g di panna fresca da montare

Procedimento

Per la pasta brioche

Nella ciotola della planetaria, munita di gancio a uncino, setaccia la farina, aggiungi il sale, lo zucchero e il lievito. Avvia la planetaria, lascia che le polveri si mescolino, poi aggiungi gradualmente le uova leggermente sbattute.

Appena le uova saranno state assorbite unisci, a media velocità, il burro a cubetti un po’ alla volta. Continua ad aggiungere il burro a mano a mano che il precedente è stato incorporato.

Per ultimo unisci all’impasto lo zest d’arancia.

Tieni la velocità della planetaria medio-alta e fai lavorare. Ogni tanto spegni la macchina, stacca l’impasto dalle pareti della ciotola, e fai ripartire. Ci vorranno circa 20/25 minuti. Fai attenzione alla temperatura dell’impasto che non salga sopra i 24° C, se così fosse fai raffreddare in frigorifero la ciotola per qualche minuto.

Quando l’impasto sarà ben incordato, si aggrappa al gancio e sbatte sulle pareti della ciotola, è pronto per essere coperto con pellicola alimentare e lasciato a temperatura ambiente “a puntare”, dovrà raddoppiare il volume.

Metti ora la ciotola in frigorifero e lasciala per tutta la notte (almeno 10 ore).

Il giorno dopo estrai l’impasto dal frigo e lascialo a temperatura ambiente per 30 minuti, poi rovescialo su un piano di lavoro e dividilo in parti uguali dello stesso peso. Con ogni parte forma quello che sarà poi il petalo del fiore: crea un ovale e allunga una delle estremità. Procedi con tutte le parti della brioche.

Ora sistema i “petali”su una teglia, rivestita con carta forno, con le parti strette che convergono verso il centro, uno vicino all’altro. Per far mantenere la forma puoi anche aiutarti con un anello d’acciaio traforato a forma di fiore.

Copri con pellicola alimentare e lascia lievitare fino al raddoppio.

Spennella la superficie con del latte e cospargi con granella di zucchero.

Cottura in forno preriscaldato statico a 165° C per 20/25 minuti. Poi sforna e lascia raffreddare. Se hai usato un anello per la forma toglilo, passando prima un coltello lungo i bordi.

Per la crema diplomatica

In una casseruola scalda, portandolo quasi a ebollizione, il latte con la buccia di limone, una bacca di limone e l’essenza di fiori d’arancio. Lascia in infusione.

Nel frattempo monta i tuorli con lo zucchero e poi aggiungi l’amido di frumento setacciato, sciogliendolo bene.

Filtra un po’ di latte sul composto di uova e mescola bene con la frusta. Quando hai amalgamato aggiungi il resto del latte filtrato.

Versa il composto nuovamente nella casseruola e cuoci mescolando continuamente fino a quando la crema non inizia ad addensarsi. Unisci l’agar agar, mescola bene e raggiungi gli 82° C.

Ora sposta la crema in un altro contenitore, copri con pellicola a contatto e conserva in frigo per almeno un’ora.

Monta la panna: deve risultare montata a neve ma non ben ferma. Trasferisci un terzo della panna nella crema pasticcera e incorporala lavorando il composto con una frusta allentando il composto. Poi aggiungi un altro terzo e, sempre con la frusta, amalgalo con movimenti che vanno dal basso verso l’alto. Infine ripeti con l’ultimo terzo di panna.

Trasferisci la crema diplomatica in una sac à poche munita di bocchetta liscia da 10 mm e trasferisci in frigorifero fino al momento di utilizzo.

Montaggio del dolce

Taglia la brioche con un coltello seghettato poco sopra la metà (la parte superiore non deve essere molto pesante).

Nella parte inferiore della brioche, iniziando dai bordi e andando verso il centro, dosa la crema creando delle “boulle” (palle).

Prima di appoggiare la calotta superiore sulla crema, riponi in frigorifero per 15 minuti.
Poi copri e spolvera con lo zucchero a velo.




27 giugno 2024

Tarte au Sucre di Cedric Grolet

Tarte au Sucre di Cedric Grolet


tarte au sucre di Cedric Grolet su vassoio di marmo scuro

La Tarte au Sucre è un dolce tipico della Francia del Nord e del Belgio: una pasta brioche burrosa e morbida con la superficie dorata, leggermente croccante e un po' appiccicosa, grazie allo zucchero sulla superficie. Un dolce semplice da realizzare ma dal gusto irresistibilmente delizioso. 

A differenza di altri dolci francesi, questa tarte non gode della loro stessa notorietà. Probabilmente perché in realtà è una pasta brioche. La tarte au sucre è semplice ma molto elegante e golosa, letteralmente da leccarsi le dita. Proprio questa sua essenzialità la rende adatta a una vasta serie di abbinamenti, ed è perfetta per colazione, ottima a merenda, ma può anche essere servita come dessert.

La Tarte au Sucre rientra nel tema del mese di #frameofbreak scelto con le mie amiche Gioia e Gabriella: la Francia.

Gioia Barbieri nel suo articolo ci porta in viaggio tra le regioni francesi raccontandoci i loro dolci.

Gabriella Rizzo, sul suo sito, ci parla della sua ultima lettura, "Il mistero di Rue Des Saint-Péres" di Claude Izner, un giallo ambientato nella Parigi del XIX secolo dove Victor Legris, un libraio e investigatore dilettante, che si trova coinvolto in una serie di omicidi misteriosi durante L'Esposizione Universale. Accompagna la lettura con dei golosi eclair al cioccolato.

La tarte au sucre all'apparenza potrebbe essere scambiata per una focaccia, magari proprio la focaccia che nelle varie versioni, antiche e moderne, Cappuccetto Rosso porta alla nonna. Non posso parlare per altri, ma sinceramente il mio lupo si sarebbe mangiato sicuramente la focaccia dolce. Naturalmente il finale e la morale della favola sarebbe stata diversa, ma come canta Eugenio Finardi, nella sua bellissima "Favola", "i lupi non fan più paura a nessuno, ce ne son così pochi e vivono tanto lontano"...

Ecco forse preferisco decisamente le versioni moderne di Cappuccetto Rosso (come "Cappuccetto Distratto" di Cinzia Razzoli, illustrato da Isabella Ongaro), che rientrano nell'antifavola classica con Cappuccetto Distratto, che comunque indossa la sua mantellina rossa, è decisamente una ragazzina sveglia, ha una mamma che studia pasticceria, ed è contornata da altri personaggi fantasiosi. Un libro decisamente divertente e piacevole, che senza essere "cruento" insegna che il finale, come il nostro destino, lo determiniamo noi con le nostre scelte e le nostre azioni. In comune tutti i vari Cappuccetto Rossi hanno che portano le leccornie alla nonna e passano attraverso il bosco.

La Tarte au Sucre, purtroppo, non la vediamo protagonista di libri o film, possiamo forse, appunto, trovarla citata o fare qualche fugace apparizione, spesso come simbolo di comfort food, della casa, dei piaceri della vita e della cultura francese. Appartiene a quelle preparazioni tradizionali che hanno il potere di suscitare ed evocare emozioni e ricordi. 

Storia della tarte au sucre

La Tarte au Sucre ha una lunga e affascinante storia, affonda le sue radici, sembra, nel Medioevo

Le sue origini precise però restano misteriose, ma si pensa che il dolce sia nato nelle regioni del nord della Francia e del Belgio, dove la coltivazione delle barbabietole da zucchero era particolarmente diffusa.

Era un dolce semplice e preparato nelle case contadine con pochi ingredienti come farina, burro, uova e zucchero. In un'epoca in cui lo zucchero era un bene prezioso, la tarte au sucre rappresentava il dolce riservato alle occasioni speciali o alle festività. 

Nel corso dei secoli, la tarte au sucre ha guadagnato popolarità in tutto il nord Europa, diventando un simbolo della tradizione culinaria di queste regioni. La sua semplicità e bontà l'hanno resa un dolce amato da persone di tutte le età e ceti sociali.

L'arrivo dello zucchero di barbabietola nel XVIII secolo ha dato un'ulteriore spinta alla diffusione della tarte au sucre, rendendola ancora più accessibile e apprezzata. Nel XIX secolo Napoleone, a seguito del blocco continentale che creò penuria di zucchero di canna, incoraggiò la regione del Nord-Passo di Calais nella produzione di zucchero di barbabietola. La crescita di questa industria portò notevoli vantaggi economici e favorì la diffusione e la popolarità della torta in tutta l'area.

La tarte au sucre rappresenta un pezzo di storia antropo-culinaria, simboleggia l'identità e la cultura di un territorio.


Tarte au sucre di Cedric Grommet su vassoio di marmo con dettaglio fetta

La ricetta della Tarte au Sucre di Cédric Grolet

La tarte au sucre è una viennoiserie che si può trovare nelle boulangerie o nelle pasticcerie francesi e belga.

La ricetta tradizionale (tramandata nelle famiglie) diceva di mescolare tutti gli ingredienti in una ciotola, poi lasciar lievitare, dopodiché stendere in una teglia, ricoprire di zucchero e poi infornare fino a doratura. Col tempo la ricetta ha subito delle variazioni adattandosi ai cambiamenti sociali ed economici e adattandosi ai gusti e alle esigenze di epoche diverse. Possiamo così notare l'aggiunta di frutta secca, spezie o liquori, oppure delle modifiche di impasto. 

Diverse rivisitazioni della tarte au sucre sono state proposte anche da alcuni grandi chef.

Trai vari nomi troviamo anche Cedric Grolet, celebre e premiato pastry chef, che ha scelto la semplicità per la sua tarte au sucre, e proprio questa caratteristica rende il suo lievitato molto speciale e meravigliosamente buono. La sua tarte è senza aromi, in modo che possa essere abbinata a preparazioni sia dolci che salate, è burrosissima, morbida e soffice come una nuvola. Semplicemente meravigliosa.

Prima di procedere alcune piccole raccomandazioni:

  • procuriamoci dell'ottimo burro. Questa brioche non ha aromi il burro è il protagonista e deve avere profumo e aroma di latte, non deve essere forte e sapere di formaggio, meglio poi se salato;
  • Cedric Grolet usa una farina T45, che è più forte di una nostra farina 180W, ma è più debole di una Manitoba. Io ho scelto una farina di frumento tipo 0 con 12,5% di proteine;
  • la dose di lievito potrebbe sembrare eccessiva, ma dobbiamo considerare che è un impasto molto ricco di burro... a discrezione se ridurre la quantità di lievito aumentando i tempi di lievitazione;
  • per impastare meglio usare una planetaria o un'impastatrice. Si potrebbe lavorare anche a mano, ma vista la complessità dell'impasto l'inserimento del burro potrebbe risultare molto laborioso e la pasta potrebbe non arrivare alla corretta incordatura;
  • la tarte au sucre andrebbe mangiata a temperatura ambiente o leggermente tiepida
Non resta che metterci al lavoro per realizzare una buonissima tarte au sucre.

Ingredienti

Impasto

  • 250 g di farina di frumento tipo 0 (12,5% di proteine)
  • 115 g di uova a temperatura ambiente
  • 40 g di latte intero a temperatura ambiente
  • 30 g di zucchero semolato
  • 10 g di lievito fresco di birra
  • 6 g di sale
  • 125 g di burro 

Per completare

  • burro a cubetti (meglio se salato o leggermente salato)
  • zucchero semolato

Procedimento

Nella ciotola della planetaria, munita di gancio impastatore (quello a uncino), metti la farina setacciata, lo zucchero e versa il latte in cui avrai sciolto il lievito. 

Lavora fino a quando si forma un impasto grossolano.

Ora aggiungi le uova leggermente sbattute con il sale, appena saranno assorbite, unisci il burro un pezzettino alla volta. Lavora a bassa velocità (la 2), poi quando il burro è stato incorporato impasta per 10 minuti alla velocità 2/4.

Trasferisci l'impasto, che sarà molto morbido, in una ciotola imburrata, copri con pellicola alimentare e mettila in frigorifero per almeno 12 ore.

Trascorse le 12 ore, riprendi l'impasto e lascialo a temperatura ambiente per circa 2 ore, dopo mettilo su un tappetino di silicone (o carta forno) leggermente infarinato e forma una palla, capovolgila, appiattiscila e sgonfiala leggermente.

Porta i lembi della pasta verso il centro formando una palla e capovolgi di nuovo in modo che le pieghe siano sul fondo.

Con un matterello stendi la pasta allo spessore di 7-8 mm. Poi con un anello imburrato da 20 cm ricava la forma dalla pasta brioche.

Lascia la pasta all'interno dell'anello, copri con pellicola e fai lievitare per circa 60-90 minuti.

Accendi il forno statico a 170° C.

Con l'indice leggermente infarinato forma i buchi sulla superficie della pasta brioche, spolverizza con lo zucchero semolato, poi metti un pezzetto di burro all'interno di ogni buco e cospargi nuovamente con altro zucchero.

Inforna per 20-30 minuti.

Appena sfornato rimuovi l'anello e metti la tarte au sucre su una gratella per farla raffreddare.



21 maggio 2024

Maritozzi ricetta campana

Maritozzi ricetta campana


maritozzi campani con la panna su tagliere di legno chiaro

I maritozzi con la panna sono un grande classico della pasticceria italiana, eletto dolce simbolo di Roma.

Impossibile resistere alla bontà, alla semplicità e alla delicatezza di questo soffice pan brioche farcito di delicata panna. Immancabile poi la nevicata di zucchero a velo.

Negli ultimi tempi abbiamo visto affiancarsi al grande classico anche delle versioni nuove: quelle da gourmet e versioni salate, diventando così anche Street Food.

La storia

La storia dei maritozzi affonda nelle radici del tempo, e precisamente nell’antica Roma.

Si narra che le donne preparavano dei piccoli panini ripieni di ricotta, miele e uva passa da dare ai mariti per rendere meno oneroso il duro lavori dei campi. Quello che oggi chiameremmo "cibo energizzante".

Questa tradizione continua nei secoli e arriva a noi subendo anche molti cambiamenti. Con la "scoperta" dello zucchero, e il suo uso, ecco il cambiamento e la modernità che modifica il sapore primitivo dei primi maritozzi. 

Luigi Zannazzo, antropologo e poeta romano, racconta l'etimologia del nome maritozzo che sembra derivare dal pegno d'amore che i giovani innamorati regalavano alle future spose tre settimane prima dell'arrivo della Quaresima, da qui "maritozzo" come vezzeggiativo di "marito". Nascosto nella morbida panna c'era un anello d'oro o degli orecchini, o un qualsiasi gioiello che rappresentava l'impegno verso l'amata. 

Non mancano ovviamente le leggende popolari legate a questo panino dolce. Una di queste racconta che le fanciulle che preparavano il maritozzo più buono si prendevano il giovani scapoli più belli. Un’altra narra che i giovani erano soliti regalare questi dolci alle future spose, che soprannominavano "maritozzi" i donatori.

La ricetta dei maritozzi

I maritozzi non sono un’esclusiva romana, anche se i suoi natali lo sono, ma lo troviamo in diverse regioni italiane, con delle varianti negli ingredienti o nella forma. 

Questa è la ricetta campana del maestro Sal De Riso, leggermente rivisitata, e tratta dal libro  “Dolci di Famiglia”, in cui dedica una sezione alle merende e, volendo, colazioni per i bambini. 

L'impasto dei maritozzi è soffice, come una nuvola, e profumato con scorza di limone o vaniglia, viene lavorato e lasciato lievitare con cura. È proprio la lievitazione, doppia, che permette all’impasto di sviluppare alveoli che lo rendono leggero e arioso.

La farcitura tradizionale è la panna montata fresca, zuccherata a piacere. La sua cremosità contrasta perfettamente con la morbidezza del pan brioche, creando un connubio di sapori irresistibile.

Ma la fantasia non pone limiti al ripieno dei maritozzi: crema pasticcera, nutella, ricotta, marmellata o frutta fresca sono solo alcuni dei gusti che possono arricchire questo dolce romano.

I maritozzi sono una deliziosa pausa dolce da gustare in ogni momento: perfetti per una colazione golosa, una pausa caffè pomeridiana o un dessert dopo il pasto. Possono essere gustati da soli o accompagnati da un buon caffè o un bicchiere di vino bianco dolce. La loro semplicità li rende adatti a qualsiasi occasione, regalando un momento di dolcezza in ogni momento della giornata.

Ingredienti 15 maritozzi

  • 500 g di farina di frumento tipo 0 forte (12,5% di proteine)
  • 40 g di olio extravergine d’oliva
  • 45 g di burro morbido
  • 75 g di zucchero
  • 110 g di uova intere (2 uova)
  • 5 g di lievito di birra fresco
  • 50 g di latte condensato
  • 110 g di acqua a temperatura ambiente
  • 1/2 baccello di vaniglia 
  • una presa di sale

Per la glassa di zucchero all’acqua

  • 100 g di zucchero a velo
  • 30 g di acqua

Per comporre e decorare

  • panna fresca
  • zucchero a velo vanigliato

Procedimento

Nella planetaria, con il gancio a uncino, (o a mano in una ciotola capiente) versa la farina e crea un incavo. Al centro metti lo zucchero, il latte condensato e i semi di vaniglia.

Sciogli il lievito nell'acqua, versalo nella planetaria e azionala.

Sbatti leggermente le uova con il sale e aggiungile all'impasto. 

Quando le uova sono state assorbite inserisci il burro e poi l'olio.

Continua a lavorare l'impasto fino a ottenere una pasta liscia e omogenea. La lavorazione dovrà durare circa 15 minuti.

Metti l'impasto in una ciotola e copri con pellicola alimentare e fai lievitare fino al raddoppio del suo volume.

Prendi l'impasto mettilo su un piano di lavoro e porzionalo: forma dei pezzi da 60 g l'uno, poi arrotonda, pirla, e dai la forma del maritozzo.

Sistema i maritozzi formati su una teglia rivestita con carta forno, poi copri la teglia con la pellicola alimentare e fai nuovamente lievitare fino a triplicare il volume.

Prepara la glassa di zucchero: mescola lo zucchero a velo con l'acqua.

Prima di infornare i maritozzi spennello delicatamente la glassa sulla superficie.

Cottura in forno preriscaldato statico a 180° C per 10-12 minuti.

Appena pronti sfornali e lasciali raffreddare su una griglia per dolci.

Monta la panna con lo zucchero a velo.

Taglia il maritozzo, farcisci con una bella e generosa spatolata di panna montata, decora con zucchero a velo e servi.


I maritozzi non farciti puoi conservarli nel congelatore e poi scaldarli prima di consumarli, così saranno sempre come appena fatti.

7 gennaio 2024

Focaccia della Befana

Focaccia della Befana



focaccia della befana


La focaccia della Befana è un lievitato dolce di tradizione piemontese che si prepara proprio per il giorno dell'Epifania.

La focaccia è un pan brioche basso profumato di origine popolare che si prepara solo ed esclusivamente per il giorno dell'Epifania. 

Originaria del Basso Piemonte, ora diffusa in tutta la regione, la focaccia rientra nell'elenco dei prodotti PAT.

Sembra che anticamente la focaccia fosse preparata con ingredienti reperibili in tutte le case: farina, latte, uova, lievito e zucchero. Solo successivamente è stata arricchita dagli aromi di arancia, vaniglia, e nelle recenti rielaborazioni si possono trovare anche i canditi nell'impasto.

La leggenda vuole che all'interno venga nascosta una fava, o due, una bianca e una nera. Nella zona del cuneese era tradizione che chi trovava la fava nera doveva pagare il vino mentre chi trovava la fava bianca doveva pagare la focaccia.

Da che ho memoria nella focaccia ho sempre visto una sola fava, che portava l'augurio propiziatorio di anno fortunato per chi l'avesse trovata.

La ricetta

La focaccia della Befana è un lievitato dolce la cui caratteristica è la forma bassa che ricorda un sole o un fiore, nascosto all'interno c'è la fava portafortuna.

Per realizzare la focaccia io ho preparato un mix aromatico, ma si può anche non fare e inserire direttamente nell'impasto la buccia di arancia grattugiata e l'essenze. Se non fai il mix aromatico puoi anche non mettere il miele e aumentare la dose di zucchero a 120 g.

Questo dolce è perfetto per una merenda in compagnia con una buona tazza di tè.

  

Ingredienti

  • 500 g di farina tipo 0 (proteine 12,5-13%)
  • 120 g di burro
  • 8 g di lievito di birra fresco
  • 100 gr di zucchero semolato
  • 25 g di miele millefiori
  • 120 g uova bio
  • 150 g di latte fresco
  • 10 g sale
  • 5 gocce di essenza di vaniglia o fiori d'arancio
  • buccia grattugiata di un'arancia bio
  • fava secca 
  • latte per spennellare
  • granella di zucchero

Procedimento

Prepara il mix aromatico il giorno prima di impastare la focaccia. In una tazza mescola il miele, le essenze e la buccia grattugiata dell'arancia, copri con pellicola e metti da parte. 

Per impastare puoi procedere a mano o usare la planetaria con il gancio ad uncino.

Sciogli il lievito nel latte.

Metti in un'ampia ciotola la farina, mescolala allo zucchero, versa il latte con il lievito e inizia ad impastare.

Quando il latte è stato assorbito metti il sale e poi aggiungi le uova leggermente sbattute, continua a lavorare l'impasto.

Ora inserisci gli aromi, o il mix aromatico, sempre continuando a lavorare per amalgamare bene gli ingredienti.

Infine aggiungi il burro morbido a pezzi, uno alla volta e non inserire il successivo finché il primo non è stato assorbito.

Per ultimo inserisci la fava, lavora ancora finché l'impasto non sarà lucido, incordato ed elastico.

Copri con pellicola alimentare la ciotola con l'impasto e mettila in frigorifero per 12 ore.

Fodera con carta forno una teglia o una tortiera da 32 cm (in alternativa imburra), schiaccia l'impasto all'interno. La pasta sarà dura e poco lievitata.

Con una tazzina o un tagliabiscotti rotondo crea il centro, ma non incidere la pasta. Ora con un tarocco o un coltello dividi l'impasto in 4, poi ogni quarto in tre parti. Avrai così dodici spicchi. Arrotola ogni spicchio su se stesso formando delle eliche. Copri con pellicola e lascia lievitare fino al raddoppio.

Prima di infornare spolvera la focaccia con la granella di zucchero, poi cuoci in forno preriscaldato, statico, a 180° C per 30-40 minuti.

Sforna e lascia raffreddare su una gratella per dolci prima di servirla.


16 ottobre 2023

La Torta Elisabetta di Nonna Papera

La Torta Elisabetta di Nonna Papera

Torta Elisabetta di Nonna Papera

La torta Elisabetta di Nonna Papera è una soffice torta formata da tante palline di pasta brioche farcite. Si chiamerebbe danubio dolce, ricorda il buchtlen, ma nel Manuale di Nonna Papera i nomi delle varie preparazioni vengono cambiati a favore di nomi di fantasia che hanno un richiamo storico.

Con Gioia e Gabriella, le mie amiche del progetto #frameofbreak, vogliamo unirci ai festeggiamenti del centenario della Walt Disney, che ricorre il 16 ottobre 2023. Per restare nel tema abbiamo pensato di preparare qualcosa tratto appunto dal fantastico mondo Disney.

Gabriella ricorda Pinocchio e prepara una golosa torta cioccolato e pere... con buccia o senza? vai a scoprirlo.

Gioia, ispirata dal film d'animazione "La principessa e il ranocchio", cucina dei deliziosi brownies con le noci pecan, tipiche del sud degli USA.

Io sono stata molto indecisa da quale film o fumetto farmi ispirare, e così alla fine, ho scelto il personaggio di Nonna Papera e una delle sue ricette presente sul suo manuale. Nonna Papera la potremmo potremmo considerare una delle prime food writer anche se appartenente al mondo dei fumetti e dell’animazione, con il suo manuale di cucina e consigli domestici che ha accompagnato, e ancora lo fa, intere generazioni dal 1970.


Ma facciamo una piccola parentesi su chi è Walt Disney.


Walt Disney

Walt Disney, alias Walt Disney Company, è la multinazionale fondata nel 1923 con il nome di Disney Brothers Cartoon Studios da Walter Elias Disney (meglio noto come Walt Disney) e suo fratello Roy; successivamente, nel 1926 rinominata The Walt Disney Studio, nel 1929 cambia nome in Walt Disney Production, e nel 1986 infine prende il nome con il quale la conosciamo oggi.

Tutto nasce da Walt Disney, all'anagrafe Walter Elias Disney, disegnatore americano che rappresenta il simbolo americano del "self made", ossia chi realizza i propri sogni da solo. Lui nasce in una famiglia numerosa e svolge sin da piccolo lavoretti per aiutare. Le sue doti da disegnatore fuori dal comune si manifestano molto presto, aveva solo sette anni. A diciotto anni si trasferisce con il fratello Roy a Hollywood e in pochi anni riesce a raggiungere il successo con una serie di fumetti, tra i quali Mickey Mouse, con il quel nel 1928 realizza il primo cartone animato con il sonoro. Da qui è tutto un percorso in salita ricco di successi, infatti diventa famoso per i fumetti, film d'animazione e non, e nel 1944 realizza un altro sogno: un parco a tema, il primo, Disneyland. Durante il discorso di inaugurazione lo stesso Walt Disney dirà:

"Qui gli adulti rivivranno i loro più teneri ricordi del passato e i più giovani potranno assaporare le sfide e le promesse del futuro. Disneyland è dedicato agli ideali, ai sogni e alle realtà che hanno fondato l’America, nella speranza che ognuno ne tragga forza, gioia e ispirazione".

Non era che il primo di altri parchi tematici dei divertimenti, ora nell'impero ci sono anche i vari merchandising.

Walt Disney muore nel 1966, lasciando un impero, e il suo nome è divenuto leggenda nel mondo del cinema.

Walt Disney era ed è tutt'ora il magico produttore di sogni, capace di emozionare grandi e piccini.

Ultima cosa Walt Disney è stato non solo disegnatore ma anche imprenditore, produttore cinematografico, doppiatore e regista. Molti dei suoi lavori hanno avuto importanti riconoscimenti come gli Oscar.


Ora scopriamo qualcosa su Nonna Papera, uno dei personaggi dei noti giornalini a fumetti dell'impero Walt Disney. 

Nonna Papera

Nonna Papera e il suo Manuale

Nonna Papera è la cuoca per eccellenza nelle strisce dei fumetti. Impossibile non ricordare le sue torte fumanti messe a raffreddare sul davanzale. È una super anziana arzilla nonnina sempre molto impegnata in mille attività e sempre di corsa. Abita fuori città in una fattoria con i suoi animali di cui si occupa personalmente, e con il nipote dormiglione Ciccio. 

Nonna Papera, il cui nome è Elvira Coot, è un personaggio inventato da Al Tagliaferro. Nonna Papera è figlia di Clinton Coot, fondatore delle Giovani Marmotte, e nipote di Cornelius, fondatore di Paperopoli.

Elvira e il marito Humperdink Duck hanno avuto tre figli: Eider, il padre di Paperoga e del meno noto Abner "Chiarafonte", il forzuto di famiglia; Dafne, la madre di Gastone, fortunatissima anche lei; e Quackmore, il padre dei gemelli Donald (ovvero Paperino) e Della, che poi sarebbe la mamma di Qui, Quo e Qua.

Il Manuale di Nonna Papera viene stampato per la prima volta nel 1970 edito da Mondadori, e nel 2015 la casa editrice Giunti ha deciso di ripubblicarlo. 
La prima edizione del manuale era stato curato da Mario Gentilini (direttore di Topolino), Giovan Battista Carpi, illustratore, e Elisa Penna, autrice dei testi.
Nel manuale troviamo le ricette e alla fine dei consigli domestici per la cura della casa. È un libro per bambini, ma ho visto anche adulti che lo hanno caro nella loro biblioteca; le ricette non hanno le foto bisogna usare l'immaginazione per realizzarli seguendo solo le istruzioni. Il manuale è illustrato con i personaggi dei fumetti che impersonano personaggi e situazioni storiche o mitologiche. Ecco che così ci ritroviamo Paperino nelle vesti di Goffredo di Buglione alle Crociate, Pippo un buffo Re Sole, Archimede Pitagorico è Ulisse, e la stessa Nonna Papera nei panni della Gioconda. Un modo per abbinare alla cucina qualche nozione di storia e mitologia, perché tutte le ricette sono introdotte da cenni storici, dalla Storia vera e propria: partendo dal paleolitico fino alla conquista dello spazio, con qualche salto temporale, significativo sicuramente per la Storia ma non per il manuale, in fondo il suo fine era un altro.
Altra cosa interessante di questo libro è che, a dispetto di quello che si può pensare, non si trovano le tipiche ricette degli States come pancakes soffici, impilati e cosparsi di sciroppo d'acero che ci hanno fatto venire l'acquolina in bocca da bambini mentre leggevamo il giornalino, o le tipiche pie che Nonna Papera sforna in continuazione e mette a raffreddare sul davanzale della cucina.

Grazie a Sabrine d'Aubergine, e al suo progetto della "raccolta delle ricette di Nonna Papera quarant'anni dopo", scopriamo che la Nonna Papera gastronoma non è americana ma italiana, e infatti nella fantasia americana la tipica nonna che cucina è una nonna italiana. La ricerca di Sabrine d'Aubergine ci conduce a un'altra collaboratrice italiana che ha aiutato nella redazione del manuale, e dopo moltissimi anni ecco svelata la nostra Nonna Papera: Luisa Ridolfi, professoressa di sociologia che, appena laureata, ha aiutato nella selezione delle ricette, e i nomi fantasiosi, per il progetto del manuale già ben disegnato. 

Ma ora torniamo a noi e alla nostra Torta Elisabetta.

Torta Elisabetta di Nonna Papera


Torta Elisabetta, la ricetta

La Torta Elisabetta è una ricetta tratta dal Manuale di Nonna Papera. È il classico danubio in versione dolce, ossia delle palline di pasta brioche ripiena, messe a lievitare una vicina all’altra. Le palline lievitando e poi in cottura si uniscono e formano così una torta. Starà a noi scegliere come servirla: se tagliarla a fette o se lasciare che ognuno si stacchi la propria pallina, che conterrà un ripieno goloso.


Nel manuale la torta Elisabetta è un omaggio a Elisabetta I d’Inghilterra, le sue conquiste e il suo amato teatro shakespeariano.


Le ricette di Nonna Papera, ahimè, sono un po’ approssimative: usa come unità di misura bicchieri e cucchiai. Ma una volte le nonne si regolavano, diciamo a sentimento, a occhio. Non volendo modificare  quanto scritto sul manuale ho scritto tra parentesi le mie indicazioni. 


Ho farcito le palline della torta con della confettura di ciliegie, mi piaceva il contrasto di colore, ma anche nel gusto è stata una scelta corretta e ben bilanciata, perché l'impasto è poco dolce e la nota agrumata si accompagna perfettamente con le ciliegie della confettura. 

Il dolce è soffice, profumato, delicato e goloso, perfetto per colazione o per merenda, magari accompagnato da una bella tazza di tè.


Ingredienti

  • 300 g di farina di frumento (tipo 0 W230-260)
  • 130 g di burro
  • 1 bustina di lievito di birra disidratato (ho ridotto la dose a 3 g)
  • 1 limone bio
  • 2 uova bio (120 g circa)
  • 1 bicchiere di latte (circa 100 ml)
  • sale (5 g)
  • 1 vasetto di confettura (io ciliegie)

Procedimento

Sciogli il lievito di birra in una tazza con due cucchiai di acqua tiepida.

In una ciotola metti la farina, il sale, le uova, lo zucchero, la scorza grattugiata del limone, il lievito di birra sciolto e inizia a mescolare con un cucchiaio (se preferisci puoi usare la planetaria).

Aggiungi 80 g di burro sciolto e impasta bene.

Poco alla volta unisci il latte, probabilmente non servirà tutto ma solo quello che l'impasto assorbe, fino a quando non avrai una pasta morbida ed elastica.

Sistema l'impasto nella ciotola coperta con pellicola alimentare e lascia lievitare per 2-3 ore in ambiente tiepido.

Trascorso il tempo di riposo metti l'impasto su un piano di lavoro e dividi la pasta in pezzetti tutti dello stesso peso. 

Stendi i pezzi di pasta, metti al centro un cucchiaino scarso di confettura e richiudi formando una pallina. Procedi con tutti i pezzetti.

Fodera con carta forno una teglia dal diametro di 24 cm.

Nella ricetta di Nonna Papera devi passare la chiusura delle palline farcite nel burro sciolto e poi sistemarle nella teglia con la chiusura verso il basso lasciando dello spazio l'una dall'altra per la lievitazione.

Una volta sistemate tutte le palline, copri con pellicola e lascia riposare per circa due ore. La pasta si gonfierà e riempirà gli spazi vuoti.

Preriscalda il forno a 180° C in modalità statica e cuoci per circa 25-30 minuti.

Sforna e lascia intiepidire su una griglia per dolci.

Se piace completa prima di servire con una spolverata di zucchero a velo.






30 agosto 2023

Il Babà

Il Babà


torta babà


Il babà è uno dei dolci rappresentativi di Napoli. È il simbolo della dolcezza, per fare un complimento si dice "si nu' babbà" ad indicare la dolcezza e la bontà d'animo, la disponibilità, o la bellezza e si usa sia per persone che cose (e perché no anche animali). 

Il babà è una cosa seria, cantava Marisa Laurito nel lontano 1989, praticamente lo scorso secolo. E come non darle ragione?

E si ‘a vita amara se fa
è una cura che fa bene
‘O babà nun po’ ingannà
Il babà è come il ciucciotto
La coperta di Linus
Se cercate un antistress
Accattateve ‘o babà
Si addolcisce cu nu babà
Il babà è una cosa seria
Cu ‘o babà nun se pazzea

Il suono della parola babà (in napoletano si scrive babbà, quindi in modo diverso da come si pronuncia) gioca sul piacere uditivo e sul successo memonico: come dimenticare un simile nome formato dalle prime due lettere dell'alfabeto?

Di babà abbiamo due versioni: quello grande la torta babà, il dolce della domenica da decorare e portare a tavola e condividere a fette e si mangia con piattino e forchetta, o le varie misure monoporzioni, a funghetto o cappello del cuoco, anch'essi bagnati e decorati ma che si possono mangiare in due tre bocconi usando le mani, magari anche continuando a passeggiare.

Storia del Babà

Anche se il babà è oramai per tutti uno dei simboli partenopei, le sue origini sono da ricercare invece in una cittadina francese del nord al confine con la Germania, Luneville.

La storia di questo dolce è raccontata da Flavia Amabile nel suo libro "Si nu' babà", edizioni Ippogrifo, 2001, arricchito dalle foto di Gérald Bruneau e dall’introduzione di Antonio Bassolino oltre che da alcune testimonianze di personaggi celebri.

Il babà deve la sua nascita all’ultimo duca di Lorena ed ex re di Polonia, Stanislao Leszczyński, suocero di Luigi XV di Francia, che aveva sposato sua figlia Maria.

La storia narra che il precursore dell’odierno babà, fosse un dolce austriaco, il kugelhopf, per metà panettone e per metà brioche, che un giorno il duca di Lorena decise di bagnare con il Madeira per ammorbidirlo. La sua passione per l’arte culinaria lo portò successivamente a farlo rielaborare: nel procedimento il dolce verrà fatto lievitare per ben 3 volte e verrà sbattuto al fine di ottenere una pasta più leggera, verrà inoltre uvetta e zafferano (ingredienti tipici della cucina turca, che il re aveva conosciuto durante la sua prigionia ad Instabul). Anche la forma cambia assumendo quella della cupola di Santa Sofia e chiamato Alì Babà (come il protagonista de "Le Mille e Una Notte"). 

Questa contaminazione culturale porta il prof. Fabrizio Mangoni, autore di "Di che dolce sei?" sulla fisiognomica dei dolci, a definire il babà come il "dolce dei Lumi" in quanto è "figlio di un'idea", a differenza degli altri dolci delle cui origini si sa ben poco.

Al dolce viene poi aggiunta una bagna, necessaria per mantenerne la morbidezza (altrimenti destinato ad indurire nel giro di poche ore). Il duca Stanislao Leszczyński sceglie il Madeira, mentre a Versailles si usa il rhum giamaicano, importato dalle colonie e di gran moda.

Il pasticciere polacco Sthorer, che prima era a servizio del duca Stanislao Leszczyński, seguirà e si trasferirà con la figlia del duca Maria, che nel 1725 sposerà Luigi XV. In seguito il pasticciere aprirà un suo laboratorio in Rue Montorgueil dove crea i babà a forma di fungo o cappello di cuoco, così come lo conosciamo noi.

In seguito Jean Anthelme Brillant-Savarin regala un babà a forma di ciambella, ai fratelli Julien per il loro laboratorio sul Boulevard St. Honorè. Al centro della ciambella è possibile inserire la frutta, viene eliminata l'uvetta, aggiunto il burro e una spennellata di confettura di albicocche per far durare la bagna più a lungo, e diventa semplicemente Babà.

Ma come giunse il babà dalle corti parigine a Napoli

La risposta la possiamo trovare nelle pagine di storia, e nella rivalità tra sorelle, anche se regali. Parliamo delle figlie di Francesco duca di Lorena e imperatore d’Austria e di Maria Teresa d’Asburgo: Maria Antonietta e Maria Carolina. La prima va in sposa a Luigi XVI, nella corte francese, la seconda sposerà Ferdinando IV di Borbone. Ecco il collegamento tra Parigi e Napoli: Maria Carolina manda continuamente emissari nella corte francese per scoprire e copiare le ultime tendenze nella moda e nella cucina e replicandola nella sua corte a Napoli. Ecco come la cucina partenopea viene "influenzata" dalla cucina francese, nasce il periodo della cucina dei "monzù" con i gattò, la besciamella, gli "sciù" e i gratin. Evidentemente era possibile replicare, anche se in modo diverso, lo stile francese in una grande città come Napoli, capitale del regno Borbone.

Nel 1836 il babà viene citato come dolce tipico napoletano nel primo manuale di cucina italiana scritto da Angeletti per Maria Luigia di Parma.

Da allora di strada ne ha fatta il babà, l'ultima evoluzione è il babà al limoncello o alla crema di limone nato a Capri. 


babà a funghetto o cappello da cuoco

La ricetta del Babà

Fare un babà non è semplice, che sia a torta o a funghetto l'impasto è lo stesso ed è un impasto ricco che richiede alcuni accorgimenti. Di ricette se ne trovano molte. 

Quella che ti propongo è la ricetta di Angela Frenda dal libro "Racconti di cucina". Ho confrontato lo scritto della Angela Frenda con la ricetta del taccuino della mia nonna, bravissima Babbaina, e devo dire che le ricette sono praticamente uguali, ma in quella di mia nonna manca il procedimento per la lavorazione, lei appuntava solo ingredienti e dosi, tutto il resto era a memoria e nella sua abilità.

A proposito viene chiamata Babbaina la signora che prepara in casa il babà.

Angela Frenda è molto chiara nei suoi passaggi, io ho solo diminuito, di pochissimo, la dose del lievito di birra usandone 25 g invece di 30 g, e sia la torta babà che i babà a funghetto o cappello da cuoco mi sono venuti perfettamente. 
Come da tradizione ho poi farcito con panna e frutta fresca.
Per la bagna... bhè a te la scelta se innovativa al limoncello o tradizionale al rum, ma se ci sono dei bambini anche solo nello sciroppo profumato con scorza di limone.

Ma ora mettiamoci ad impastare.


Ingredienti per 8/10 persone

Per l'impasto

  • 500 g di farina forte
  • 150 g di burro
  • 70 ml di latte 
  • 40 g di zucchero semolato
  • 25 g lievito di birra fresco
  • 8 uova (440 g di uova)
  • 10 g di sale fino
  • una bacca di vaniglia
Per la bagna
  • 1 litro e mezzo di acqua
  • 500 g di zucchero
  • 150 ml di rum (o limoncello, o quello che si preferisce)
  • scorza di limone (facoltativa)

Per la decorazione
  • Panna montata
  • Fragole 

Procedimento

Setaccia la farina e inseriscila nella ciotola della planetaria con il sale. 

Aggiungi un uovo alla volta e aziona la planetaria.

Versa il lievito sciolto nel latte e continua a lavorare fino a quando l'impasto si staccherà dalle pareti della ciotola.

Mescola i semi di una bacca di vaniglia con lo zucchero e il burro morbido e uniscilo all'impasto, amalgama bene.

Copri la ciotola con pellicola alimentare e lascia lievitare l'impasto al fresco per un'ora.

Versa l'impasto in uno stampo tondo fino a metà (per la forma grande) o negli stampini per mini babà, e lascia lievitare per due ore circa.

Cuoci il babà grande in forno statico preriscaldato a 170° C per 40 minuti, per i mini babà per 20-30 minuti.

Prepara la bagna con uno sciroppo di acqua e zucchero, quando l'acqua bolle aggiungere il rum e spegni.

Fai raffreddare ul babà e bagnalo a più riprese. 

Completa decorando con panna e fragole.


babà torta

P. S. Le ceramiche artistiche sono opera di mia zia Lucia.

6 aprile 2023

Hot Cross Buns

Hot Cross Buns

hot cross buns


Gli Hot Cross Buns, letteralmente panini con la croce, sono dei panini dolci speziati e arricchiti con uvetta (a volte anche con canditi), sulla cui superficie fa mostra di sé una glassa che forma una croce. Sono deliziosi, soffici, e carini, si dice che portino fortuna e salute a chi li mangia.

Vengono preparati nei paesi anglosassoni nel periodo di Pasqua, più precisamente preparati e mangiati il venerdì santo, sono attesi dai bambini inglesi come simbolo pasquale.

La croce sui panini ha origine dal rito pagano dei Sassoni che festeggiavano la fine dell'inverno, era il simbolo delle quattro fasi lunari, poi con il cattolicesimo assunse il significato della crocifissione di Cristo. Infatti i panini si preparano il venerdì santo, finita la quaresima (dove molti ingredienti erano vietati), magari facendosi aiutare dai bambini, che durante l'attesa della lievitazione raccontano poesie e filastrocche.
La più antica, ma sembra anche la più nota pare sia questa:
Hot cross buns, hot cross buns,
One a penny, two a penny,
Hot cross buns,
If you have no daughters,
give them to your sons
One a penny, two a penny,
Hot cross buns
But if you ave none of these little elves
Then you may eat them all yourselves! 

Le leggende legate alle più antiche tradizioni inglesi riguardanti questi panini dolci raccontano che i panini, dopo la cottura, venivano appesi al soffitto con un filo in segno di portafortuna. Narrano anche che se preparati il venerdì santo i panini non ammuffiscono e possono restare appesi tutto l'anno per essere donati ad ogni nuovo ospite della casa. Se un malato ne mangia un pezzo lo aiuta a riprendersi. Inoltre se portati a bordo di una nave che deve fare un viaggio per mare, la proteggono dai naufragi. Ancora se appesi in cucina proteggono la casa dagli incendi. La storia dice anche che chi divide un buns e lo mangia insieme resterà amico per sempre.

Insomma questi panini, la cui ricetta originale pare che risalga al XII secolo, sono davvero portentosi e speciali, tanto che divennero popolari in Inghilterra nel XVII secolo, quando erano particolarmente di moda i ricchi impasti lievitati. Più che all'ora del tè sono solitamente consumati a colazione. Si possono mangiare così come escono dal forno oppure tagliarli e farcirli con un po' di burro e marmellata o confettura, in vero British style, accompagnandoli con un tè.

Gli hot cross buns sono una presenza fissa sulle tavole di Downton Abbey, e in diverse scene è possibile vederli mentre si raffreddano nella cucina della signora Patmore.

Gli hot cross buns sono una vera golosità e farli una sola volta l'anno è troppo poco.

hot cross buns

Ingredienti

Per l'impasto

  • 500 g di farina 0 (W260-280, proteine 12,50%)
  • 200 g di latte 
  • 100 g di acqua
  • 100 g uvetta
  • 60 g di burro
  • 50 g di zucchero semolato
  • 10 g di lievito di birra fresco
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaino di spezie miste (cannella, noce moscata, zenzero)
  • buccia di un'arancia grattugiata
  • buccia di un limone grattugiato
  • 1 cucchiaino di sale
  • tè nero delicato

Per la glassa e le croci

  • 4 cucchiai di farina
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 50-60 g di acqua
  • 1 cucchiaio di confettura o gelatina di albicocche 
  • 1/2 cucchiaio d'acqua

Procedimento

Inizia mettendo l'uvetta in ammollo nel tè nero per farla rinvenire.

Scalda l'acqua, unisci il latte e scioglici il lievito, metti da parte per far riposare.

Nel boccale della planetaria metti la farina con lo zucchero, inizia a mescolare con il gancio ad uncino e gradualmente versa il latte con il lievito sciolto. 

Appena i liquidi saranno assorbiti aggiungi l'uovo leggermente sbattuto, e poi il burro un pezzetto alla volta. 

Infine metti il sale e le bucce grattugiate degli agrumi. 

Continua a lavorare l'impasto fino a quando non sarà ben incordato ed elastico. 

Ora procedi a fare un giro di pieghe e dopo sistemalo in una ciotola copri con pellicola alimentare e metti a lievitare fino al raddoppio.

Appena l'impasto è lievitato spostalo su un piano di lavoro e allargalo. 

Aggiungi ora l'uvetta ammollata e scolata bene, procedi facendo delle pieghe per inglobare l'uvetta nella pasta.

Dividi l'impasto in pezzi tutti uguali, più o meno, procedi a fare delle pieghe e a pirlare, roteare la pasta con il palmo della mano, per dare la forma sferica, formare una pallina. 

Rivesti con la carta forno una teglia e metti il panino formato con la chiusura rivolta verso il basso. Quando avrai sistemato tutti i panini corpi con pellicola alimentare e lasciali lievitare finché non saranno gonfi.

Preriscalda il forno in modalità statica a 180° C.

Prepara la pastella per le croci: in una ciotola mescola la farina con lo zucchero e diluisci con l'acqua. Devi ottenere una crema liscia. Metti la pastella in una piccola sac à poche con bocchetta liscia da 2 mm circa, spremila su ogni panino formando una croce prima di infornare.

Cuoci i panini per circa 25 minuti. appena sfornati lucida la superficie con della confettura (o gelatina) di albicocche resa liscia con un po' di acqua.

Metti ora i buns a intiepidire su una griglia per dolci.


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