Crème brûlée di Michel Paquier

Crème brûlée di Michel Paquier

Crème brûlée di Michel Paquier

Crème brûlée

Sono secoli che delizia i palati dei golosi, e non perde terreno. Morbida, densa, profumata alla vaniglia, si nasconde sotto un velo croccante e caramellato. È facile da fare, ma per raggiungere la perfezione bisogna avere qualche attenzione in più. Un dolce che racchiude nella sua semplicità diverse consistenze e temperature e coinvolge tutti i sensi. Ma prima di passare all’esecuzione, un po’ di storia…
La pasticceria francese ne rivendica i natali, ma secondo alcuni le origini della crème brûlée sono, sorprendentemente, inglesi. Nel 1691, nel libro di cucina “Cuisinier royal et bourgeois” di François Massialot, appare una prima referenza a una crème brûlée (letteralmente crema bruciata); nel 1740, però, lo stesso Massialot si rifà a una ricetta simile che chiama crème à l’Anglaise (crema alla maniera inglese), creando confusione.
Nel contempo, intorno al 1870 a Cambridge viene servito al famoso Trinity College un dolce molto simile alla crème brûlée chiamato Trinity cream, che ha lo stemma del college impresso a fuoco sulla superficie caramellata.
Aumenta la confusione l’esistenza della crema catalana, dolce della Catalogna, anch’esso molto somigliante alla crème brûlée, la cui superficie è ugualmente caramellata. Le differenze sono che la crème brûlée viene, normalmente, cotta a bagnomaria e prevede la panna tra gli ingredienti, mentre la crema catalana è fatta con latte intero. Inoltre, per ottenere una perfetta crème brûlée bisogna caramellare lo strato di zucchero con un cannello a gas (noto anche come lanciafiamme da cucina), mentre per la crema catalana si usa l'apposito “ferro per cremar” o ferro per caramellare, un disco in ghisa arroventato con un lungo manico.
Lascio nel mistero l’origine del dolce, e passo al concreto con la preparazione. Seguirò la ricetta del pasticcere bretone Michel Paquier, deliziosa, profumatissima e molto ricca, il quale, forse, semplifica la cottura. Ma prima di svelare i segreti del pasticcere ecco alcuni consigli per una buona riuscita della crème brulée:
  1. nella preparazione fondamentale è la cottura per la quale si dovranno scegliere degli appositi stampini monoporzione in ceramica bassi e larghi (quello ideale ha un diametro di 11-12 cm e un’altezza di 3 cm). Il motivo per questo tipo di stampo è per avere una cottura veloce e uniforme, che con una cocotte non si avrebbe, inoltre offre una superficie più ampia per caramellare la superficie, che poi è la caratteristica del dolce stesso la crosticina croccante.
  2. Usare solo i tuorli per avere una crema morbida e allo stesso tempo ricca e cremosa. L’albume conferirebbe una consistenza solida e non sarebbe una crema…
  3. Filtrare, o almeno passare al colino, per avere un composto setoso e liscio,molto liscio.
  4. Normalmente la crème brûlée viene cotta in forno a bagnomaria, suddivisa in stampini messi in una teglia con acqua fino a metà della loro altezza per garantire una consistenza liscia come la seta (l'acqua che avvolge gli stampi trasmette il calore più dolcemente e in modo uniforme). In questa fase bisogna fare molta attenzione a non far bollire mai l’acqua per evitare che qualche goccia d’acqua vada nella crema rovinandola. Un trucco per evitare il disastro è avvolgere il fondo e i lati degli stampini con fogli di alluminio quadrati: l’eccesso di alluminio che si alzerà tutt’intorno agli stampi fungerà da effettiva barriera contro eventuali schizzi, in cottura e nel trasporto. Oppure, meglio ancora, si seguono istruzioni del pasticcere Paquier… molto più semplice.
  5. Di solito si consiglia di usare solo lo zucchero bianco semolato, in quanto i piccoli granuli caramellano in fretta, evitando che con il calore intenso del cannello a gas lo zucchero si bruci troppo e che il budino si sciolga. Inoltre, il colore bianco dello zucchero che prende una tinta dorata con il calore è un ottimo strumento di misura del processo di caramellizzazione. Il colore marrone dello zucchero di canna rende più difficile rendersi conto del punto di caramellizzazione, con il rischio di eccedere con la fiamma.
  6. Si sconsiglia di caramellare la crema sotto il grill in quanto non si otterrà quella crosticina liscia e croccante, intensamente ambrata che caratterizza questo dolce e che ogni goloso adora rompere con il cucchiaio. Inoltre, per quanto si faccia attenzione, bastano pochi secondi sotto il grill per bruciare lo zucchero.
Nella lista dei consigli, per quanto riguarda il punto 5 io ho trasgredito, ho usato zucchero di canna integrale della varietà demerara, quello più chiaro e delicato. Ho usato proprio solo un cucchiaino cosparso sulla superficie della crema, che avevo tenuto in frigorifero, in questo modo usando il cannello ho ottenuto la crosticina tipica del dolce e non ho scaldato la crema.
Per coloro che vogliono qualcosa di diverso, maggiormente aromatizzato, si può aggiungere al composto un cucchiaino di nota alcolica preferita o altre spezie…
E dulcis in fundo ecco la ricetta di Michel Paquier… provatela è una vera delizia, una coccola in tutti i sensi e per tutti i sensi…

Crème brûlée

Ingredienti
  • 250 ml di panna fresca liquida
  • 250 ml di latte (possibilmente intero)
  • 6 tuorli bio
  • 70 gr di zucchero semolato
  • 1 bacca di vaniglia (io del Madagascar)
  • zucchero di canna (io ho usato un cucchiaino della varietà demerara) q.b.
In una casseruola porto a bollore il latte, la panna e i semini della bacca di vaniglia e l stessa bacca aperta.. In una ciotola mescolo con una frusta i tuorli con lo zucchero. Attenzione che non devono diventare spumosi o montarli. Levo la bacca di vaniglia dal latte e panna bollenti. In due volte verso i liquidi sulle uova con lo zucchero, e sempre a mano mescolo con una frusta. Verso poi il composto ottenuto, filtrandolo con un colino, negli stampi da crème brûlée, riempiendoli a due-tre cm (in realtà io li ho riempiti un po’ di più, così ho prolungato la cottura in forno). Cottura in forno ventilato a 100° C per circa 20 minuti. Far raffreddare e poi tenere in frigorifero. Prima di servire cospargo la superficie con lo zucchero di canna integrale e con il cannello la scaldo per ottenere quella crosticina croccante e ambrata, ambrata scura, anche qui attenzione a non caramellare troppo lo zucchero che diventa amaro. Non resta che servire…

Angel food cake... stregata...

Angel food cake... stregata...

Angel food cake... stregata...


L’ Angel cake fa la sua prima comparsa in un ricettario di cucina nel 1839, il “The Kentucky Housewife” di Lettice Bryan, aprendo il filone delle torte senza burro. Successivamente, nel 1878, verrà presentata anche in un altro libro di cucina: “The Home Messenger Book of Tested Recipes” di Isabella Stewart che prevedeva di usare ben 11 albumi d'uovo. Dalla metà dell'Ottocento in poi l’angel food cake è entrata di diritto tra i dolci tipici della cucina statunitensi ed è anche una delle torte più ricercate sul web. Fatta solo di albumi, zucchero, poca farina e aromi, da non confondere con altre preparazioni simili tipo angel cake britannica o chiffon cake in cui i grassi sono presenti e anche uova intere. E’ un dolce adatto agli intolleranti del lattosio, latticini e derivati in quanto ne è completamente priva. Proprio per questo, e perché è completamente senza di grassi, spesso il suo nome viene associato all'aggettivo light... anche se l'esser composta per circa il 40 % di zucchero non so quanto sia corretto questo aggettivo light... Alta e soffice, bianchissima dentro e dorata fuori, ha l’aspetto rustico delle torte americane. Il fatto di essere ariosa e straordinariamente fluffy, le è valso l’appellativo di “cibo degli angeli”.
Di sicuro questo dolce è utilissimo per riciclare l’avanzo di albumi di altre preparazioni. 
La versione di Luca Montersino punta tutto sull’aromaticità dell’arancio, io modifico aromatizzando con limone, vaniglia e liquore Strega. Quindi via libera al proprio gusto e fantasia. Quello che trovo molto utile sono i suggerimenti del maestro per realizzare questa dolce, che di seguito riporto:
1. Gli albumi devono essere privi di qualsiasi traccia di grasso.
2. La ciotola della planetaria dev’essere pulita e asciutta.
3. Portare gli albumi a 45° garantisce che il composto monti inglobando molta aria e resti soffice dopo la cottura. Certo potete evitare questo passaggio ma prima di montarli sinceratevi che siano a temperatura ambiente.
4. Tagliate la torta con un coltello seghettato dalla lama dritta perché il taglio netto verso il basso tende a comprimerla anziché affettarla. Per un taglio ottimale potete usare il coltello elettrico.
5. Potete variare a vostro piacimento gli aromi.
6. Per la riuscita di questo dolce è indispensabile uno stampo da angel food cake, da circa 25 cm di diametro. Se più piccolo la torta verrà più alta. Essenziale è che non sia antiaderente.
L’Angel food cake di Luca Montersino è deliziosa accompagnata da una coulis di frutti rossi o fragole non zuccherata.Ma liberissimi di decorare a piacere anche con ganache, glasse, frutta e creme… o semplicemente con zucchero a velo.
Questo è un dolce che conquisterà nella sua semplicità, si scioglie in bocca, morbidissimo e profumato… una soffice e leggerissima profumata nuvola per una piacevole pausa…

Ingredienti
  • 360 g albumi
  • 150 g zucchero (prima dose)
  • 150 g zucchero (seconda dose)
  • 5 g cremore tartaro
  • 150 g farina debole
  • scorza grattugiata di un’arancia ( io ho usato limone)
  • 12 gr di Grand Marnier (io ho usato 10 gr di Strega)
  • 2 g sale
  • polpa di 1 bacca di vaniglia o 1/2 cucchiaino da caffè di vaniglia in polvere

 

Per realizzare l’ Angel food di Luca Montersino, accendo il forno in modalità statica a 175° C.
In una ciotola (non quella della planetaria) setaccio la farina, il sale, la prima dose di zucchero, lo zest di arancia (io limone) e la vaniglia, e metto da parte.
Metto la ciotola della planetaria con gli albumi a bagnomaria sul fuoco, e li scaldo fino a 45° C mescolando continuamente con una frusta. Non mi fermo mai altrimenti gli albumi si cucineranno attaccandosi alle pareti.
A temperatura raggiunta levo la ciotola dal bagnomaria e le aggancio nella planetaria inserendo la frusta a fili. Monto gli albumi a velocità media. Quando inizieranno a schiumare parecchio (non dovete vedere la parte liquida), inizio a versare gradualmente la seconda dose di zucchero ed il cremore tartaro.
Quando avrò ottenuto una meringa soda, lucida e bianchissima, levo la ciotola dalla planetaria e aggiungo le polveri setacciate aiutandomi con una spatola. Eseguo un movimento dal basso verso l’alto tenendo la ciotola leggermente inclinata. É essenziale che le polveri vengano miscelate evitando di smontare il composto.
Se si gradisce aromatizzare con una nota alcolica unirlo ora al composto. Io ho unito 10 ml di Strega, e incorporo dando qualche altro giro di spatola. Distribuisco poi in modo omogeneo il composto dentro lo stampo (per una migliore riuscita ci si può aiutare con una sac à poche). Metto lo stampo in forno e cuocere per circa 30 minuti. Prima di estrarre la torta faccio la prova con un bastoncino. Dev’essere dorata in superficie e uniformemente gonfia.
A cottura ultimata estraggo lo stampo dal forno e lo capovolgo subito su un ripiano. Questo eviterà che il composto si afflosci. Quando sarà freddo, rigiro lo stampo e passo un coltellino sottile o un bastoncino intorno al bordo dello stampo per fare in modo che  il dolce si stacchi. Sollevo quindi il dolce e rimuovo sempre con lo stesso metodo la base dello stampo.
Appoggio l’Angel food cake su un’alzata o un piatto e decorare a piacere prima di servire… io spolvero semplicemente con zucchero a velo.

Tarte tatin alle pere con crema chantilly al gorgonzola

Tarte tatin alle pere con crema chantilly al gorgonzola

Tarte tatin alle pere con crema chantilly al gorgonzola


Nuova sfida con tre ingrdienti: pere, pasta brisèe e gorgonzola. Primo pensiero è ovviamente una quiche o qualcosa di salato... poi un’idea insolita prende forma e mi solletica. Condivido il mio pensiero senza spiegarlo appieno con i miei volontari assaggiatori. L’idea chiamata “lo famo strano” piace e viene incentivata. Così eccomi qui a miscelare ingredienti seguendo un'ispirazione. In realtà è una ricetta che si presta a diverse sfumature. Come base ho voluto provare una pasta brisèe vegetale all’olio, ma nulla vieta di usare una brisèe classica o di comprarla già pronta. Questa è la base della più classica delle torte upside down, ossia rovesciate: la tatin. Al posto delle mele userò le pere qualità williams. La tarte tatin vorrebbe essere accompagnata da una crema, un gelato alla vaniglia o la classica chantilly (intesa come panna), e così anche questa tatin verrà servita con una crema, una particolare crema chantilly (quindi panna e crema pasticcera insieme, all'italiana) al gorgonzola. Per quanto riguarda la dose di gorgonzoa dolce da usare io ne ho messo un bel 100 gr, volevo che si sentisse, ma se si preferisce un sapore più delicato si può tranquillamente ridurre la quantità da un minimo di 40 gr a salire... basterà assaggiare e seguire il proprio gusto. Se siete incuriositi non vi resta che provare, anche solo per stupire con qualcosa di diverso... In fondo, come cita il detto popolare, “al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”... e qui abbiamo tutto, ma rivisitato.

Ingredienti
  • 250 g farina tipo 1
  • 120 g di acqua
  • 80 g di olio d’oliva dolce
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • 1 kg di pere williams
  • 200 g di zucchero integrale demerara
  • succo di un limone
  • 15 g di acqua
Per crema chantilly al gorgonzola
  • 250 g di latte fresco 
  • 20 g di frumina (o farina)
  • 2 tuorli d’uovo
  • 100 gr di gorgonzola dolce
  • zeste di limone (o vaniglia)
  • 1 pizzico di sale
  • 15 g di miele d’acacia
  • 200 g di panna fresca da montare
  • 50 g di zucchero a velo
Impasto la farina con il sale e l’olio, aggiungo acqua quando l’impasto comincia a formare grosse briciole, poco alla volta fino a quando non si forma un impasto liscio e sodo. Faccio raffreddare in frigorifero per 30 minuti prima di stenderla.
Pulisco le pere, le taglio a spicchi e bagno con succo di limone.
Scaldo il forno a 180° C.
Metto lo zucchero con un cucchiaio di acqua in una casseruola e faccio caramellare, unisco poi le pere a far insaporire bene, bagno con succo di limone e aggiungo una noce di burro. Faccio cuocere e caramellare le pere per qualche minuto. Trasferisco poi le fette di pere sul fondo di una tortiera imburrata. Faccio ritirare un po' la salsa di caramello che verserò poi sulle pere. Stendo la pasta e ricopro le pere. Bucherello la brisèe con una forchetta e metto in forno per circa 20-30 minuti. Quando la torta sarà pronta la lascio intiepidire nello stampo per 10 minuti, in questo modo il caramello si rapprende un po’, dopodichè la sforno sul piatto di portata.
Per la crema chantilly porto a ebollizione il latte con zeste di limone. Sbatto i tuorli con il miele, unisco la frumina e il pizzico di sale. Aggiungo poco alla volta il latte, stempero bene, riporto in cottura a fuoco dolce per circa 8 minuti. Levo dal fuoco, aggiungo il gorgonzola, amalgamo bene e faccio raffreddare. Monto la panna con lo zucchero a velo e delicatamente la unisco alla crema pasticcera.
Servo la tarte tatin tiepida accompagnata con la crema chantilly al gorgonzola.

Poffertjes, frittelline olandesi dolci

Poffertjes, frittelline olandesi dolci

Poffertjes, frittelline olandesi dolci

Poffertjes

Nuova settimana, nuove colazioni… sempre diverse anche se sempre frittelle… stavolta si va in Olanda con i poffertjes. Questi sono dei dolcetti simili ai pancakes, ma più dolci, spessi e soffici grazie alla presenza del lievito, inoltre andrebbero cotti in un’apposita padella dotata di piccoli incavi (i pan) la poffertjespan (foto sotto), come quella usata per gli apple spice ebelskivers , ma in mancanza si può usare una padella antiaderente. E’ sufficiente mettere un cucchiaio di impasto sulla superficie leggermente unta della padella e girarli con una forchetta quando il bordo esterno si è cotto un po’ e le bolle sono venute a galla. Il loro nome deriva dal modo in cui questi piccoli pancake si muovono una volta girati: si gonfiano (puff up), e prendono la caratteristica forma a sbuffo durante la cottura. Questo “dolce” ha antiche origini, si narra che una ricetta dei poffertjes (o conosciuti anche come bollebuisjes o broedertjes) apparve per la prima volta su un libro di ricette a metà del 1700. All’epoca era considerato un cibo per poveri, fatto esclusivamente con farina di grano saraceno, acqua e lievito, servito con burro e zucchero, forniva una buona dose di energia e riempiva la pancia. Successivamente la ricetta si raffinò e si cominciò ad usare farina di grano, uova, latte, ma rimase il lievito per dare la loro forma “paffuta, gonfia”.
Altri nomi con i quali possono essere conosciuti sono: puffard, puffet, bollebouches
Ho cercato molto la ricetta originale, e ho trovato molte varianti. Sono andata anche su siti olandesi e quella che mi è sembrata la più fedele alla tradizione è quella che ho provato e che vi propongo. Non sono però riuscita a capire il tipo di lievito impiegato, alcuni usano lievito di birra (fresco o secco), altri lievito per dolci, ho anche trovato una ricetta in cui si usa della pasta madre rinfrescata. Nel dubbio ho provato a farne un tipo con cremore di tartaro (o lievito per dolci) e bicarbonato di sodio e una versione con il lievito di birra usando stessa dose del lievito per dolci e togliendo il bicarbonato di sodio. Per quanto riguarda le dosi del latte, anche in questo caso non ho trovato indicazioni precise, siccome molto dipende dalle scelta delle farine da usare e le loro specifiche caratteristiche, consiglierei di essere un po’ flessibili e di andare un po’ a occhio: io ad esempio, ho usato una farina di tipo 1, che vuole molta idratazione, così ho aumentato la dose di latte a 300 ml, deve venire una pastella ben amalgamata non troppo liquida, ma nemmeno dura spessa, fluida e va lasciata riposare coperta con pellicola alimentare al caldo. Per la cottura spennello gli incavi della padella con poco burro e mi aiuto a dosare la pastella con un colino dosatore, ma si può usare un cucchiaio o una sac à poche, se si preferisce. Per girare le frittelle, quando cotte da un lato, io mi sono aiutata con una forchetta o un coltello spalmatore: faccio scivolare da un lato e rigiro delicatamente in modo che entri di nuovo nel suo incavo e completi la cottura e assuma quella caratteristica forma sferica. Una volta pronte metto su piatto e procedo con le altre. Ovviamente un pochino si sgonfieranno, ma restano comunque buffe e invitanti… per i bimbi un po’ un cibo magico…
Ho servito per colazione con della crema spalmabile alla nocciola (alias in casa “cioccolella”) e zucchero a velo, ma si può servire con quello che si preferisce. Tradizionalmente queste frittelline sono ricoperte di zucchero a velo e burro fuso, e non possono mancare nei giorni di festa nazionale, ai festival estivi e in occasione di altre ricorrenze olandesi. Provatele sono buone, belle e molto sfiziose…

Ingredienti
  • 250-300 ml di latte tiepido caldo
  • 3/4 di cucchiaino di cremore di tartaro (lievito per dolci), o lievito di birra (in questo caso omettere bicarbonato)
  • 1/2 tsp di bicarbonato
  • 2 uova bio medio grandi
  • 250 g di farina di frumento (tipo 1 o 0)
  • 1/2 cucchiaino di sale
  • burro per ungere la padella
  • zucchero a velo etc...
Sciolgo il lievito con il latte tiepido caldo. In una ciotola mescolo la farina con le uova e poco alla volta unisco il latte. Lavoro bene con una frusta in modo da non formare grumi, quindi aggiungo il sale. Copro l’impasto e lascio riposare per circa 45 minuti o un’ora affinché possa lievitare. Scaldo la padella, ungo spennellando con del burro e verso una dose di impasto in ogni incavo per circa 3/4, in cottura gonfieranno. Non appena compaiono delle bollicine in superficie giro i poffertjes con una forchetta o un coltello spalmatore. Una volta cotto anche altro lato adagio su un piatto e procedo con la cottura degli altri poffertjes
Se si vuole essere fedeli alla tradizione olandese servire ricoperti di zucchero a velo e una noce di burro. 
Io ho decorato con crema alla nocciola spalmabile (la “cioccolella”) e zucchero a velo. Ma sono buonissimi con sciroppi, semplicemente con zucchero, miele… insomma quello che si preferisce, si può essere anche creativi e usarli come base per frutta fresca e panna… colazione o dessert… fate voi…

poffertjetspan
poffertjespan

Drip Molly chocolate Cake, con crema di marroni, chantilly e ganache cioccolato fondente...

Drip Molly chocolate Cake, con crema di marroni, chantilly e ganache cioccolato fondente...

Drip Molly chocolate Cake, con crema di marroni, chantilly e ganache cioccolato fondente...

drip molly chocolate cake

In questi giorni sento che vorrei fare qualcosa di speciale, qualcosa di dolce per festeggiare. Penso a qualcosa tipo da cake design, una di quelle belle torte molto scenografiche e decorate… anche se io, confesso, in questo campo ho tanto, molto da imparare… ma perché non provarci? Mi ero appuntata tempo fa, su uno dei miei tanti biglietti volanti (capita anche a voi?), un nome: drip cake, ossia torta gocciolante. Così ecco fatta la mia scelta: farò una bella drip cake… non basta, questa torta deve essere alta, con più strati e venire decorata a piacere con ganache, glasse, costruzioni e a chi piace anche pasta di zucchero. Se poi uno vuole proprio seguire insegnamenti d’oltreoceano si esagera con frosting con crema al burro e pasta di zucchero. . Solitamente per questo tipologie di torte si usano impasti molto ricchi di burro, o dei pan di spagna da dover bagnare che però poi diventano un po’ instabili con peso e altezze. Sempre su uno dei miei tanti appunti trovo una ricetta che penso sia il giusto compromesso tra le due tipologie di torte di cui parlavo prima: la Molly Cake.
La Molly cake è un dolce molto semplice da realizzare, una torta alla panna fresca sofficissima che prende il nome dalla sua inventrice, Molly (alias Eleonora Coppini), una famosa cake designer. E’ una torta molto alta, sullo stile americano come la sponge cake o la madeira cake, che rappresentano la risposta oltreoceano al nostro pan di spagna, ma che hanno nell’impasto molto burro. Nella Molly cake i grassi del burro e dell’olio vengono sostituiti con della panna fresca montata che diventa così l’ingrediente principale e basilare, il fulcro che conferisce consistenza, sofficità e gusto alla torta; anche per questo motivo questa torta è conosciuta anche come "pan di spagna alla panna". Questo le permette di avere un interno piuttosto umido cosicché non necessita di essere bagnata e in questo modo non si rischiano deformazioni della torta stessa dopo averla farcita e decorata. La struttura soda e compatta la rende perfetta come torta per feste di compleanno, per realizzare le torte a piani e da farcire e decorare con la pasta di zucchero o con vari frosting. Ma questa torta è anche ottima, deliziosa, nella sua semplicità, al naturale senza troppe decorazioni, per colazione o per le merende, ai bambini piacerà molto, e non solo a loro. L'aroma della torta, come la maggior parte delle torte American Style è data dall'estratto di vaniglia, che profuma ed insaporisce l'impasto con delicatezza. Le Molly cake sono torte semplici da realizzare ma che danno grandi soddisfazioni: non si sbriciolano, non si deformano, pochi passaggi… se proprio si deve trovare un difetto credo l’insidia della cottura lunga e della torta alta.
Ho fatto la versione supergolosa delle Molly cake: quella al cioccolato, anzi al cacao, Una torta morbida, soffice e allo stesso tempo dalla consistenza compatta, umida e con un intenso sapore di cacao e molto profumata, che la rende particolarmente gradita ai golosi del cioccolato, siano essi grandi o piccoli. Come dicevo è una torta che anche mangiata nella sua semplicità è molto buona per una merenda o una colazione, ma tagliata e farcita è un vero spettacolo. Io ho abbinato al gusto del cacao e panna della torta una farcitura con crema di marroni alla vaniglia e della panna montata senza zucchero. Ho poi ricoperto tutta la torta con la stessa panna montata senza zucchero e infine ganache al cioccolato fondente, con questo ho cercato di dare l’effetto colatura (drip). Tocco finale delle violette candite di zucchero, quelle che profumano e di solito guarniscono i vassoi di marron glacé.
La Molly cake, in qualsiasi versione, si presta ad esser farcita con le creme e gli abbinamenti più golosi o azzardati, via libera alla fantasia e al proprio gusto. Però se si ama la semplicità e la leggerezza la si può servire semplicemente accompagnata con ciuffi di panna montata o a portarla in tavola accompagnata da una pallina di gelato alla vaniglia o alla fragola, o...
Non resta che provarla… qui da noi è piaciuta molto, l’abbinamento cacao, panna e crema di marroni è un po’ un classico, ma non volevo troppi ingredienti e volevo bilanciare e smorzare la dolcezza della crema di marroni. Il quantitativo di zucchero invece della torta viene mitigato dal cacao amaro, e 50 gr di cacao amaro son tanti… però guardate che bel colore… e che delizia… dolce senza essere stucchevole, una classica semplicità dai sapori autunnali per veri golosi… soprattutto di cioccolato…

drip molly chocolate cake fetta

Ingredienti
  • 200 gr di farina (io tipo 1)
  • 50 gr di cacao amaro
  • 250 gr di panna fresca da montare
  • 250 gr di zucchero
  • 3 uova bio
  • 1 bustina di cremore di tartaro (o lievito per dolci)
  • 1 pizzico di sale
  • 1 cucchiaino di estratto di vaniglia o vaniglia in polvere
  • burro
Farcitura
  • crema di marroni
  • 200 gr di panna
Ganache per drip
  • 50 gr cioccolato fondente (io al 72%)
  • 50 gr di panna
  • violette candite
Ho montato le uova con zucchero per almeno 15 minuti o fino a quando non ottengo un composto liscio, lucido e gonfio, il volume quadruplicato, come per un pan di spagna.
Setaccio la farina con il cacao, il lievito e un pizzico di sale e lo unisco in più volte, delicatamente alle uova montate. Monto la panna e delicatamente incorporo all’impasto, effettuando dei movimenti con la spatola dal basso verso l’alto. Ungo uno stampo a cerniera dal diametro di 18/20 cm e con i bordi molto alti e rivesto solo il fondo con carta forno. Diversamente, se i bordi non fossero alti, rivestire con la carta da forno anche il bordo facendo in modo che la carta sia più alta rispetto alla tortiera.  Verso il composto e inforno nel forno statico a 180°C per 50 minuti. Prima di sfornare faccio la prova stecchino. Una volta pronta giro la tortiera su una gratella per dolci per farla raffreddare e la lascio con lo stampo. Quando la torta è completamente fredda, tolgo lo stampo, la taglio in tre strati e la farcisco con crema di marroni e panna montata non zuccherata, la crema è già molto dolce. Uso lo chantilly anche come frosting e metto in frigo a raffreddare bene. Infine preparo la mia ganache per decorare con questo effetto colatura. Mi semplifico e velocizzo il processo: faccio a pezzetti il cioccolato fondente in una tazza, insieme metto la panna e poi uso il forno a microonde per scaldare sciogliere il tutto, potenza a 450 per pochi secondi alla volta, e tra un controllo e l’altro si mescola la crema. Una volta che il tutto si è sciolto, mescolo bene per amalgamare e rendere la ganache lucida. Con un cucchiaio, o meglio con una bocchetta o sac à poche, versare poco alla volta la ganache fluida sul bordo della torta per dare questo effetto colatura, poi ricopro la superficie per completare il tutto. Sistemo infine le mie violette candite e tengo in frigorifero. Tiro fuori la torta a temperatura ambiente almeno 30 minuti prima di servire.

Waffles in Bruges del maestro Gianluca Fusto

Waffles in Bruges del maestro Gianluca Fusto

Waffles in Bruges del maestro Gianluca Fusto

waffles in bruges

Il waffle è parente della belga gaufre. Le tradizionali piastre in ghisa per le gaufres, di varie forme e dimensioni, si tramandavano un tempo di madre in figlia o venivano donate come augurio di nozze felici. Io non lascerò la piastra, ne ho una da battaglia elettrica moderna, ma sicuramente sto tramandando le colazioni, quelle con la "C" maiuscola. Questa settimana è la volta della ricetta del maestro pasticcere Gianluca Fusto, tratta dal suo libro “Le mie 24 ore dolci”. Ho fatto il filo per due anni a questo libro, e ora dopo tanta attesa, finalmente è nelle mie mani. E’ un testo curioso, divide la sua giornata tra ricette dolci e salate, in alcune si trovano anche ingredienti molto specifici e chissà se ma riuscirò a provarle, resta però un bel libro con delle bellissime foto e per non professionisti (come dice il maestro), ma non per questo meno interessante da sfogliare con golosa curiosità. Tornando alla nostra colazione ce la gustiamo tranquillamente inebriandoci con il suo delicato profumo e assaporandone la consistenza esterna croccante e morbida dentro, che si scioglie in bocca, leggerissimi… Meritano di essere provati, per di più è una ricetta perfetta per usare gli albumi avanzati da altre preparazioni.

Ingredienti
  • 150 g di latte fresco intero
  • 90 g di burro
  • 130 g di farina
  • 6 g di cannella in polvere
  • 130 g di albumi
  • 3 g di zest di limone
  • 3 g di stecca di vaniglia (io ho usato poche gocce di estratto)
  • 2 g di fior di sale
In una casseruola scaldo il latte con la stecca di vaniglia (o l’essenza), lo zest di limone, il burro e il sale, poi spengo e lascio in infusione per almeno 10 minuti. Tolgo il baccello e lo zest di limone e verso poco per volta il latte caldo sulla farina, precedentemente setacciata insieme alla cannella. In una planetaria munita di gancio a foglia monto gli albumi a velocità moderata, aggiungo poco per volta lo zucchero, in modo da ottenere una consistenza perfettamente liscia e al massimo del suo volume. Amalgamo delicatamente i due impasti mescolando dal basso verso l’alto. Doso il composto con un mestolo e cuocio direttamente nell’apposita macchina o piastra per waffles. Servo con una spolverata di zucchero a velo e cannella o con panna leggermente montata, oppure farcire a piacere con quello che si preferisce.

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