Crumpet, pickelet, pancake anglosassoni

Crumpet, pickelet, pancake anglosassoni

Crumpet, pickelet, pancake anglosassoni

crumpets, pickelet


Il 21 Febbraio si festeggia il Pancake Day, l'equivalente del Martedì Grasso (Shrofe Tuesday), una festa religiosa che è diventata una celebrazione gastronomica anglosassone, e si festeggia sempre 47 giorni prima della Pasqua. 

È l'ultimo giorno prima della Quaresima, quando poi inizia "il digiuno" e nei paesi anglosassoni era vietato consumare uova, burro e latte, o almeno erano meno reperibili per il ceto meno abbiente e anche più deperibili. Così nel giorno precedente il mercoledì delle ceneri era possibile fare qualche sgarro e nasce il giorno dedicato alla gara dei pancake. Si preparano ovunque e si consumano in compagnia in un clima di convivialità.

Questa giornata era molto sentita in passato e ancora oggi lo è.

In passato, e per molti secoli, alle ragazza in Irlanda veniva concesso il pomeriggio libero per cucinare i pancake: le ragazze nubili (che erano in età da marito) avevano anche l'onore di rivoltare, far girare, il pancake direttamente nella padella, con il gesto tipico della frittata. Il responso era: se la ragazza riusciva a far girare alla perfezione il pancake senza rovinarlo e senza farlo cadere, si sarebbe sposata entro lo stesso anno.

In Scozia la tradizione nasce con la variante: all'interno dell'impasto si aggiungeva un piccolo portafortuna e chi, mangiando il pancake, lo trovava nella sua bocca era destinata a trovare ben presto la sua anima gemella.

A Londra si celebra la Pancakes Race, ossia la gara di frittelle: i concorrenti devono percorrere di corsa un breve tratto di strada tenendo in mano una padella con un pancake. I concorrenti indossano un grembiule da cucina e lungo tutto il percorso devono far saltare il pancake nella padella senza farlo cadere. Il primo che taglia il traguardo vince e nuovamente deve far saltare il pancake. 

La leggenda racconta che nel 1445 a Olney, nel Buckinghamshire, una signora stava preparando i pancakes in casa sua quando sentì le campane richiamare i fedeli in chiesa. La signora corse fuori così come si trovava, col grembiule e tenendo ancora in mano la padella con i pancakes che stava cucinando. Naturalmente i pancakes bruciavano ancora e lei per non bruciarsi e bruciarli (sembra un gioco di parole o uno scioglilingua) li faceva saltare per aria. Questa scena è rimasta scolpita e divenne famosa tanto da dare inizio alla tradizione della Pancakes Race.

Per non essere da meno, eccomi con le mie amiche Gioia e Gabriella a celebrare la ricorrenza nel nostro progetto #frameofbreak

Gabriella si dedica al mondo orientale preparando Dorayaki e parlandoci del libro "Le ricette della signora Tokue". 

Gioia si dedica al mondo americano con la storia e la ricetta dei loro pancakes, quelli con il lievito chimico (il baking powder). 

Per quanto riguarda me, resto nel mondo anglosassone e mi ispiro alle ricette di Agatha Christie, alle ricette e ai libri di Harry Potter, a Downton Abbey, e a chissà quanti altri esponenti letterari non ultimi C.S. Lewis o Lewis Carroll, e la lista sarebbe infinita, preparo i pancakes inglesi chiamati anche crumpet o pickelet (in gallese). 

La storia dei pancakes

I pancakes sono diventati una preparazione diffusa in tutto il mondo, ma ogni paese ha la sua versione, non esistono solo i pancakes americani, preparati con il lievito (baking powder).  

Ma scopriamo la loro storia.

Le prime tracce dei pancakes, o di una preparazione simile le troviamo nel 500 a.C.  quando Cratino e Magnete, due commediografi colleghi di Aristofane, parlano di un dolce a base di acqua, olio d'oliva e farina, cotto e tondo, servito per la colazione con il miele e formaggio. I greci lo chiamavano teganites o tagenites, prende il nome dal tegame nel quale venivano preparate. Possiamo affermare che si tratta, a tutti gli effetti, dell'antenato del pancakes senza lievito.

Dall'antica Grecia agli antichi romani il passo è breve. Sappiamo che gli antichi romani avevano assimilato molte tradizioni greche. È documentato che ai patrizi piacessero molto le Alica Dolcia, una versione arricchita con spezie delle teganites greche, e poi modificate con latte uova, farina e spezie.

Ma molti anni passeranno prima che venga introdotto un agente lievitante. Però questo non ha impedito ai pancakes di diffondersi in tutta Europa e in Russia in una forma simile alle crêpes.

A partire dal Medioevo ogni paese preparava la sua variante, alcune di queste sono anche sopravvissute e giunte fino a noi, come la Kaiserschmarrn tedesca, che viene tagliata a pezzi e servita con confettura, frutta secca e zucchero a velo. Il suo successo, grazie alla sua semplicità e alla sua versatilità, raggiunse la Gran Bretagna, dove gli venne dato nome di "pancake". Ne troviamo traccia in un documento ufficiale del Quattrocento. Nonostante il nome inglese però il merito di aver raffinato la preparazione del dolce, fino a farla assomigliare ai pancakes, è olandese con i suoi Pannekoek, di diametro più piccolo, cotti all'interno di una padella sagomata apposita, serviti impilati e decorati con abbondante zucchero a velo. Comunque nessuno in Europa, finora, ha aggiunto il lievito alla ricetta. Agli americani si deve il merito e l'innovazione della ricetta con l'inserimento del lievito chimico per rendere il pancake gonfio e cicciotto.

I crumpets, picklets, pancakes...

La ricetta classica dei pancake anglosassoni è semplice: uova, latte, farina, zucchero e niente lievito. Si lascia riposare la pastella e poi si procede nella cottura come per le classiche crepês. Per farli più soffici e cicciotti sarà sufficiente montare gli albumi a neve e poi incorporarli all'impasto.
Poi ci sono i crumpet per la Scozia, o pickelet in gallese, che insieme ai muffin e agli scones fanno parte del buffet che accompagna il rituale del tè inglese delle cinque. Sono delle focaccine cotte alla piastra, sono versatili perché si adattano ad accompagnare sia ingredienti dolci che salati.

I crumpets sono più spessi, piccoli e spugnosi dei pancake, sono delle focaccine tonde di origine inglese, o meglio del Galles. Fino al XIX secolo qui si consumava il pane cotto su una piastra di ferro sopra il fuoco, perché non erano disponibili i forni. Sembra che i crumpets si possano far risalire proprio a quel periodo. Stando ad altre versioni invece, queste piccole tortine rotonde venivano chiamate picklets ed Elizabeth Raffald ne parla per la prima volta nel 1769 nel The Experienced English Housekeeper.

La particolarità della superficie dei crumpets ricca di buchini permette al burro, o ad altri condimenti, di venire assorbiti. Per l'ora del tè vengono serviti in versione dolce con confetture e burro in accompagnamento, per la colazione, invece, possono essere accompagnati anche da ingredienti salati.

La ricetta

In origine erano focacce dure, vennero poi ingentilite dall'uso del lievito e successivamente del latte, fino alla legittimazione definitiva degli afternoon tea della regina Vittoria.
Dopo aver consultato non so più quanti libri, come succede sempre quando si tratta di ricette antiche, ecco il risultato di tanta ricerca. 
I crumpets sono ottimi anche tostati, quindi puoi prepararli in anticipo, conservarli, avvolti nella pellicola alimentare, in frigorifero (per tre giorni) o in freezer (per tre mesi), e tostarli al momento dell'uso. 

Ingredienti

  • 240 g di latte intero
  • 125 g di farina (tipo 0)
  • 5 g di lievito di birra fresco
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 1/4 di cucchiaino di sale
  • burro q.b. per ungere la padella

Scalda il latte e intanto in una ciotola capiente mescola le polveri. 
Appena il latte si intiepidisce, mi raccomando deve essere solo vagamente tiepido, toglilo dal fuoco, versalo in una brocca e scioglici il lievito di birra. Fai riposare 5-10 minuti e poi versalo sulle polveri mescolando con una frusta. Lavora bene il composto fino ad ottenere una pastella senza grumi.
Copri la ciotola e lascia lievitare per circa due ore. La pastella dovrà gonfiarsi e diventare ariosa.
Scalda un'ampia padella antiaderente, o la padella per le crepês, su fuoco medio alto, e ungila con un po' di burro.
Ora hai due modi per procedere nella cottura. 
Il metodo tradizionale prevede che tu usi un coppapasta da 6-8 cm di diametro e lo posizioni nella padella facendolo scaldare per un minuto circa. Versa poi all'interno dell'anello la pastella fino a metà altezza. Fai cuocere per qualche minuto, fino a quando l'impasto non acquista consistenza e sulla superficie si formeranno tanti piccoli buchetti. Ora, aiutandoti con delle pinze o presine, rimuovi l'anello e gira il crumpets dall'altro lato per completare la cottura, ci vorranno solo un paio di minuti scarsi. 
L'altro metodo, forse un pochino più semplice e più veloce, ma che ti darà dei crumpets meno alti, è non usare l'anello. 
Volendo puoi anche procedere alla cottura di più crumpets contemporaneamente.
A mano mano che saranno pronti mettili su una griglia per intiepidirli e poi potrai servirli cosparsi con una generosa dose di burro.



Cioccolatini con Provolone Valpadana DOP piccante

Cioccolatini con Provolone Valpadana DOP piccante

Cioccolatini con Provolone Valpadana DOP piccante

Cioccolatini con Provolone Valpadana DOP piccante


"La vita è come una scatola di cioccolatini", diceva Tom Hanks nel film Forrest Gump (di Robert Zemeckis, 1994), "non sai mai quello che ti capita".

In questa scatola, ispirata da "l'irrequieto vento del Nord" di Chocolat (di Lasse Hallström, 2000), troverai dei cioccolatini al Provolone Valpadana DOP piccante.

Questa preparazione nasce per la sfida gastronomica riservata alle socie e ai soci di AIFB dal titolo "L'armonia degli opposti".

La gara rientra nel progetto triennale di “Choose your taste, sweet or spicy, only from Europe”, per il riconoscimento dei prodotti a marchio europeo di qualità tramite una comunicazione e sensibilizzazione di un consumo consapevole e soddisfacente, di cui il Provolone Valpadana e il Consorzio Tutela del Provolone Valpadana sono testimoni. All'interno di questo progetto rientra la collaborazione dell'Associazione Italiana Food Blogger (AIFB)

Con il tema "L'armonia degli opposti" è stato chiesto ad ogni socio di elaborare una preparazione particolare: una ricetta dolce con il Provolone Valpadana DOP piccante, o un piatto salato con il Provolone Valpadana DOP dolce.

La sfida è stata lanciata e a me "il fato" ha assegnato il dolce.

Ma conosciamo meglio il prodotto.

Provolone Valpadana DOP

Il Provolone Valpadana DOP è un formaggio a pasta filata prodotto con latte vaccino ed è stato riconosciuto Denominazione d'Origine Protetta nel 1996. 

La Denominazione di Origine Protetta definisce l’appartenenza a una categoria considerata di eccellenza nell’ambito enogastronomico attraverso disciplinari di produzione, origine e proprietà dei prodotti.

I produttori del Provolone Valpadana DOP, dopo aver scritto protocolli di lavorazione e un disciplinare per la salvaguardia della cultura, della lavorazione, dei luoghi di produzione e da quali territori specifici deve essere il latte usato, ottengono il riconoscimento europeo DOP.
Il disciplinare precisa la definizione di Provolone Valpadana, specificando che si tratta di un “formaggio semiduro a pasta filata prodotto con latte di vacca intero, ad acidità naturale di fermentazione, proveniente da vacche allevate esclusivamente nella zona di produzione selezionata”.

Nel disciplinare si sono espressi anche in merito alla forma, o meglio in questo caso, forme specifiche che può avere questo specifico formaggio: a salame, a melone, a pera, a tronco conico e a fiaschietta.

Il Provolone Valpadana DOP si divide in due tipologie:

  • dolce, prodotto con caglio di vitello e di più breve stagionatura (non supera i 2-3 mesi), si presente con una crosta di colore paglierino, sottile e dura, mentre l'interno è compatto e di colore più chiaro. Dal gusto scioglievole e avvolgente, profumato e delicato;
  • piccante, prodotto con caglio di capretto o agnello, la stagionatura minima è di tre mesi e può superare l'anno. La crosta è dura e sottile, l'interno compatto con sfogliatura marcata, il gusto è deciso, profumo intenso, e il piccante arriva in un secondo tempo.

Il Provolone Valpadana DOP è un formaggio da tavola molto versatile, può essere usato anche come condimento e nella preparazione di molte ricette.

I cioccolatini

L'idea dei cioccolatini è nata un po' per caso. Ho assaggiato il Provolone Valpadana DOP piccante e ho iniziato a pensare con cosa avrebbe potuto abbinarsi bene. Il primo ingrediente è stato facile: un agrume, e la scelta è ricaduta immediatamente sull'arancia. 
Altre idee sono state quelle di accompagnarlo al miele, è un classico, e devo dire che miele e zeste di arancia si sposava alla perfezione, tanto che non sapevo decidermi con quale miele mi piaceva di più: corbezzolo, castagno, acacia. Ci stavano bene tutti e tre e ognuno esaltava un particolare gusto del formaggio.  

Poi improvvisamente, "l'irrequieto vento del Nord" suggerisce l'idea: cioccolatini.

La copertura, la camicia, cioccolato fondente al 70%, facile. 

La scelta più ardua è stata quella di lasciare il formaggio in purezza, ma è stata anche per me la scelta migliore. Ho provato a realizzare una ganache di provolone, per farcire il cioccolatino, e non mi ha soddisfatto. Qualcosa disturbava l'armonia, l'insieme.

Nella sua semplicità invece tutti gli ingredienti vengono valorizzati e trovano "l'armonia degli opposti" e dei sapori. Tre ingredienti, tre sapori, come insegna Gianluca Fusto, dosati, miscelati come Vianne in Chocolat producono una pralina assolutamente insolita e originale. La camicia di cioccolato fondente aromatizzato all'arancia avvolge un cubetto di formaggio. L'arancia dona freschezza pulisce, e allo stesso tempo si armonizza con formaggio con quel suo gusto piccantino, ed esalta il cioccolato. Un insieme che certamente stupirà.

Un vecchio detto popolare recitava "la bocca non è stracca se non sa di vacca", ossia che bisognava finire il pasto con un pezzetto di formaggio per sigillare lo stomaco. Anche la Scuola Medica Salernitana, nel suo massimo splendore tra l'XI e il XIII secolo, affermava "Caseus est sanus quem dat avara manus", ossia che "solo piccole dosi di formaggio non fanno male alla salute".

E allora, seguendo gli antichi consigli, chiudiamo con un piccolo pezzettino di formaggio, trasformato in un cioccolatino, che soddisfa la nostra "voglia di qualcosa di buono".

Ingredienti

  • 100 g di cioccolato fondente al 70% 
  • 50 g di provolone Valpadana DOP piccante 
  • 1 cucchiaino di zeste d’arancia bio non trattata 
  • polvere d’oro alimentare per decorare

Taglia a cubetti il provolone Valpadana DOP.
Trita con un coltello il cioccolato fondente.
Prendi 2/3 del cioccolato e mettilo a sciogliere in una casseruola o bastardella( o polsonetto), su una pentola contenente poca acqua (che non deve raggiungere il fondo della bastardella): a bagnomaria e senza coperchio. Sfruttando il calore indiretto del vapore otterrai un cioccolato liscio, perfettamente sciolto e senza grumi.
Mescola il cioccolato con una spatola in silicone, sempre nello stesso verso, per aiutare la fusione.
Appena l’acqua del bagnomaria arriva a bollore, spegni il fornello.
Quando il cioccolato si è sciolto e ha raggiunto la temperatura tra 45°-48° C max, aggiungi lo zeste d’arancia, e poi comincia ad inserire, poco per volta, il cioccolato tritato tenuto da parte da parte: fai fondere e controlla con un termometro che la temperatura arrivi a 30° C.
Ora prendi uno stecchino, infilza un cubetto di provolone Valpadana DOP e immergilo nel cioccolato. Fai scolare, aspetta un minuto o due e reimmergi nel cioccolato. Scola nuovamente e dopo un minuto metti lo stecchino in un bicchiere con il cioccolatino rivolto verso l’alto.
Procedi con gli altri cubetti di provolone.
Dopo 10 minuti decora con polvere d’oro alimentare.
Dopo circa mezz'ora puoi delicatamente togliere lo stecchino e mettere il cioccolatino su un piatto.

French Toast di Penny

French Toast di Penny

French Toast di Penny

French Toast di Penny


French toast per colazione! 

Naturalmente accompagnati con della panna montata profumata alla cannella.

Ho deciso di iniziare così la giornata dedicata alle donne della scienza, infatti ricorre l’International Day of Women and Girls in Science.

Con le mie amiche e socie, Gabriella e Gioia, abbiamo pensato che questa particolare giornata non poteva passare inosservata e andava celebrata, ma a modo nostro e con il progetto #frameofbreak.

Gioia ci racconta la storia di Sofia Cortina una giovane party chef messicana insieme al un golosissimo dulce de leche. In fondo la pasticceria è una scienza e lo spiega bene Dario Bressanini nel suo libro "La Scienza della Pasticceria".

Gabriella invece ci parla del libro "Ragazze con i numeri, storie, passioni e sogni di 5 scienziate", accompagnandolo con una deliziosa ciambella allo yogurt.

Io invece ho subito associato l'idea ad una delle mie sitcom preferite: The Big Bang Theory

The Big Bang Theory

La sitcom, creata e prodotta da Chuck Lorre e Bill Prade, è una delle più lunghe, dura ben 12 serie, ed è vincitrice di diversi premi come Emmy, Golden Globe & co.

La serie racconta in maniera ironica le vicende quotidiane di un gruppo di giovani scienziati e di come la loro condizione di nerd influenzi i rapporti con il mondo circostante.

Ci troviamo a Pasadena, California, Leonard, Sheldon, Howard e Raj sono quattro giovani scienziati, tra le menti più brillanti del Paese, che lavorano al California Institute of Technology. I ragazzi sono tanto geniali, brillanti e a loro agio all'Università e nei loro laboratori di ricerca quanto impacciati, goffi e inadeguati socialmente al di fuori della loro confort zone. La tranquilla vita da nerd dei quattro amici, basata su partite ai videogiochi, partecipazione a fiere cosplay e discussioni su fumetti e argomenti scientifici, viene stravolta dalla presenza della nuova vicina di casa, Penny. La ragazza è un’aspirante attrice che non potrebbe essere più diversa dai quattro studiosi immersi nel loro mondo di teoria delle stringhe e citazioni da Star Trek: fa la cameriera, è allegra, spigliata, bellissima. Leonard se ne innamora a prima vista.

Il rapporto che si instaura tra i cinque personaggi è il punto forte della serie, e in perfetto manuale comico, evidenzia gli aspetti caricaturali dei personaggi evidenziandoli e creando così terreno fertile per le battute. 

Nonostante l'indole solitaria degli scienziati e il loro essere un po' disadattati socialmente, in particolar modo Sheldon (incapace di rispondere a qualsiasi domanda di cultura generale e di comprendere appieno le convenzioni sociali), i personaggi crescono e si evolvono, anche a livello relazionale e sentimentale. Anche il personaggio di Penny, dall'essere il classico elemento disturbante delle commedie, entrerà nella routine della sitcom e sarà l'apripista per gli altri personaggi femminili della serie. Sarà lei a portare nel gruppo Bernadette, sua collega cameriera, microbiologa che poi lavorerà per una ditta farmaceutica e sposerà Howard. Dopo di lei entrerà in scena l'alter ego al femminile di Sheldon, Amy, neurobiologia, scienziata anche lei, che Sheldon conoscerà online (grazie a Howard e Raj) e diventerà la sua fidanzata. 


Le complesse equazioni che si possono leggere sulle lavagne di Sheldon, così come le parti della sceneggiatura i cui dialoghi sono di natura prettamente tecnica, sono a cura di un vero professore di fisica e astronomia, David Saltzberg, impiegato all'Università della California.

The History of Everything, il brano musicale che accompagna i crediti di apertura, è stato realizzato dai Barenaked Ladies e descrive l'evoluzione dell'universo e i cambiamenti che la Terra e il genere umano hanno subito fin dall'alba dei tempi.

The Big Bang Theory e il cibo

The Big Bang Theory


Il cibo nella serie ha un ruolo molto importante, ed è realmente parte del copione, inoltre serve per comprendere meglio la crescita e l'evoluzione dei personaggi nel corso delle varie stagioni.
Dalla prima stagione assistiamo a una carrellata di cibo take away che mangiano direttamente dai contenitori d'asporto e seduti sul divano nell'appartamento di Sheldon e Leonard. 
Il cibo solidifica i complicati legami di questo particolare gruppo di amici: dispute, dichiarazioni, liti, scherzi avvengono mentre si mangia, e non solo nell'appartamento di Leonard e Sheldon, ma anche nella mensa del California Institute of Technology o al locale dove lavora Penny.
Il programma gastronomico è già fissato e stabilito, è una delle leggi fondamentali nelle clausole tra coinquilini stilato dallo stesso Sheldon. 
Sheldon, il personaggio ossessivo e compulsivo, colui che meno comprende le dinamiche e le sfumature sociali, tende a distaccarsi raramente dalle sue abitudini in generale. 

La settimana inizia così: lunedì con la cucina thailandese meekrob (noodles di riso con salsa agrodolce) e pollo Satay (straccetti di pollo aromatizzati con erba e spezie, spesso accompagnati con riso). La cena del lunedì però può subire una piccola variazione solo occasionalmente quando Leonard prende il cibo cinese al Szechuan Palace (il pollo con anacardi). Il martedì il gruppo mangia alla Cheesecake Factory, dove Penny fa la cameriera, e Sheldon prende il cheeseburger con bacon, ma chiedendo salsa barbecue, bacon e formaggio "a parte" (mi ricorda un altro personaggio, n.d.a). Il giovedì sera cucina italiana, mentre il venerdì troviamo  con ravioli al vapore, pollo del generale Tso (contaminazioni USA-Cina), manzo e broccoli, gamberi con salsa d'aragosta, Lo Mein (noodles di grano e verdure con eventuale aggiunta di carne o pesce). Non manca nemmeno la pizza.
Ma proprio grazie a questa programmazione di Sheldon arriviamo alla mattina (nella terza serie) in cui Penny sconvolge gli inflessibili programmi della colazione del mercoledì mattina. 
Penny si è fermata a dormire da Leonard, e al mattino canta e balla vestita con una camicia in cucina mentre prepara i French Toast, ovviamente scombussolando Sheldon che aveva in programma la zuppa d'avena. 

French Toast: un po' di storia

Andiamo alla ricerca delle origini dei French Toast, che, a dispetto del nome non sono una preparazione francese.
Le prime apparizioni di qualcosa di simile ai French Toast lo troviamo già scritto nel "De re coquinaria", un manoscritto risalente all’epoca dell’Imperatore Tito, scritto da Marco Gavio Apicio, in cui sono descritte le modalità di preparazione di un piatto dolce. In un punto della ricetta si leggono queste parole: “affettare il pane a pezzi grossi rimuovendo la crosta, intingerlo in una mistura di latte e uova sbattute, friggere in olio bollente, ricoprire con miele e servire“.
Tra il XIV e il XV secolo, infatti, il successo della ricetta romana è cresciuto a dismisura in Francia e ha fatto sì che questa finisse addirittura nel ricettario di Taillevent, il famoso cuoco di corte della famiglia dei Valois, che con la sua fama ha trasformato i toast in una pietanza sempre più apprezzata, non solo nel suo Paese ma anche nel resto d’Europa.
In questo modo l’originario pain à la romaine ha cambiato nome, prima in tostées dorées e poi in pain perdu, ed è diventato agli occhi del mondo una specialità tutta francese.
Assumono poi diversi nomi: arme ritter per i fratelli Grimm, torriga per gli spagnoli e pain perdu per i francesi. La preparazione consisteva in fette di pane raffermo che vengono immerse in una pastella di latte, uova e zucchero e poi cotte in forno.
A consolidare questo legame ha contribuito inoltre la massiccia migrazione di europei verso l’America che ha presentato la ricetta al mondo come una pietanza inventata dai francesi.
Con il passare del tempo anche gli americani hanno creato una loro versione dei toast, aggiungendo ingredienti assenti nella preparazione francese e scegliendo una qualità di pane differente, infatti è in America che si frigge per la prima volta nel burro. Infatti in vero French Toast nasce ad Albany nel 1724 in una piccola taverna. La preparazione porta in nome del suo "inventore" e proprietario del locale che per primo servì questa specialità. Quindi French da Joseph French, e non perché francese.

La ricetta

Penny e Sheldon: French toast


Ma veniamo ora alla ricetta per realizzare dei golosissimi French Toast. Io ho usato pane cassetta integrale, ma puoi sostituirlo con quello che preferisci, anche del pan brioche, e in questo caso verrà ancora più goloso.
Il French Toast si può servire con: creme spalmabili, frutta fresca, yogurt, panna fresca, sciroppi vari.
Io ho voluto servirli con della panna montata poco dolce e una spolverata di cannella.

Ingredienti per due persone

  • 4 fette di pan cassetta
  • 2 uova
  • 50 g di latte
  • 1 cucchiaio di zucchero scarso
  • 1 pizzico di vaniglia facoltativa
  • 50 g di panna fresca da montare 
  • 1 cucchiaino di cannella
Rompi le uova in un piatto fondo, aggiungi il latte e lo zucchero e inizia a sbattere con una forchetta. Non devi ottenere una massa montata, ma amalgamare bene.
Se ti piace puoi aggiungere un pizzico di vaniglia per profumare il composto.
Prendi una padella antiaderente, meglio sarebbe quella che si usa per le crêpes. Ungila con un pezzettino di burro e mettila sul fuoco, affinché il burro si sciolga.
Nel frattempo immergi le fette di pane nella pastella di latte e uova e sistemale in un piatto di servizio.
Appena la padella è calda fai cuocere le fette di pane, una, o due alla volta, finché non saranno belle dorate.
Sistema i French Toast nei piatti e completa con la panna montata e una spolverata di cannella. O completa a piacere con quello che preferisci.
Servi ben caldo.

Pane alla birra Biova

Pane alla birra Biova

Pane alla birra Biova

pane alla birra Biova

Il pane alla birra Biova: con questo passaggio concludo il circolo virtuoso della start up torinese Biova Project, nata da un'idea di Emanuela Barbano e Franco Dipietro.

Biova Projetc è un progetto di economia sostenibile e circolare di cui ho parlato in un mio articolo sul sito di AIFB. Il progetto della start up è quello di trasformare un bene invenduto in materia prima, creando così valore aggiunto e sostenibilità, l'economia circolare

Biova, il cui nome è ripreso da un tipo di pane piemontese, produce diversi tipi di birre, e sempre con pane del territorio, quindi gli aromi, i gusti sono strettamente connessi alla zona di produzione.

Franco e Manuela mi raccontano che il tutto ha avuto origine da una semplice idea: “recuperare un surplus alimentare, un invenduto, e trasformarlo in qualcosa di nuovo, gli diamo un nuovo valore”, Biova “nasce a ottobre 2019 come società benefit”.

In questo momento di grande crisi ambientale, economica e di depauperamento del territorio, idee, piani, come queste di Biova sono i benvenuti e soprattutto sono da sostenere e sviluppare. Il bello di questo progetto, detto proprio dagli ideatori, è che più se ne parla e più ha successo e funziona. Guardando sul sito invitano proprio a “unirsi al movimento”, un movimento in divenire e in espansione. 
La ricetta del pane che diventa birra non è nuova, risale già agli antichi Egizi, Biova ha pensato di migliorarla. Qualunque tipo di pane, semplice e senza grassi, può diventare una birra, così ogni volta si potrà avere una birra con una sua peculiarità. Biova si appoggia a strutture già presenti sul territorio per la produzione. Ogni tipo di pane (bianco, di segale, integrale, ec.) ha un suo sapore particolare e la presenza del sale, che restituisce una lieve sapidità, rende la birra Biova molto dissetante.

Ho voluto usare la birra Biova per realizzare il mio pane, chiudendo così il cerchio della produzione: il pane diventa birra e torna ad essere pane.

La ricetta è di quelle più semplici: farina, lievito di birra e naturalmente la birra Biova, un pizzico di sale, ma poco perché la birra ha una leggera sapidità.

Il pane sfornato è particolare: prende gli aromi e i profumi della birra, ha una bella crosta croccante e interno morbido, gustoso, perfetto per accompagnare dolci e salati... ma anche da spiluccare.


Ingredienti

400 g di farina 0 forte per pane

100 g di farina tipo 1 per pane

5 g di sale

2,5 g di lievito di birra fresco

30 g di burro morbido

300-350 g di birra Biova

In una grande ciotola versa la farina, crea una fontana nel cui centro metti il lievito e sui bordi il sale. Aggiungi il burro e 3/4 della birra e inizia a lavorare con la punta delle dita; prosegui a versare la birra rimasta, poco alla volta, fino a quando non avrai inglobato tutta la farina.

La quantità di birra è indicativa, dipende dalla giornata e dal grado di umidità anche della farina; potrebbe esserne necessaria un po' di meno o un po' di più: la pasta deve essere morbida ma non molle.

Ungi leggermente il piano di lavoro (con dell'olio o del burro), raccogli tutto l'impasto della terrina e mettilo sul piano. Prosegui a lavorarlo, facendo delle pieghe, fino a quando la pasta da umida non diventerà morbida e inizierà a formare una sottile pellicina, ci vorranno circa 5-10 minuti.

Quando la pasta sarà setosa e morbida, sistemala in una larga terrina leggermente unta e copri con pellicola alimentare. Lascia lievitare finché l'impasto non raddoppierà di volume (ci vorranno 4 ore).

Fodera una teglia con carta forno.

Spolvera il piano di lavoro con un velo di farina e mettici l'impasto lievitato. Fai uscire tutta l'aria facendo tre giri di pieghe, o finché non sarà morbido, e dividilo in due parti. Rifai tre giri di pieghe e dagli la forma. 

Sistema il pane formato sulla teglia, copri e lascia nuovamente lievitare per un'ora o due, o finché non sarà nuovamente raddoppiato.

Preriscalda il forno a 210° C in modalità statica.

Spolverizza la superficie dei pani con della farina e pratica delle incisioni sulla superficie. Inforna e fai cuocere per 30-45 minuti, finché non saranno dorati e battendo la base con le nocche sentirai un rumore sordo.

Sforna e lascia raffreddare su una gratella.


Nota. Una volta raffreddato posso affettarlo e surgelarlo, riscaldandolo poi in forno o al microonde al bisogno, per averlo sempre fresco e fragrante come appena sfornato.

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