7 novembre 2023

Dark and sumptuous chocolate vegan cake

Dark and sumptuous chocolate vegan cake



dark and sumptuous chocolate vegan cake

La Dark and Sumptuous Chocolate Cake è una ricetta goduriosa super cioccolatosa e vegana. 

Troppo bello per essere vero? O ci sono dubbi sulla pasticceria vegana?

A volte bisogna superare i preconcetti e provare. Io l'ho fatto e il risultato è stato superiore, e di molto, alle aspettative. Con le ricette giuste e se fatte bene la pasticceria vegana è buonissima.

Quando portate a tavola questa torta suggerisco di non dire che è un dolce vegano, facciamo prima assaporare, mangiare, e solo dopo confessare di che dolce si tratta... gli ospiti resteranno stupiti, come minimo.

La ricetta di questa torta è di Nigella Lawson.

Questa è una torta che ho fatto in diverse occasioni e in diversi modi, anche gluten free, e il risultato è stato sempre delizioso. 

La torta è scenograficamente bella a vedersi: il contrasto del colore dei pistacchi sulla glassa lucida rende il dolce allegro con il suo voluto finto disordinato. Il profumo è delizioso. Il dolce è umido, soffice e leggero, il gusto di cioccolato avvolgente. I pistacchi regalano la nota croccante. Per usare un termine di Nigella, è un dolce sontuoso.


dark and sumptuous chocolate vegan cake


La ricetta

La torta è molto semplice da fare, sembra incredibile visto il risultato.

È perfetta per chi è intollerante ai latticini e alle uova, e come ho detto, volendo si può fare anche in versione gluten free usando della farina di riso.

Rispetto alla ricetta di Nigella Lawson io non ho aggiunto il caffè in polvere né nella glassa né nell'impasto. 

Di seguito la torta che ho fatto io omettendo appunto il caffè, inoltre ho inserito sia la grammatura che l'uso anglosassone dei teaspoon. 

Ora senza ulteriori indugi mettiamoci i grembiuli e accendiamo il forno.


Ingredienti

Per la torta
  • 225 g di farina debole per dolci
  • 1 tsp e 1/2 di bicarbonato, circa 8 g
  • 1/2 tsp di sale, circa 3 g
  • 75 g di cacao amaro 
  • 300 g di zucchero di canna integrale grezzo
  • 375 ml di acqua calda
  • 75 g o 90 ml di olio di cocco bio deodorato
  • 1 tsp e 1/2 di aceto di mele o aceto di vino bianco, circa 7,5/8 ml
Per la glassa
  • 60 ml di acqua fredda
  • 75 g di olio di cocco bio deodorato
  • 50 g di zucchero di canna grezzo
  • 1 tsp e 1/2 di cacao amaro
  • 150 g di cioccolato fondente al 70% tritato finemente 
  • 1 manciata di pistacchi da tritare.
Procedimento

Preriscalda il forno in modalità statica a 180°C e rivesti una tortiera da 20 cm con la carta forno.

Inizia con la preparazione della glassa.

In un pentolino metti il cacao, lo zucchero, il burro di cocco e l'acqua. Porta a bollore mescolando per far sciogliere bene gli ingredienti ed evitare la formazione di grumi. 

Leva il pentolino dal fuoco e aggiungi il cioccolato tritato finemente, lavora con la frusta per ottenere una glassa liscia e lucida. Poi metti da parte e lascia raffreddare.

Prepara l'impasto della torta.

In una ciotola capiente mescola la farina e il cacao setacciati, il sale, e il bicarbonato.

In un'altra ciotola metti lo zucchero, l'aceto, l'olio di cocco e l'acqua bollente, lavora gli ingredienti con una spatola per amalgamare e sciogliere tutti gli elementi.

Ora aggiungi i liquidi alle polveri, mescola velocemente e versa l'impasto nella tortiera.

Inforna e cuoci per 35 minuti circa. Prima di sfornare fai la prova stecchino, che deve uscire senza impasto attaccato, asciutto, e se serve allunga la cottura per altri 10 minuti.

Lascia raffreddare la torta nello stampo, poi sformala su un'alzata.

Versa la glassa sulla torta, ricoprila, e decorala con dei pistacchi tritati grossolanamente.

Attendi mezz'ora prima di servirla.




16 ottobre 2023

La Torta Elisabetta di Nonna Papera

La Torta Elisabetta di Nonna Papera

Torta Elisabetta di Nonna Papera

La torta Elisabetta di Nonna Papera è una soffice torta formata da tante palline di pasta brioche farcite. Si chiamerebbe danubio dolce, ricorda il buchtlen, ma nel Manuale di Nonna Papera i nomi delle varie preparazioni vengono cambiati a favore di nomi di fantasia che hanno un richiamo storico.

Con Gioia e Gabriella, le mie amiche del progetto #frameofbreak, vogliamo unirci ai festeggiamenti del centenario della Walt Disney, che ricorre il 16 ottobre 2023. Per restare nel tema abbiamo pensato di preparare qualcosa tratto appunto dal fantastico mondo Disney.

Gabriella ricorda Pinocchio e prepara una golosa torta cioccolato e pere... con buccia o senza? vai a scoprirlo.

Gioia, ispirata dal film d'animazione "La principessa e il ranocchio", cucina dei deliziosi brownies con le noci pecan, tipiche del sud degli USA.

Io sono stata molto indecisa da quale film o fumetto farmi ispirare, e così alla fine, ho scelto il personaggio di Nonna Papera e una delle sue ricette presente sul suo manuale. Nonna Papera la potremmo potremmo considerare una delle prime food writer anche se appartenente al mondo dei fumetti e dell’animazione, con il suo manuale di cucina e consigli domestici che ha accompagnato, e ancora lo fa, intere generazioni dal 1970.


Ma facciamo una piccola parentesi su chi è Walt Disney.


Walt Disney

Walt Disney, alias Walt Disney Company, è la multinazionale fondata nel 1923 con il nome di Disney Brothers Cartoon Studios da Walter Elias Disney (meglio noto come Walt Disney) e suo fratello Roy; successivamente, nel 1926 rinominata The Walt Disney Studio, nel 1929 cambia nome in Walt Disney Production, e nel 1986 infine prende il nome con il quale la conosciamo oggi.

Tutto nasce da Walt Disney, all'anagrafe Walter Elias Disney, disegnatore americano che rappresenta il simbolo americano del "self made", ossia chi realizza i propri sogni da solo. Lui nasce in una famiglia numerosa e svolge sin da piccolo lavoretti per aiutare. Le sue doti da disegnatore fuori dal comune si manifestano molto presto, aveva solo sette anni. A diciotto anni si trasferisce con il fratello Roy a Hollywood e in pochi anni riesce a raggiungere il successo con una serie di fumetti, tra i quali Mickey Mouse, con il quel nel 1928 realizza il primo cartone animato con il sonoro. Da qui è tutto un percorso in salita ricco di successi, infatti diventa famoso per i fumetti, film d'animazione e non, e nel 1944 realizza un altro sogno: un parco a tema, il primo, Disneyland. Durante il discorso di inaugurazione lo stesso Walt Disney dirà:

"Qui gli adulti rivivranno i loro più teneri ricordi del passato e i più giovani potranno assaporare le sfide e le promesse del futuro. Disneyland è dedicato agli ideali, ai sogni e alle realtà che hanno fondato l’America, nella speranza che ognuno ne tragga forza, gioia e ispirazione".

Non era che il primo di altri parchi tematici dei divertimenti, ora nell'impero ci sono anche i vari merchandising.

Walt Disney muore nel 1966, lasciando un impero, e il suo nome è divenuto leggenda nel mondo del cinema.

Walt Disney era ed è tutt'ora il magico produttore di sogni, capace di emozionare grandi e piccini.

Ultima cosa Walt Disney è stato non solo disegnatore ma anche imprenditore, produttore cinematografico, doppiatore e regista. Molti dei suoi lavori hanno avuto importanti riconoscimenti come gli Oscar.


Ora scopriamo qualcosa su Nonna Papera, uno dei personaggi dei noti giornalini a fumetti dell'impero Walt Disney. 

Nonna Papera

Nonna Papera e il suo Manuale

Nonna Papera è la cuoca per eccellenza nelle strisce dei fumetti. Impossibile non ricordare le sue torte fumanti messe a raffreddare sul davanzale. È una super anziana arzilla nonnina sempre molto impegnata in mille attività e sempre di corsa. Abita fuori città in una fattoria con i suoi animali di cui si occupa personalmente, e con il nipote dormiglione Ciccio. 

Nonna Papera, il cui nome è Elvira Coot, è un personaggio inventato da Al Tagliaferro. Nonna Papera è figlia di Clinton Coot, fondatore delle Giovani Marmotte, e nipote di Cornelius, fondatore di Paperopoli.

Elvira e il marito Humperdink Duck hanno avuto tre figli: Eider, il padre di Paperoga e del meno noto Abner "Chiarafonte", il forzuto di famiglia; Dafne, la madre di Gastone, fortunatissima anche lei; e Quackmore, il padre dei gemelli Donald (ovvero Paperino) e Della, che poi sarebbe la mamma di Qui, Quo e Qua.

Il Manuale di Nonna Papera viene stampato per la prima volta nel 1970 edito da Mondadori, e nel 2015 la casa editrice Giunti ha deciso di ripubblicarlo. 
La prima edizione del manuale era stato curato da Mario Gentilini (direttore di Topolino), Giovan Battista Carpi, illustratore, e Elisa Penna, autrice dei testi.
Nel manuale troviamo le ricette e alla fine dei consigli domestici per la cura della casa. È un libro per bambini, ma ho visto anche adulti che lo hanno caro nella loro biblioteca; le ricette non hanno le foto bisogna usare l'immaginazione per realizzarli seguendo solo le istruzioni. Il manuale è illustrato con i personaggi dei fumetti che impersonano personaggi e situazioni storiche o mitologiche. Ecco che così ci ritroviamo Paperino nelle vesti di Goffredo di Buglione alle Crociate, Pippo un buffo Re Sole, Archimede Pitagorico è Ulisse, e la stessa Nonna Papera nei panni della Gioconda. Un modo per abbinare alla cucina qualche nozione di storia e mitologia, perché tutte le ricette sono introdotte da cenni storici, dalla Storia vera e propria: partendo dal paleolitico fino alla conquista dello spazio, con qualche salto temporale, significativo sicuramente per la Storia ma non per il manuale, in fondo il suo fine era un altro.
Altra cosa interessante di questo libro è che, a dispetto di quello che si può pensare, non si trovano le tipiche ricette degli States come pancakes soffici, impilati e cosparsi di sciroppo d'acero che ci hanno fatto venire l'acquolina in bocca da bambini mentre leggevamo il giornalino, o le tipiche pie che Nonna Papera sforna in continuazione e mette a raffreddare sul davanzale della cucina.

Grazie a Sabrine d'Aubergine, e al suo progetto della "raccolta delle ricette di Nonna Papera quarant'anni dopo", scopriamo che la Nonna Papera gastronoma non è americana ma italiana, e infatti nella fantasia americana la tipica nonna che cucina è una nonna italiana. La ricerca di Sabrine d'Aubergine ci conduce a un'altra collaboratrice italiana che ha aiutato nella redazione del manuale, e dopo moltissimi anni ecco svelata la nostra Nonna Papera: Luisa Ridolfi, professoressa di sociologia che, appena laureata, ha aiutato nella selezione delle ricette, e i nomi fantasiosi, per il progetto del manuale già ben disegnato. 

Ma ora torniamo a noi e alla nostra Torta Elisabetta.

Torta Elisabetta di Nonna Papera


Torta Elisabetta, la ricetta

La Torta Elisabetta è una ricetta tratta dal Manuale di Nonna Papera. È il classico danubio in versione dolce, ossia delle palline di pasta brioche ripiena, messe a lievitare una vicina all’altra. Le palline lievitando e poi in cottura si uniscono e formano così una torta. Starà a noi scegliere come servirla: se tagliarla a fette o se lasciare che ognuno si stacchi la propria pallina, che conterrà un ripieno goloso.


Nel manuale la torta Elisabetta è un omaggio a Elisabetta I d’Inghilterra, le sue conquiste e il suo amato teatro shakespeariano.


Le ricette di Nonna Papera, ahimè, sono un po’ approssimative: usa come unità di misura bicchieri e cucchiai. Ma una volte le nonne si regolavano, diciamo a sentimento, a occhio. Non volendo modificare  quanto scritto sul manuale ho scritto tra parentesi le mie indicazioni. 


Ho farcito le palline della torta con della confettura di ciliegie, mi piaceva il contrasto di colore, ma anche nel gusto è stata una scelta corretta e ben bilanciata, perché l'impasto è poco dolce e la nota agrumata si accompagna perfettamente con le ciliegie della confettura. 

Il dolce è soffice, profumato, delicato e goloso, perfetto per colazione o per merenda, magari accompagnato da una bella tazza di tè.


Ingredienti

  • 300 g di farina di frumento (tipo 0 W230-260)
  • 130 g di burro
  • 1 bustina di lievito di birra disidratato (ho ridotto la dose a 3 g)
  • 1 limone bio
  • 2 uova bio (120 g circa)
  • 1 bicchiere di latte (circa 100 ml)
  • sale (5 g)
  • 1 vasetto di confettura (io ciliegie)

Procedimento

Sciogli il lievito di birra in una tazza con due cucchiai di acqua tiepida.

In una ciotola metti la farina, il sale, le uova, lo zucchero, la scorza grattugiata del limone, il lievito di birra sciolto e inizia a mescolare con un cucchiaio (se preferisci puoi usare la planetaria).

Aggiungi 80 g di burro sciolto e impasta bene.

Poco alla volta unisci il latte, probabilmente non servirà tutto ma solo quello che l'impasto assorbe, fino a quando non avrai una pasta morbida ed elastica.

Sistema l'impasto nella ciotola coperta con pellicola alimentare e lascia lievitare per 2-3 ore in ambiente tiepido.

Trascorso il tempo di riposo metti l'impasto su un piano di lavoro e dividi la pasta in pezzetti tutti dello stesso peso. 

Stendi i pezzi di pasta, metti al centro un cucchiaino scarso di confettura e richiudi formando una pallina. Procedi con tutti i pezzetti.

Fodera con carta forno una teglia dal diametro di 24 cm.

Nella ricetta di Nonna Papera devi passare la chiusura delle palline farcite nel burro sciolto e poi sistemarle nella teglia con la chiusura verso il basso lasciando dello spazio l'una dall'altra per la lievitazione.

Una volta sistemate tutte le palline, copri con pellicola e lascia riposare per circa due ore. La pasta si gonfierà e riempirà gli spazi vuoti.

Preriscalda il forno a 180° C in modalità statica e cuoci per circa 25-30 minuti.

Sforna e lascia intiepidire su una griglia per dolci.

Se piace completa prima di servire con una spolverata di zucchero a velo.






25 settembre 2023

Waffles in Bruges, del maestro pasticcere Gianluca Fusto

Waffles in Bruges, del maestro pasticcere Gianluca Fusto

waffles in bruges


Waffles in Bruges è una ricetta tratta dal libro "Le mie 24 ore dolci" del maestro pasticcere Gianluca Fusto, edito da Gribaudo.


Il libro del maestro è un piacere da sfogliare prima con gli occhi, ricco di golosità suddivise nell'arco della giornata sia dolci che salate. Variabili i gradi di difficoltà, anche se il maestro dice che è "per non professionisti". Le foto sono molto belle, il testo curato e ben spiegato, e invoglia a mettersi ai fornelli.
Il volume è diviso in capitoli corrispondenti ai diversi momenti della giornata. All'inizio, dopo alcune pagine in cui diversi personaggi, tra cui Gualtiero Marchesi, presentano e parlano di Gianluca Fusto, troviamo gli attrezzi del mestiere e le preparazioni base.

Waffles in Bruges

I waffles in bruges sono inseriti nel capitolo "la merenda dei campioni", quella del pomeriggio alle 16, di cui Gianluca Fusto scrive "la mia merenda non è un fuori pasto ultracalorico, il peggior nemico di menti attive... È una pausa di dolce relax e condivisione che può diventare una genuina tradizione... sorseggiando un buon tè o una calda ti-sana!"

Il waffle è la versione americana della gaufre belga. Un tempo le piastre tradizionali in ghisa, di varie forme e dimensioni, venivano tramandate da madre in figlia o venivano regalate alle nozze come augurio di felicità. 

Oggi usiamo delle piastre elettriche, e anche in questo settore ci sono forme diverse. La mia sarebbe rettangolare da fare dei quadrati, ma a me vengono sempre delle forme un po' irregolari.

I waffles a casa li mangiamo a colazione per darci energia per affrontare la giornata che ci aspetta e per iniziare con dolcezza.

La ricetta di Gianluca Fusto oltre ad essere deliziosamente golosa, inebria con il profumo dei suoi aromi, leggerissima, leggermente fragrante fuori e, allo stesso tempo, morbida all'interno; è anche una ricetta antispreco in quanto possiamo usare gli albumi che rimangono da altre preparazioni.

Ed ecco la ricetta, assolutamente da fare e rifare.

Ingredienti
  • 150 g di latte fresco intero
  • 130 g di farina
  • 130 g di albumi
  • 90 g di burro 
  • 30 g zucchero
  • 6 g di cannella in polvere
  • 3 g di buccia di limone (zest) fresco bio
  • 3 g di stecca di vaniglia (o essenza)
  • 2 g di fior di sale
Per la presentazione
  • zucchero a velo
  • cannella in polvere
  • panna fresca
Preparazione

In una casseruola scalda il latte con la stecca di vaniglia (o l’essenza), labuccia di limone, il burro e il sale, poi spegni e lascia in infusione per almeno 10 minuti. 

Togli il baccello e la buccia di limone.

Versa poco per volta il latte caldo sulla farina, precedentemente setacciata insieme alla cannella. 

In una planetaria munita di gancio a foglia monta gli albumi a velocità moderata, aggiungendo poco per volta lo zucchero, in modo da ottenere una consistenza perfettamente liscia e al massimo del suo volume. 

Amalgama delicatamente i due impasti mescolando dal basso verso l’alto. 

Dosa il composto con un mestolo e cuoci direttamente nell’apposita macchina o piastra per waffles.

Servi con una spolverata di zucchero a velo e cannella o con panna leggermente montata, oppure con quello che preferisci.


11 settembre 2023

Tyropita

Tyropita



tyropita


La tyropita è una torta salata della cucina tradizionale greca, assolutamente deliziosa e saporita. L'ho preparata per il progetto #frameofbreak in occasione dell'inizio dell'anno scolastico.

Con Gabriella (del blog www.homeworkandmuffin.it) ci siamo ritrovate a pensare ai libri che in qualche modo hanno fatto parte del nostro percorso scolastico. Alcuni ci vengono assegnati altri, invece, sono stati scelti da noi. 

Gabriella ricorda con particolare emozione "Piccole Donne" di Louisa May Alcott, e lo abbina a una torta di mele fatta in casa.

Per quanto riguarda me la scelta è stata difficile sono legata a molti libri. Però ripensando a quegli anni e alle mie passioni ricordo particolarmente libri che in qualche modo hanno a che fare con gli animali, o libri leggeri e divertenti. Che dire sono sempre stata un po' diversa, nel mio animo resto una veterinaria o zoologa mancata, e così la mia scelta è ricaduta su un testo che non mi era stato assegnato a scuola ma che avevo scelto io proprio per il tema trattato. Il mio libro è scritto da Gerald Durrell, noto zoologo e il titolo è "La mia famiglia e altri animali".

In questo libro l'autore parla di se stesso di quando era un ragazzo e con la sua famiglia si trasferisce per 5 anni sull'isola di Corfù

Gerald Durrell presenta il libro dicendo che "in origine doveva essere un resoconto blandamente nostalgico della storia naturale dell'isola, ma ho commesso il grave errore di infilare la mia famiglia nel primo capitolo del libro. Non appena si sono trovati sulla pagina non ne hanno più voluto sapere di levarsi di torno, e hanno persino invitato i vari amici a dividere i capitoli con loro". 

Così con umorismo, leggerezza e delicatezza ci troviamo immersi nella lettura tra le avventure e le scoperte di uno zoologo in erba, intervallati anche da una serie di situazioni familiari a volte anche con tensioni e turbamenti. Ma su tutto si è immersi in un'atmosfera di felicità contagiante. 


Nel libro non si parla molto di cucina, sì i personaggi mangiano, prendono il tè delle cinque con i pasticcini da buoni inglesi, fanno ricevimenti e picnic con prodotti del luogo, ma non ci sono descrizioni di piatti. D’altra parte Gerald Durrell è più concentrato sulla natura che lo circonda, e il cibo qui non ha nemmeno un ruolo secondario o scenografico. In questi giorni l'ho riletto cercando qualche particolare gastronomico che magari mi era sfuggito da adolescente, ma non ne ho trovati. Allora, visto che la storia è ambientata sull'isola greca di Corfù ho pensato che magari anche Gerald Durrell e la sua famiglia magari hanno mangiato la tyropita.


La Tyropita

La tyropita è una torta rustica salata della cucina tradizionale greca realizzata con pasta phillo ripiena di feta profumata alla menta. 


La pasta phillo è un tipo di pasta molto usata nella cucina orientale e balcanica: sono dei fogli di pasta molto sottili e delicati. Si può fare in casa o comprarla già pronta. Importante è spennellare ogni foglio di pasta con olio extravergine d'oliva.

La versione originale della tyropita prevede l'uso della sola feta, che ha un sapore molto intenso e sapido, ed è davvero buonissima, ma non tutti amano un gusto così forte, e così ho aggiunto della ricotta vaccina per rendere il ripieno più bilanciato e meno sapido.

Se non hai la menta fresca puoi mettere in infusione nel latte della menta secca.

La croccantezza del guscio di pasta phillo, il ripieno gustoso profumato di menta che dona freschezza, rende l'insieme uno spuntino davvero speciale. Ideale mangiarla calda o tiepida.



Ingredienti


  • 225 g di pasta phillo
  • 400 g di feta
  • 250 g di yogurt greco
  • 200 g di ricotta vaccina
  • 15 foglie di menta
  • 1 uovo
  • 50 ml di latte intero
  • olio extravergine d'oliva quanto basta


Preparazione


Se non hai la menta fresca, metti in infusione nel latte della menta secca.
Trita finemente le foglie di menta fresche.
In una ciotola capiente unire la feta sbriciolata, lo yogurt greco, la ricotta, il trito di menta, l'uovo e amalgamare in tutto.
Sul piano di lavoro adagia un foglio di pasta phillo e spennella, in modo uniforme, olio extravergine d'oliva. Ripeti l'operazione con altri fogli di pasta phillo e sovrapponi una sfoglia sull'altra fino ad avere una decine di sfoglie.
Sistema delicatamente le sfoglie di pasta in una pirofila e versa il ripieno di feta e ricotta.
Copri la superficie con un'altra sfoglia di pasta phillo ripetendo l'operazione fatta prima per la base. 
Ripiega i bordi verso l'interno della sfoglia di copertura per evitare che il ripieno fuoriesca durante la cottura.
Spennella dell'olio extravergine d'oliva sulla superficie. 
Poi con un coltello realizza una scacchiera a trama larga.
Versa il latte (filtralo se hai messo in infusione la menta) sulla tyropita.
Cuoci in forno preriscaldato statico a 180° C per circa 50 minuti.
Servi caldo o tiepido.





30 agosto 2023

Il Babà

Il Babà


torta babà


Il babà è uno dei dolci rappresentativi di Napoli. È il simbolo della dolcezza, per fare un complimento si dice "si nu' babbà" ad indicare la dolcezza e la bontà d'animo, la disponibilità, o la bellezza e si usa sia per persone che cose (e perché no anche animali). 

Il babà è una cosa seria, cantava Marisa Laurito nel lontano 1989, praticamente lo scorso secolo. E come non darle ragione?

E si ‘a vita amara se fa
è una cura che fa bene
‘O babà nun po’ ingannà
Il babà è come il ciucciotto
La coperta di Linus
Se cercate un antistress
Accattateve ‘o babà
Si addolcisce cu nu babà
Il babà è una cosa seria
Cu ‘o babà nun se pazzea

Il suono della parola babà (in napoletano si scrive babbà, quindi in modo diverso da come si pronuncia) gioca sul piacere uditivo e sul successo memonico: come dimenticare un simile nome formato dalle prime due lettere dell'alfabeto?

Di babà abbiamo due versioni: quello grande la torta babà, il dolce della domenica da decorare e portare a tavola e condividere a fette e si mangia con piattino e forchetta, o le varie misure monoporzioni, a funghetto o cappello del cuoco, anch'essi bagnati e decorati ma che si possono mangiare in due tre bocconi usando le mani, magari anche continuando a passeggiare.

Storia del Babà

Anche se il babà è oramai per tutti uno dei simboli partenopei, le sue origini sono da ricercare invece in una cittadina francese del nord al confine con la Germania, Luneville.

La storia di questo dolce è raccontata da Flavia Amabile nel suo libro "Si nu' babà", edizioni Ippogrifo, 2001, arricchito dalle foto di Gérald Bruneau e dall’introduzione di Antonio Bassolino oltre che da alcune testimonianze di personaggi celebri.

Il babà deve la sua nascita all’ultimo duca di Lorena ed ex re di Polonia, Stanislao Leszczyński, suocero di Luigi XV di Francia, che aveva sposato sua figlia Maria.

La storia narra che il precursore dell’odierno babà, fosse un dolce austriaco, il kugelhopf, per metà panettone e per metà brioche, che un giorno il duca di Lorena decise di bagnare con il Madeira per ammorbidirlo. La sua passione per l’arte culinaria lo portò successivamente a farlo rielaborare: nel procedimento il dolce verrà fatto lievitare per ben 3 volte e verrà sbattuto al fine di ottenere una pasta più leggera, verrà inoltre uvetta e zafferano (ingredienti tipici della cucina turca, che il re aveva conosciuto durante la sua prigionia ad Instabul). Anche la forma cambia assumendo quella della cupola di Santa Sofia e chiamato Alì Babà (come il protagonista de "Le Mille e Una Notte"). 

Questa contaminazione culturale porta il prof. Fabrizio Mangoni, autore di "Di che dolce sei?" sulla fisiognomica dei dolci, a definire il babà come il "dolce dei Lumi" in quanto è "figlio di un'idea", a differenza degli altri dolci delle cui origini si sa ben poco.

Al dolce viene poi aggiunta una bagna, necessaria per mantenerne la morbidezza (altrimenti destinato ad indurire nel giro di poche ore). Il duca Stanislao Leszczyński sceglie il Madeira, mentre a Versailles si usa il rhum giamaicano, importato dalle colonie e di gran moda.

Il pasticciere polacco Sthorer, che prima era a servizio del duca Stanislao Leszczyński, seguirà e si trasferirà con la figlia del duca Maria, che nel 1725 sposerà Luigi XV. In seguito il pasticciere aprirà un suo laboratorio in Rue Montorgueil dove crea i babà a forma di fungo o cappello di cuoco, così come lo conosciamo noi.

In seguito Jean Anthelme Brillant-Savarin regala un babà a forma di ciambella, ai fratelli Julien per il loro laboratorio sul Boulevard St. Honorè. Al centro della ciambella è possibile inserire la frutta, viene eliminata l'uvetta, aggiunto il burro e una spennellata di confettura di albicocche per far durare la bagna più a lungo, e diventa semplicemente Babà.

Ma come giunse il babà dalle corti parigine a Napoli

La risposta la possiamo trovare nelle pagine di storia, e nella rivalità tra sorelle, anche se regali. Parliamo delle figlie di Francesco duca di Lorena e imperatore d’Austria e di Maria Teresa d’Asburgo: Maria Antonietta e Maria Carolina. La prima va in sposa a Luigi XVI, nella corte francese, la seconda sposerà Ferdinando IV di Borbone. Ecco il collegamento tra Parigi e Napoli: Maria Carolina manda continuamente emissari nella corte francese per scoprire e copiare le ultime tendenze nella moda e nella cucina e replicandola nella sua corte a Napoli. Ecco come la cucina partenopea viene "influenzata" dalla cucina francese, nasce il periodo della cucina dei "monzù" con i gattò, la besciamella, gli "sciù" e i gratin. Evidentemente era possibile replicare, anche se in modo diverso, lo stile francese in una grande città come Napoli, capitale del regno Borbone.

Nel 1836 il babà viene citato come dolce tipico napoletano nel primo manuale di cucina italiana scritto da Angeletti per Maria Luigia di Parma.

Da allora di strada ne ha fatta il babà, l'ultima evoluzione è il babà al limoncello o alla crema di limone nato a Capri. 


babà a funghetto o cappello da cuoco

La ricetta del Babà

Fare un babà non è semplice, che sia a torta o a funghetto l'impasto è lo stesso ed è un impasto ricco che richiede alcuni accorgimenti. Di ricette se ne trovano molte. 

Quella che ti propongo è la ricetta di Angela Frenda dal libro "Racconti di cucina". Ho confrontato lo scritto della Angela Frenda con la ricetta del taccuino della mia nonna, bravissima Babbaina, e devo dire che le ricette sono praticamente uguali, ma in quella di mia nonna manca il procedimento per la lavorazione, lei appuntava solo ingredienti e dosi, tutto il resto era a memoria e nella sua abilità.

A proposito viene chiamata Babbaina la signora che prepara in casa il babà.

Angela Frenda è molto chiara nei suoi passaggi, io ho solo diminuito, di pochissimo, la dose del lievito di birra usandone 25 g invece di 30 g, e sia la torta babà che i babà a funghetto o cappello da cuoco mi sono venuti perfettamente. 
Come da tradizione ho poi farcito con panna e frutta fresca.
Per la bagna... bhè a te la scelta se innovativa al limoncello o tradizionale al rum, ma se ci sono dei bambini anche solo nello sciroppo profumato con scorza di limone.

Ma ora mettiamoci ad impastare.


Ingredienti per 8/10 persone

Per l'impasto

  • 500 g di farina forte
  • 150 g di burro
  • 70 ml di latte 
  • 40 g di zucchero semolato
  • 25 g lievito di birra fresco
  • 8 uova (440 g di uova)
  • 10 g di sale fino
  • una bacca di vaniglia
Per la bagna
  • 1 litro e mezzo di acqua
  • 500 g di zucchero
  • 150 ml di rum (o limoncello, o quello che si preferisce)
  • scorza di limone (facoltativa)

Per la decorazione
  • Panna montata
  • Fragole 

Procedimento

Setaccia la farina e inseriscila nella ciotola della planetaria con il sale. 

Aggiungi un uovo alla volta e aziona la planetaria.

Versa il lievito sciolto nel latte e continua a lavorare fino a quando l'impasto si staccherà dalle pareti della ciotola.

Mescola i semi di una bacca di vaniglia con lo zucchero e il burro morbido e uniscilo all'impasto, amalgama bene.

Copri la ciotola con pellicola alimentare e lascia lievitare l'impasto al fresco per un'ora.

Versa l'impasto in uno stampo tondo fino a metà (per la forma grande) o negli stampini per mini babà, e lascia lievitare per due ore circa.

Cuoci il babà grande in forno statico preriscaldato a 170° C per 40 minuti, per i mini babà per 20-30 minuti.

Prepara la bagna con uno sciroppo di acqua e zucchero, quando l'acqua bolle aggiungere il rum e spegni.

Fai raffreddare ul babà e bagnalo a più riprese. 

Completa decorando con panna e fragole.


babà torta

P. S. Le ceramiche artistiche sono opera di mia zia Lucia.

8 agosto 2023

Storia e ricetta del Soda Bread

Storia e ricetta del Soda Bread

soda bread pagnotta

Il Soda Bread o Irish Soda Bread è il pane della tradizione irlandese, il simbolo della tavola irlandese. 

È il pane più semplice che ci sia dall'aspetto rustico, la sua particolarità è quella di essere senza lievito di conseguenza non necessita di tempi di lievitazione: si impasta, si dà la forma e si cuoce. Una ricetta davvero facile e veloce.

Lo si può realizzare sia con farina bianca che con la farina integrale.

Si presenta con la crosta croccante e la mollica molto compatta, la sua consistenza particolare è il risultato della reazione del latticello con il bicarbonato di sodio che forma delle piccole bolle di anidride carbonica nell'impasto.

Il soda bread andrebbe mangiato tiepido appena sfornato, o leggermente tostato. È buonissimo con burro e marmellata, ma anche per fare la scarpetta perché assorbe benissimo gli intingoli.

È da consumare nel giro di pochi giorni perché tende ad asciugarsi facilmente, ma si può conservare per qualche giorno in un sacchetto per il pane o surgelarlo tagliato a fette.


Storia del Soda Bread

Il Soda Bread è il pane delle nonne irlandesi, fortemente legato alla cultura dell'isola e immancabile nella Festa di San Patrizio.

Però questo pane, attribuito agli irlandesi, in realtà è stato creato per la prima volta dai nativi americani. Si hanno reperti storici documentati che sono stati proprio loro i primi a usare una specie di bicarbonato di soda naturale ricavato dalle ceneri del legno per far lievitare il pane. 

Tuttavia si deve agli irlandesi il merito di promuovere e diffondere il consumo del soda bread realizzando per la prima volta un pane, simile a quello che conosciamo ora, nell'Ottocento, con l'introduzione del bicarbonato. Il soda bread fu la risposta alla grande carestia, e depressione economica di metà '800, che la popolazione visse e che li costrinse a una cucina umile e di recupero. In particolare gli irlandesi si ritrovano con le coltivazioni di patate, loro alimento principale, distrutto a causa di un'infestazione di peronospora, così dovettero concentrarsi sul pane come unico sostentamento fondamentale. Un pane dall'aspetto rustico ma saporito, realizzato con ingredienti di facile reperibilità ed economici, è facile, veloce e pratico da preparare, non richiede di lievitazione e la pagnotta veniva cotta direttamente su una pasta posta sul fuoco. 

Il soda bread ha resistito nel tempo tanto da diventare ricetta tradizionale irlandese. Non solo esiste anche una Società per la conservazione del pane di soda irlandese, l'organizzazione si dedica alla protezione di questo patrimonio gastronomico nazionale.

Storia del bicarbonato di sodio

Il bicarbonato di sodio è una sostanza che si trova anche in natura dove si sono sedimentati i depositi dei laghi salati dopo l'evaporazione. 

Gli antichi Egizi usavano un minerale, chiamato "natron" e veniva usato per produrre sapone, per tingere e pulire i tessuti, per la fabbricazione del vetro, come ingrediente per i cosmetici e veniva usato durante il processo di mummificazione. Il nome passò ai Greci e ai Romani che lo modificarono in natrium, da cui poi la sigla "Na" che contraddistingue il sodio nella tavola degli elementi. I Romani lo usavano per lavare il bucato e nella preparazione di unguenti. Nel corso dei secoli continuò ad essere usato per la pulizia e per la cura di molti disturbi, tra cui quelli della pelle e i denti.

Ma dovremo attendere fino alla fine del Settecento quando il medico e chimico francese Nicholas Leblanc brevettò per la prima volta il bicarbonato a partire dal sale marino (cloruro di sodio) con un procedimento che richiedeva due passaggi. Il metodo era complicato e pericoloso perché avveniva ad elevate temperature e produceva residui tossici.

Nel 1861 Ernst Solvay depose il brevetto "Fabbricazione industriale del carbonato di sodio a partire da sale marino, dall'ammoniaca e dall'acido carbonico", più comunemente noto come processo SolvayIl chimico belga scopre che qualcosa di simile era già stato fatto decenni prima ma con esiti non apprezzabili anche a causa degli elevati costi. Il metodo Solvay era meno pericolo, più economico e soprattutto non produceva residui nocivi. E mentre altri studiosi cercano di replicare i risultati di Ernst senza però riuscirci, lui, insieme al fratello, fonda la Solvay & Cie nel 1863

Seguì l'ennesima svolta nella storia del bicarbonato Austin Church, medico americano che insieme all'imprenditore John Dwight sviluppò l'azienda che per prima lo promosse in America con il marchio Are&Hammer.

Il bicarbonato di sodio ha moltissimi usi e proprietà, è ecologico ed economico, e viene impiegato non solo in ambito domestico ma anche industriale.


La ricetta Soda Bread e la croce scaccia spiritelli


Ma torniamo all'Irlanda, al pane e alla sua ricetta.
La fame, finalmente, finì. Il soda bread, però, è rimasto, più o meno fedele alla tradizione, come simbolo simbolo di un popolo orgoglioso. 

Farina, latticello, sale e bicarbonato sono gli ingredienti tradizionali della ricetta, tramandata di generazione in generazione in ogni famiglia. I panifici contemporanei non hanno perso l’occasione per rivisitare il prodotto, così come cuochi e appassionati. Per cui possiamo trovare il soda bread arricchito con un uovo nell'impasto o con dei fiocchi d’avena sulla superficie.
Anche per la scelta della farina possiamo avere un soda bread con farina bianca, o integrale. 
In origine la cottura avveniva su una piastra rotonda messa direttamente sulla fiamma, ora si usa il forno. 

Ma a dispetto dei cambiamenti o personalizzazioni la forma della pagnotta rimane sempre la stessa: tonda con una croce in superficie, un’usanza comune in passato, una delle tante superstizioni legate al cibo, secondo la quale la croce allontanerebbe gli spiriti maligni che altrimenti si siederebbero sull’impasto.



Ingredienti
  • 500 g di farina per pane
  • 5 g di bicarbonato di soda per uso alimentare 
  • 5 g cucchiaino di sale 
  • 400 ml di latticello
Procedimento

Preriscalda il forno a 200° C.

Mescola tutti gli ingredienti secchi in una ciotola capiente.

Unisci il latticello e amalgama fino ad ottenere una pasta un po' appiccicosa. 

Trasferisci il composto sul piano di lavoro infarinato e forma una palla che schiacci leggermente con il palmo della mano. 

Sistema l'impasto in una teglia rivestita con carta forno, incidila con un taglio a croce profondo fin quasi alla base, spolverizza con farina la superficie. 

Inforna e cuoci il soda bread per circa 30 minuti, o fino a quando sarà cotto (dovrà essere di un bel colore dorato e battendo la base con le nocche si deve sentire un rumore sordo). 

Lascia intiepidire su gratella. 





15 luglio 2023

Melktert

Melktert

melktert, crostata con crema al latte alla vaniglia, spolverata di zucchero e cannella


La Melktert (mɛlktɛt) in afrikaans significa “torta al latte”, è un famoso dolce sudafricano. 

Insieme a Gabriella Rizzo di Homeworkandmuffin, per il progetto #frameofbreak, abbiamo preparato delle ricette sudafricane per il Mandela Day, la giornata mondiale per onorare, nel giorno della nascita, la vita e il lavoro di Nelson Mandela. La sua storia è leggenda tanto da ispirare libri e film sulla sua vita e la sua attività. Mandela è stato il primo presidente nero della Repubblica Sudafricana e La sua attività politica è stata molto rilevante: per tutta la vita si è battuto per i diritti dei neri in Sudafrica, passando per questo un totale di 27 anni in prigione. Fu una figura determinante per la fine dell’Apartheid, il sistema di segregazione razziale sudafricano. Per il suo impegno ha ricevuto un Nobel per la pace nel 1993. Dopo la presidenza del Sudafrica (1994-1999) Mandela continuerà ad essere un attivista per la giustizia sociale in tutto il mondo.

Gabriella ha preparato koeksister, deliziose frittelle e oltre che di Mandela e del suo operato ci parla anche di una cantante sudafricana nota, oltre che per la sua voce, anche per aver lottato contro il regime dell’apartheid: Miriam Makeba.

Parlando di Sudafrica la mia mente è subito andata a una mia lettura d’adolescente: "Il grido del Kalhari", di Mark e Delia Owens. Gli autori sono due naturalisti americani con la passione per la zoologia che lasciano tutto per trasferirsi a studiare gli animali nel loro ambiente naturale, nel deserto del Kalhari appunto, e vi rimarranno per ben 7 anni. Il libro scritto come un loro diario racconta dettagliatamente questa loro esperienza.

Ho poi scoperto recentemente che anche un libro per ragazzi della serie Tea Sisters parla del Sudafrica e riporta la ricetta della melktert: infatti una delle protagoniste, Pam, ha la passione della cucina e in ogni libro si troveranno riferimenti gastronomici.

fetta di melktert, crostata con crema al latte alla vaniglia, spolverata di zucchero e cannella


Melkert: storia e ricetta


La melktert è uno dei dolci più diffusi, presente nelle sale da tè e nelle pasticcerie sudafricane. La torta è formata da un croccante guscio di frolla che racchiude un goloso e cremoso ripieno a base di latte, farina, zucchero e uova. 

Assomiglia al dolce tipico portoghese pastel de nata, differendo nella consistenza più leggera e un più intenso profumo di latte. 

Le origini del dolce sono da ricercare nei coloni olandesi del XVII secolo. Ma questo non dovrebbe stupirci, infatti il Sudafrica  è “un paese che contiene un mondo intero” grazie alla coesistenza di molte culture, quella indigena locale e quella dei coloni, che si mescolano tra loro. Anche la cucina non è immune da questa fusione e viene chiamata rainbow cuisine (cucina arcobaleno) proprio grazie alle varietà e alle influenze multietniche e culturali.

Tessa Kiros nel suo libro “Falling Cloudberries”, un libro di ricette e memorie, racconta le sue esperienze di vita attraverso il cibo in giro per il mondo. Ai suoi ricordi d’infanzia del Sudafrica dedica un intero capitolo e naturalmente parla della melktert e ne scrive la ricetta.

La torta è legata alla tradizione popolare, è un dolce a basso costo con ingredienti di facile reperibilità. Risulta molto dolce e piacevolmente speziato con un ripieno vellutato e la consistenza di un budino al latte racchiuso in un guscio croccante. È perfetta in ogni momento della giornata: per una consistente colazione, un fine pasto, per una merenda o con un tè, magari un tè Roobois (un tè rosso africano), volendo anche aromatizzato.

Ingredienti 

Per la pasta:

  • 230 g di farina per dolci
  • 100 g burro freddo a cubetti
  • 100 g zucchero semolato
  • 1/2 cucchiaino lievito in polvere
  • 1 uovo 
  • 1 presa di sale

Per il ripieno

  • 750 ml latte
  • 75 g burro
  • 3 tuorli
  • 3 albumi
  • 100 g zucchero
  • 30 g frumina (o un altro amido)
  • semi di una bacca di vaniglia

Per decorare

  • 1 cucchiaio di zucchero semolato 
  • cannella in polvere


Procedimento


Comincia a preparare la pasta.

In una ciotola capiente metti burro e zucchero, lavorali con un cucchiaio di legno finché non diventa un composto soffice.

Aggiungi la farina setacciata con il lievito e il sale, impasta con la punta delle dita fino ad avere un composto sabbioso.

Unisci l’uovo leggermente sbattuto lavora il composto per amalgamare tutti gli ingredienti, forma una palla leggermente schiacciata.

Avvolgi l’impasto nella pellicola alimentare e mettila in frigorifero a riposare per un’ora.

Preriscalda il forno a 180° C.

Stendi la pasta con un mattarello su una superficie di lavoro infarinata.

Rivesti una tortiera da 26 cm di diametro.

Bucherella la pasta con i rebbi di una forchetta, copri con carta forno e inserisci dei pesi per procedere con la cottura in bianco per 20 minuti. 

Trascorso il tempo togli i pesi e la carta forno e fai asciugare il guscio in forno per altri 10 minuti.

Procedi a preparare il ripieno.

Sciogli il burro nel latte a fuoco moderato.

Sbatti i tuorli con lo zucchero.

Incidi una bacca di vaniglia, raschiane i semi e aggiungili alle uova sbattute.

Unisci anche l'amido e mescola bene con una frusta.

Aggiungi un po’ di latte caldo alle uova, mescolando per non farle impazzire.

Unisci il resto del latte e mescola fino a che non è tutto omogeneo; quindi lascia raffreddare.

Monta gli albumi a neve, e poi uniscili, in più riprese, mescolando con una frusta al composto di tuorli ormai freddo: deve venire una consistenza tipo mousse.

Versa il ripieno nella guscio della crostata, spolverizza la superficie con zucchero e cannella, inforna per 30 minuti in forno preriscaldato a 180° C.

Una volta pronto sforna, lascia raffreddare completamente e servi con una spolverata di cannella extra.

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