Migliaccio o Sfogliata

Migliaccio o Sfogliata

Migliaccio o Sfogliata

 

migliaccio

Un dolce dalla consistenza morbida cremosa a base di semolino ricotta e aromi vari, è assolutamente delizioso, a metà strada tra un flan e una mousse. E’ il ripieno della sfogliatella, infatti viene anche chiamato “sfogliata”. 

Il migliaccio è uno dei dolci di carnevale tipici campani, e non è non fritto per questo periodo in cui sembra sia d'obbligo friggere tutto. Viene fatto nel periodo da Carnevale fino a Pasqua, quasi a omaggiare la primavera.

Ha origini molto antiche legato alla tradizione medievale contadina partenopea. Un tempo veniva preparato con il miglio (migliaccio gluten free), poi è stato sostituito dalla semola rimacinata di grano duro (rimacinata, ossia macinata due volte e quindi di grana fine) ossia il semolino.

Con le dosi indicate negli ingredienti si può usate una tortiera da 20 a 24 cm, a seconda di quanto vi piace alto il dolce. Io ho usato la misura da 20 cm, ed è venuto molto alto, tipo un cheesecake, con la conseguenza che ho allungato i tempi di cottura.

Il migliaccio va poi fatto riposare tutta una notte, io l’ho lasciato dentro lo stampo su una gratella per dolci. Il giorno dopo, molto delicatamente, l’ho sformato e sistemato su un piatto da portata.

Ora a voi la scelta se completare come un cheesecake mettendo della marmellata di arance, o altro… o seguire la tradizione e spolverare con abbondante zucchero a velo prima di servire.

Personalmente, amando il ripieno delle sfogliatelle, ho scelto di seguire la tradizione.

Il migliaccio si conserva poi in frigorifero.

migliaccio fetta

Ingredienti

500 ml di latte intero

500 ml di acqua

40 g di burro

1 presa di sale

una stecca di cannella

buccia grattugiata di 2 arance

buccia grattugiata di 2 limoni

200 g di semola rimacinata di grano duro

3 uova

250 g di zucchero

250 g ricotta (io di pecora)

1 cucchiaino di essenze di millefiori

In una casseruola scaldo il latte e l’acqua con la buccia grattugiata degli agrumi, il burro, una presa di sale e la stecca di cannella. Quando sfiora il bollore spengo e lascio in infusione per qualche minuto. Poi tolgo la stecca di cannella e verso a pioggia il semolino mescolando con una frusta velocemente per non creare grumi (in caso se ne formassero puoi poi passare al setaccio o frullare con frullatore ad immersione). Riporto sul fuoco per 2 o 3 minuti, fino ad ottenere un impasto liscio che si stacca dalla pentola. Metto da parte per far intiepidire, e ogni tanto lo mescolo per non far creare l’odiosa pellicina.

Monto le uova con lo zucchero fino ad avere un composto chiaro e spumoso. Aggiungo la ricotta setacciata e mescolo bene per ottenere una crema. Unisco la crema di ricotta al semolino, in più volte, fino ad ottenere un impasto omogeneo, bello liscio. Per ultimo metto l’essenza di millefiori, mescolo per amalgamare bene il tutto.

Trasferisco ora l’impasto in una tortiera, foderata con carta forno, e inforno per 60 minuti circa in forno preriscaldato statico a 175°-180° C. Prima di sfornare controllo la cottura con uno stecchino e se serve prolungo la cottura. Il dolce deve rimanere un po’ umido all’interno,ma solo leggermente, lo stecchino non deve uscire con impasto attaccato. I tempi di cottura poi possono aumentare o diminuire in base alla dimensione della tortiera.

Il migliaccio va fatto riposare tutta una notte. Poi lo sformo dallo stampo, lo sistemo su un bel piatto e prima di servire spolvero con abbondante zucchero a velo.

Pissaladière con cipolle rosse, olive nere di Sicilia e filetti di alici

Pissaladière con cipolle rosse, olive nere di Sicilia e filetti di alici

Pissaladière con cipolle rosse, olive nere di Sicilia e filetti di alici

 


pissaladière

Ispirandomi alla ricetta provenzale ho realizzato la mia versione di pissaladière. Resto fedele allo spirito usando però prodotti "locali": scelgo le cipolle rosse, olive nere di Sicilia e filetti di alici sott'olio di oliva.

Uso come base l'impasto della pizza ad alta idratazione e lunga lievitazione e con pochissimo lievito di birra. Lo spessore deve simile a quello di una focaccia, quindi non troppo sottile né troppo alta. La scelta delle cipolle rosse, oltre a essere tra quelle che preferisco, mi consente di non dover mettere zucchero o miele per caramellarle, in quanto sono più dolci di quelle bianche già al naturale.

La pissaladière è un'antica ricetta ricca di storia e leggende. Appartiene alla tradizione del mare e dei pescatori del Mediterraneo, in particolare alto Mediterraneo tra costa francese, Provenza e Liguria di ponente. A seconda del paese il nome cambia, e anche alcuni ingredienti, ma le acciughe e la cipolla, una volta cibi poveri, restano. Si possono trovare le sue tracce nel lontano 1300. Si potrebbe definire, diplomaticamente, focaccia mediterranea.

Il termine “pissaladière” avrebbe origine da peis salat, pesce salato, o da pissalat (o lou pissalat), un’antica preparazione diffusa tra i pescatori della costa mediterranea di cui parlalo scrittore gastronomo Jean-Baptiste Reboul. Reboul, nel suo testo La cuisinière provençale, il primo ricettario popolare di fine Ottocento, indica con "pissalat" una ricetta ben precisa, una conserva di pesce salato in un barile, infatti deriva dall’occitano ‘peis salat’, pesce salato. Per questo motivo in Francia la pissaladière viene anche chiamata la focaccia dei pescatori. Il primo a parlare di pissaladière è Jean-Noël Escudier, ne La véritable cuisine provençale et niçoise (1953), un libro fondamentale per conoscere e preparare la cucina provenzale, in la pissaladière compare tra gli antipasti.

La pissaladière è una soffice focaccia, con base croccante che gioca sulla contrapposizione di gusti decisi e forti dati dalla cipolla caramellata dolce, in contrasto con le alici salate e le olive, un continuo gioco di sapori. Può essere servita tiepida o fredda è ideale come antipasto e per un buffet o per uno spuntino carico di gusto.


Ingredienti

600 g di farina tipo 0 forte (per pane e pizza)

2 g di lievito di birra fresco

420 ml di acqua

10 g di sale

1/4 di cucchiaino di miele

1 kg di cipolle rosse

400 g di filetti di alici sott'olio

40 olive nere di Sicilia

2 cucchiai di olio extravergine d'oliva

25 gr di burro

Timo o erbe di Provenza (facoltative)

Pepe nero macinato fresco

 

Per una lunga lievitazione con riposo in frigorifero comincio a preparare la pasta della focaccia il giorno prima. 

In una ciotola capiente metto la farina, creo una fontana al centro, sbriciolo il lievito di birra, aggiungo il miele. Lentamente sciolgo il lievito e il miele con l'acqua mescolando con un cucchiaio. Poi incorporo la farina lavorando sempre con il cucchiaio. All'ultimo aggiungo il sale e continuo ad impastare con il cucchiaio, quando inizia a prendere corpo continuo a lavorare a mano. Quando l'impasto è ben amalgamato procedo facendo le pieghe in ciotola. Prendo un lembo di pasta e lo porto al centro, ruoto la ciotola di 1/4 e ripeto l'operazione finchè non ho fatto fare il giro completo alla ciotola. Ripeto l'operazione per altre due volte con un riposo di 10-15 minuti l'una dall'altra.

Infine copro con pellicola alimentare e metto a lievitare l'impasto in frigo.

Se si ha "fretta" si può saltare il passaggio in frigo e lasciar lievitare coperto per 8 ore.

Il giorno dopo prendo l'impasto e lo lascio a temperatura ambiente per almeno 30 minuti. Poi lo sposto su un piano di lavoro, faccio un giro di pieghe e lo divido in due parti, rifaccio per ogni pezzo un giro di pieghe e lo rigiro, lo pirlo, fino ad avere un bel panetto tondo. Copro e lascio nuovamente lievitare.

Nel frattempo pulisco e affetto sottilmente, con una mandolina le cipolle. Metto olio e burro in una casseruola a fuoco basso, unisco le cipolle, copro con un coperchio e lascio stufare a fuoco dolce, mescolando ogni tanto. Se piace unire le erbe di Provenza o il timo. Faccio cuocere le cipolle per circa 30 minuti.

Prendo le olive e le snocciolo con l'apposito attrezzo, poi sgocciolo i filetti di alici.

Preriscaldo il forno a 250° C in modalità statica.

Ora prendo due teglie rettangolari, due placche, le ricopro con carta forno che ungo leggermente con dell'olio. Prendo l'impasto e delicatamente, con le mani, partendo dal centro, lo allungo nella teglia. Le misure dovrebbero essere un rettangolo da 25x30 cm e cerco di dare lo stesso spessore a tutta la superficie. Non deve essere steso troppo sottile, più simile a una focaccia, ma non alta. Distribuisco le cipolle in modo uniforme, dispongo i filetti di alici partendo da un angolo e formando una serie di rombi, al centro di ogni rombo metto un’oliva snocciolata.

Inforno una teglia alla volta abbassando la temperatura a 230° C, e faccio cuocere per 15-20 minuti, sul ripiano medio basso. La pissaladière deve prendere un bel colore, ma senza esagerare, e il fondo deve essere croccante. Se si dovesse scurire troppo la superficie impostare il forno con cottura solo da sotto.

Una volta sfornata sposto la pissaladiére su una gratella. Faccio riposare qualche minuto prima di servire calda, o tiepida.


pissaladière

Panini al latte siciliani ai fiori d’arancio

Panini al latte siciliani ai fiori d’arancio

Panini al latte siciliani ai fiori d’arancio

 

panini al latte messinesi

In una strana circostanza mi trovo a conoscere una signora messinese, con la quale mi ritrovo  conversare e ad aiutarci per una settimana, durante questo anomalo soggiorno. Scopriamo una passione per la buona cucina e i prodotti artigianali made in Sud, così per tirarci su ci passiamo cibarie di diverso tipo. Nel fine settimana le arriva il "pacco da giù" e mi fa assaggiare, oltre le ottime paste di mandorle artigianali, si sciolgono in bocca e per nulla stucchevoli, ma solo la dolcezza della mandorla, dei panini semidolci tipici delle sue parti. Scopro che sono dei panini che si fanno in tutti i forni della zona di Messina, vengono chiamati panini al burro o al latte, sono soffici e si prestano ad essere gustati semplici o farciti. Sono deliziosi sia come merenda dolce che salata.

La forma che fanno i forni per le merende e le colazioni sono dei panini da 100 g nella versione allungata, ma possono essere preparati anche in forma piccola rotonda e sono chiamati “bocconcini al burro”, che vengono utilizzati per essere farciti con i salumi e per arricchire banchetti per feste ed aperitivi.

Questi panini vengono anche usati come base per preparare i viennesi messinesi: ossia il panino al latte farcito con crema pasticciera alleggerita con panna montata o con crema al latte.

Nella ricetta di questi panini si può usare il burro, o lo strutto. Va un po’ a gusto personale.

I panini messinesi sono soffici e profumati, io ho voluto aromatizzarli con essenza di vaniglia e fiori d’arancio, realizzati in piccoli pezzi così sono adatti a spuntini, merende e colazioni, senza troppi sensi di colpa. Una volta raffreddati io li surgelo e li scaldo quando servono, così da averli sempre come appena sfornati, sofficissimi.


panini al latte messinesi

Ingredienti

500 g di farina tipo 0 forte (W260-280)

230-250 ml di latte intero

80 g di burro morbido

1 uovo intero

50 g di zucchero

5 g di miele (io di arancio)

10 g di sale

5 g di lievito di birra fresco

5 gocce di essenza di vaniglia

5 gocce di essenza di fiori d’arancio

3-4 cucchiai di latte e tuorlo per lucidare

In una ciotola capiente setaccio la farina e creo una fontana. Al centro metto lo zucchero il lievito sbriciolato, il miele e parte del latte. Sciolgo il lievito e aspetto una decina di minuti che si attivi.

Posso lavorare l’impasto a mano, ci vorrà un po’ di pazienza, o aiutarmi con una planetaria.

Quando il lievito inizia a fare le bolle, ci vorranno pochi minuti, procedo ad impastare, con il gancio ad uncino, e versando tutto il latte. Aggiungo poi l’uovo leggermente sbattuto, e quando è ben assorbito, inserisco il burro morbido, un pezzetto alla volta, e aspetto che venga assorbito prima di unirne altro. Per ultimo metto il sale le essenze. Continuo ad impastare fino ad avere una pasta elastica, lucida e ben incordata. Formo una palla di pasta, metto in ciotola coperta con pellicola alimentare e lascio lievitare fino al raddoppio del volume. Quando l’impasto è pronto mi sposto a lavorare su un piano di lavoro. Faccio un giro di pieghe e poi divido l’impasto in tanti pezzi tutti dello stesso peso. Io ho scelto di fare dei panini piccoli da 65 g l’uno. Prendo ogni pezzo di impasto, faccio tre giri di pieghe e poi creo la forma di un panino leggermente allungato. Sistemo ogni panino su una teglia ricoperta con carta forno, distanziati l’uno dall’altro. Copro la teglia con pellicola alimentare e faccio nuovamente lievitare fino al raddoppio.

Preriscaldo il forno statico a 180-200° C con un pentolino d’acqua sul fondo. Spennello la superficie e i lati dei panini con tuorlo e latte sbattuti, inforno per 20-25 minuti. Quando pronti sforno e lascio raffreddare su una gratella per dolci.


panini al latte messinesi

Zuppa di lenticchie nere di Sicilia

Zuppa di lenticchie nere di Sicilia

Zuppa di lenticchie nere di Sicilia


zuppa di lenticchie nere

 

Adoro le zuppe di lenticchie, è un piatto sano, genuino, semplice, pochi ingredienti per portare a tavola un piatto, che per me, diventa unico, senza tempo, caldo e corroborante.

Qui lo presento in versione gluten free, quindi adatto a tutti e il bello delle lenticchie è che si possono arricchire e insaporire a piacere.

Ho scoperto questa varietà di lenticchie nere di Sicilia, piccole, saporite e molto particolari. Sono un’antica varietà di lenticchie, molto proteica e saporita, io ho provato quelle di Leonforte e anche quelle nere vulcaniche di Pantelleria. La loro coltivazione è molto laboriosa: semina e raccolto viene fatto interamente a mano. Rispetto alle altre varietà di lenticchie questa variante nera è ricca di ferro e vitamina B: se si hanno problemi di pressione bassa possono fare miracoli, inoltre possiede meno grassi e possono rilasciare più fibre.

Hanno sapore e colore intenso: quelle di Leonforte (o delle colline di Enna) Di media grandezza e nere come il carbone quando sono crude, una volta cotte assumono un bell’aspetto brunito, quelle di Pantelleria sono di colore marrone-rossastro, di piccolo calibro, rotondeggianti e hanno bisogno di un terreno vulcanico.

Io le ho usate entrambe e mi hanno conquistato. Sono più care rispetto ad altre varietà di lenticchie, ma confesso che io le preferisco. Inoltre si sposano bene con una varietà di ingredienti, oltre ad essere perfette così da sole come protagoniste.

La zuppa la si può servire più densa, tipo lenticchie in umido, o più brodosa, va a gusto personale.

Per comodità io sciacquo le lenticchie sotto l’acqua e poi le faccio bollire con una costa di sedano, la proporzione che uso è 1:3 ossia per 100 g di lenticchie uso 300 g di acqua. Una volta pronte le divido, porziono, in vasetti e surgelo quelle che non uso.

Pochi e semplici ingredienti per una pietanza sana, gustosa e genuina e adatta anche agli intolleranti del glutine, avendo usato la patata al posto di crostini o pasta.

Ingredienti per 4 persone

200 g di lenticchie nere

1 costa di sedano

600 ml di acqua

4 patate piccole

1 cipolla piccola

1-2 cucchiaini di concentrato di pomodoro (o pomodorini)

2 cucchiai di olio extravergine di oliva

1 piccolo peperoncino (se piace)

1 cucchiaino di curcuma

sale e pepe q.b.

Per prima cosa sciacquo le lenticchie per togliere le polveri. Le metto poi in una casseruola capiente con la costa di sedano pulita e 600 ml di acqua, porto a bollore e faccio cuocere per 20-30 minuti. Poi spengo e lascio intiepidire.

Nel frattempo in una casseruola soffriggo a fuoco dolce nell’olio il peperoncino, la curcuma, la cipolla tritata sottilmente. Quando la base è pronta aggiungo le patate tagliate a pezzetti e le lenticchie già lessate, il concentrato di pomodoro, ricopro con dell’acqua, metto un coperchio e faccio cuocere a fuoco medio basso. Il sale lo unisco all’ultimo per non far indurire le lenticchie. Cuocio finché le patate non saranno pronte. A gusto posso lasciare la zuppa più brodosa o più asciutta. Ora aggiusto di sale. Porto in tavola ben caldo e chi gradisce può aggiungere pepe nero macinato fresco.

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