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8 dicembre 2025

"La Cucina dei Ricordi" e i Viccilli: le vere graffe di patate della tradizione cilentana

"La Cucina dei Ricordi" e i Viccilli: le vere graffe di patate della tradizione cilentana

sfondo bianco che ricorda una boiserie, piano in granito lucido, un piatto rotondo in ardesia sul quale sono sistemati una sull'altra tre ciambelle di patate, l'ultima divisa a metà, davanti a semicerchio ci sono le palline fritte, stessa ricetta, il tutto si riflette sul piano lucido


Un viaggio tra memoria, profumi e dolci della tradizione campana

Ci sono ricette che non si leggono: si ricordano. Ricette che non hanno bisogno di spiegazioni perché sono custodite nelle mani, nei gesti tramandati, negli occhi di chi ci guardava cucinare da bambini. È questo il cuore pulsante della “Cucina dei Ricordi” di cui parla Simonetta Agnello Hornby: una cucina fatta di emozioni, sensazioni e profumi che abitano dentro di noi e riaffiorano ogni volta che torniamo ai sapori della nostra infanzia.


Oggi, nella quiete lenta di una domenica “prima della festa”, ho aperto il mio cimelio di famiglia: la vecchia agenda di mia nonna, quella in cui appuntava solo gli ingredienti, senza mai indicare il procedimento. Perché quello, come racconta la Hornby, si sapeva. Le nonne erano così: essenziali, sicure, precise senza bisogno di molte parole.


È da questa agenda che oggi preparo i viccilli (così li chiamava mia nonna), una ricetta cilentana che in altre zone della Campania è meglio conosciuta come graffe di patateciambelle di patate o zeppole di patate. Per noi in casa, però, sono sempre rimasti semplicemente viccilli, il dolce dell’infanzia, delle mani sporche di zucchero e delle risate attorno alla tavola.


La ritualità dei gesti lenti: la magia della cucina dei ricordi

Niente scorciatoie.
Oggi ho deciso di cucinare esattamente come faceva lei.

Ho messo a bollire le patate – avrei potuto cuocerle a vapore, al microonde, già tagliate… ma no. La scelta “lunga” è venuta da sé. Le ho scolate, lasciate intiepidire, poi pulite una ad una, eliminando ogni piccola parte imperfetta come faceva mia nonna.

Ho pesato gli ingredienti, preparato tutto sul tavolo, e ho iniziato:

  • schiacciare le patate ancora tiepide

  • aggiungere il burro

  • grattugiare il limone direttamente sullo zucchero (il profumo a questo punto invade già la cucina)

  • sciogliere il lievito di birra fresco, rigorosamente il panetto intero da 25 g, in un po’ di latte caldo

Il lievito – quello vero, non quello chimico né disidratato che mia nonna non avrebbe mai usato – entra nella fontana di farina, insieme alle uova e allo zucchero aromatizzato.

E poi l’impasto.
A mano. Lentamente.
Le mani vanno da sole, come se fossero le sue.

Quando la pasta diventa una palla soffice, la copro con il solito grande piatto pesante e la lascio riposare, in silenzio, nel ritmo lento della casa.

Questa è la poesia dei gesti lenti: la cucina che cura, che riporta alla memoria, che nutre molto più del semplice palato.


Viccilli o graffe di patate: un po' di storia

viccilli sono un dolce tipico del Cilento: ciambelle fritte a base di patate, morbide, profumate, poi immerse generosamente in zucchero e cannella.

Esistono in tutta la Campania con nomi diversi, ma la loro storia affonda radici lontane.
Si ritiene che l'origine delle graffe napoletane risalga al periodo della dominazione austriaca nel XVIII secolo. Le graffe, infatti, sarebbero una rielaborazione dei krapfen, dolci fritti tipici dell’area tedesca e austriaca.

Le due preparazioni oggi sono ben diverse, ma condividono la stessa radice etimologica:

  • krapfo (longobardo)

  • krappa (gotico)

Termini che indicavano l’“uncino”, forma antica delle frittelle originarie.

Da allora, la Campania ha fatto sua questa ricetta, trasformandola in uno dei dolci più amati e iconici.


Zucchero e cannella: la magia del tocco finale

Quando i viccilli sono ancora caldi, li tuffo in un misto di zucchero e cannella.
Non indico dosi precise: bisogna essere generosi.

Nell’impasto c’è poco zucchero, quindi la copertura serve sia per la dolcezza che per il profumo.
La cannella deve sentirsi, avvolgere, portare quel calore che sa di inverno, di casa, di festa.

E poi – proprio come faceva mia nonna – oltre alla forma a ciambella, preparo anche piccole palline irregolari, perfette da intingere in una crema pasticciera al limone… “per sgrassare”, come diceva lei.


Il dolce sapore delle cose che restano

E mentre l’ultimo viccillo si raffredda sul piatto, mi fermo un momento ad ascoltare il silenzio della cucina. È un silenzio pieno, denso, fatto di presenza.

Profuma di limone, di zucchero e di ricordi.

Capisco che non è solo una ricetta quella che ho preparato oggi.

È un ponte.

Un filo sottile che unisce chi eravamo a chi siamo diventati.

Ogni gesto lento, ogni granello di zucchero, ogni attesa davanti alla lievitazione mi ha riportata a lei, a quelle domeniche in cui bastava poco per sentirsi amati: una ciambella calda, una risata, una mano che ti guidava senza dirlo.

E allora sì, forse la cucina dei ricordi non è fatta per chi va di fretta.

È fatta per chi vuole ritrovarsi, per chi sa che certe ricette non si preparano: si custodiscono.

Oggi, nel profumo dei miei viccilli, c’era anche mia nonna.

E mentre ne addento uno, ancora tiepido, capisco che le persone che abbiamo amato davvero non se ne vanno mai: restano nei nostri gesti, nelle nostre mani, nelle ricette che continuiamo a impastare.

E ogni volta che portiamo in tavola un ricordo, lo riportiamo alla vita.

Un morso alla volta.


vista dall'alto di una grande scodella bianca, con bordo decorato a pois rossi, piena di ciambelle di patate e bocconcini fritti e ricopetri di zucchero semolato e cannella


La ricetta

La ricetta dei viccilli, le morbide graffe di patate della tradizione cilentana, non è solo un insieme di ingredienti: è un piccolo rito fatto di lentezza, profumi e memoria. È una preparazione che nasce nelle cucine di un tempo, dove le donne impastavano senza bilance precise ma con una sapienza fatta di occhi, mani e cuore. 

Queste ciambelle soffici, dorate e ricoperte di zucchero e cannella, hanno il potere di riportare indietro nel tempo chiunque le assaggi: ricordano le domeniche di famiglia, le feste dei paesi, i pomeriggi passati a guardare la nonna friggere “qualcosa di buono”.
È un invito a sedersi, respirare e ritrovare, nell’impasto tiepido tra le mani, le persone e i gesti che ci hanno insegnato cosa significa davvero “cucina di casa”.

Prepararle significa prendersi un momento per sé, scegliere la via lenta e lasciarsi avvolgere dai profumi di limone, burro e patate calde.

E ora, con il cuore pieno e le mani pronte, ecco la ricetta dei viccilli cilentani, così come ci è stata tramandata: autentica, semplice e meravigliosamente imperfetta.

Ingredienti

  • 500 g di purea di patate
  • 500 g di farina di frumento (io tipo 0)
  • 25 g di lievito di birra fresco 
  • 180 g di uova intere (3 uova)
  • 50 g di burro
  • 5 g di sale
  • buccia grattugiata di 1 limone
  • 15 g di zucchero semolato (1 cucchiaio)
  • 59-100 g di latte
  • olio per friggere
  • zucchero semolato e cannella per decorare

Procedimento

1. Preparazione delle patate

Lava e lessa le patate intere con la buccia.

Scolale, lasciale intiepidire, sbucciale e rimuovi eventuali imperfezioni.

Schiacciale finché sono ancora tiepide.

2. Aromatizzazione e base dell’impasto

Grattugia la scorza del limone direttamente nello zucchero.

Unisci il burro alle patate schiacciate e mescola.

3. Lievito e impasto

Sciogli il lievito fresco in un po’ di latte tiepido.

Disponi la farina a fontana in una ciotola capiente e aggiungi al centro: zucchero aromatizzato, uova leggermente sbattute e lievito sciolto.

Inizia a impastare a mano, incorporando le patate.

Se l’impasto è troppo asciutto, aggiungi ancora un po’ di latte.

Quando gli ingredienti sono tutti incorporati spostati sul piano di lavoro e lavora fino a ottenere una palla liscia e morbida.

4. Lievitazione

Metti l’impasto in una ciotola ampia e coprilo.

Lascialo riposare in un luogo tiepido per 1 ora.

5. Formatura delle ciambelle o viccilli

Puoi procedere in due modi:

  • stendere l'impasto e formare le ciambelle con un coppapasta, il centro saranno le palline;
  • prendere un pezzo di impasto, lavorarlo e formare un cordoncino e dare la forma di una ciambella, e crea anche delle palline irregolari.
Disponile su carta forno leggermente infarinata.

Lascia riposare 20–30 minuti.

6. Frittura

Scalda l’olio a 170–175°C.

Friggi pochi pezzi per volta, girandoli finché sono ben dorati.

Scolali su carta assorbente.

7. Copertura finale

Mescola abbondante zucchero con cannella secondo il tuo gusto.

Passa i viccilli ancora caldi nella miscela per ricoprirli completamente.


Consigli finali per viccilli perfetti

  • Lo zucchero deve essere abbondante: nell’impasto ce n’è poco apposta.

  • La cannella deve profumare bene: dosala generosamente.

  • Le palline sono perfette da servire con crema pasticciera al limone.

  • Consumarli ancora tiepidi è il modo migliore per ritrovare i veri sapori dell’infanzia.




22 agosto 2025

I fiocchi di neve di Poppella: la dolce storia napoletana e la versione fatta in casa...

I fiocchi di neve di Poppella: la dolce storia napoletana e la versione fatta in casa...


 
primo piano di un fiocco di neve intero e una metà che mostra il cremoso ripieno di latte, in secondo piano altra metà della brioche e altri fiocchi di neve interi, su vassoio in ardesia su runner bianco grezzo con disegnai in argento degli abeti


Napoli ha sempre saputo stupire con la sua pasticceria: dalla sfogliatella al babà, ogni dolce racconta una storia fatta di tradizione, passione e un pizzico di segreto. Ma tra le creazioni più recenti che hanno conquistato il cuore (e il palato) di migliaia di persone, c’è un dolce tanto semplice quanto irresistibile: il fiocco di neve di Poppella.


Il fiocco di neve è una piccola brioche dalla consistenza soffice, farcita con una crema leggera e bianca a base di latte, panna e ricotta; ed è diventato celebre grazie alla Pasticceria Poppella nel Rione Sanità di Napoli, dove Ciro Scognamillo ha perfezionato la ricetta originale nata due generazioni prima di lui. Sembra che il ripieno sia arricchito da un ingrediente segreto che dona un tocco unico alla crema, racchiusa in una pasta di brioche delicata e areata.

La storia dei fiocchi di neve

Il fiocco di neve nasce nel cuore del Rione Sanità, uno dei quartieri più autentici e vibranti di Napoli, dove tradizione, cultura popolare e gastronomia si intrecciano quotidianamente. 

In questo angolo della città, la storica Pasticceria Poppella, fondata nel 1920, è diventata negli ultimi anni un punto di riferimento nazionale grazie a una piccola, sofficissima creazione: il fiocco di neve.

La pasticceria fondata da Raffaele Scognamillo, soprannominato “Papele”, e da sua moglie Giuseppina Evangelista, detta “Puppnella”, la pasticceria prende il nome proprio dall’unione dei due soprannomi: Poppella.

Negli anni, la famiglia Scognamillo ha portato avanti l’attività con dedizione e passione, attraversando tre generazioni. Ma è solo con l’arrivo di Ciro, terza generazione, e l’invenzione del fiocco di neve (perfezionando la ricetta familiare) nel 2015 che la pasticceria ha conosciuto una nuova epoca d’oro, facendo uscire il suo nome dai confini del Rione Sanità e portandolo tra le eccellenze dolciarie italiane. In poco tempo, il fiocco di neve ha conquistato Napoli, poi la Campania, infine tutta Italia, diventando un vero e proprio fenomeno virale, con file chilometriche davanti alla pasticceria e fan disposti a viaggiare per assaggiarlo.

Oggi i fiocchi di neve sono simbolo di identità partenopea contemporanea: moderni nella concezione, ma profondamente radicati nella cultura del territorio. Un perfetto esempio di come innovazione e tradizione possano incontrarsi, dando vita a qualcosa di unico.


La ricetta dei fiocchi di neve fatti in casa su ispirazione di Poppella

Questa non è la ricetta originale del pasticciere Poppella, ma un'interpretazione fedele nello spirito e nel gusto. Questo perché la ricetta dei fiocchi di neve è segreta e gelosamente custodita nella pasticceria di Poppella a Napoli.

In giro troverai tantissime versioni e procedimenti differenti, a grandi linee simili, ma ogni versione si differenzia in qualcosa.

Per ottenere una brioche morbida e ariosa come quella del fiocco di neve, è essenziale seguire alcuni accorgimenti. L’impasto va lavorato a lungo e lasciato lievitare lentamente, spesso con un doppio processo di lievitazione, che permette alla brioche di sviluppare la sua struttura soffice. La cottura attenta a una temperatura moderata assicura una consistenza leggera e ben alveolata, perfetta per accogliere una crema morbida senza perdere la sua forma.

Seguendo questi accorgimenti io ho fatto fare una lunga lievitazione in frigorifero per tutta la notte alle brioche già porzionate e formate in piccole sfere. Il giorno dopo le ho lasciate poi a temperatura ambiente per almeno un paio d'ore prima di infornarle.

Il fiocco di neve è semplicemente un panino di pasta brioche morbida e soffice, spolverato con zucchero a velo e farcito con una crema fredda a base di latte. Ma proprio in questa sua semplicità è la sua arma vincente. Ricorda una coccola, ha profumo di buono, la sua consistenza unica: un morso e ci si ritrova in un sogno leggero e vellutato. 

Ingredienti 


Pasta brioche

  • 500 g di farina tipo 0
  • 110 g di zucchero
  • 2 uova
  • 1 tuorlo
  • 15 g lievito birra fresco (o 5 g lievito birra secco)
  • 160 g latte
  • 90 g burro
  • semi baccello di vaniglia (o qualche goccia di estratto di vaniglia)
  • tuorlo e 20 g di latte per spennellare
Crema di ricotta
  • 220 g di ricotta vaccina
  • 220 g di panna liquida fresca
  • 40 g di zucchero a velo
  • 10 g miele
Crema di latte
  • 300 ml di latte intero
  • 40 g di frumina (o altro amido)
  • 90 g di zucchero
  • qualche goccia di estratto di vaniglia
Decorazione
  • zucchero a velo

Procedimento

Prepara l'impasto mettendo nella planetaria il latte le uova e il tuorlo leggermente sbattuto e il lievito sbriciolato e amalgama fino a sciogliere quest'ultimo.

Aggiungi lo zucchero e fallo sciogliere, poi unisci la farina e lascia impastare a media velocità per una decina di minuti.

Incorpora ora il burro a pezzetti morbido, poco alla volta, lasciandolo ben assorbire, infine metti il sale e la vaniglia.

Quando l'impasto è morbido ed elastico mettilo in una ciotola, coperto con pellicola alimentare, e fai lievitare per un'ora.

Ora taglia l'impasto in pezzi da 40 g l'uno e forma delle sfere. Sistema ogni sfera su una teglia rivestica con carta forno, copri con pellicola alimentare e lascia lievitare fino al raddoppio.

Spennella la superificie dei panini con latte e tuorlo sbattuti insieme e inforna a 170° C in modalità statica per 12 minuti.

Per la crema di latte scalda in un pentolino il latte, metti lo zucchero e l'amido, mescola per far sciogliere bene e non avere grumi, poi aggiungi la vaniglia (semi o estratto). Metti su fuoco basso e mescola fino a quando il composto non si sarà addensato.

Trasferisci la crema in una ciotola e copri per pellicola alimentare a contatto, e lascia raffreddare.

Con una frusta lavora la ricotta con miele e zucchero a velo fino ad ottenere una crema. Aggiungi la crema di latte raffreddata e amalgama bene. Infine unisci la panna semimontata.

Trasferisci la crema ottenuta in una sac à poche con bocchetta liscia.

ATTENZIONE: i fiocchi di neve vanno farciti caldi, appena sfornati, perché solo in queto modo l'impasto nterno cede facilmente lasciando spazio alla crema.

Sfornati i fiocchi di neve procedi subito a farcirli facendo un buchino nella parte inferiore della brioche e riempiendo con la crema.

Lascia raffreddare i fiocchi d neve per un'ora poi servili con una generosa spolverata di zucchero a velo.


fiocchi di neve visti dall'alto, due interi euno a metà che mostra il cremoso ripieno di latte, su vassoio di ardesia, su runner bianco a trama grezza con disegnati in argento degli abeti sul lato lungo


N.B. I fiocchi di neve si conservano per un 2-3 giorni in frigorifero chiusi in un contenitore ermetico, anche se perderanno un po' della loro caratteristica leggerezza e ariosità.

Le brioche vuote si possono anche congelare.

La crema di conserva per 2-3 giorni in frigorifero.


18 ottobre 2024

La mia Tarte Tropézienne

La mia Tarte Tropézienne


tarte tropézienne a forma di margherita farcita con crema diplomatica, su piatto di portata con mano di lato


La Tarte Tropézienne è un dolce francese simbolo dell’eleganza e della Costa Azzurra, di Saint Tropez in particolare, è anche associato a Brigitte Bardot, una delle dive più amate del cinema.

La sua storia è un connubio perfetto tra tradizione, innovazione e fascino. Un dolce che ha saputo conquistare il cuore di milioni di persone con la sua morbida brioche e la delicata crema, e continua a essere un'icona della pasticceria francese.

La storia della Tarte Tropézienne

Tutto ha inizio negli anni '50, quando Alexandre Micka, un pasticcere di origini polacche, decide di aprire una boulangerie-pâtisserie a Saint-Tropez. Crea una deliziosa brioche farcita con crema pasticcera, leggera e profumata: la ricetta è un’eredità familiare, gli è stata tramandata dalla nonna. Ben presto questo semplice ma particolare dolce diventa la specialità della sua pasticceria.

Nel 1955 il pasticciere Micka è il fornitore ufficiale dei pasti della troupe cinematografica del film “Et Dieu… créa la femme” di Roger Vadim. La golosa Tarte conquista tutti e in particolare Brigitte Bardot. L’attrice ne è talmente entusiasta che suggerisce a Micka di dare un nome a questo golosissimo dessert: “Tarte de Saint Tropez”, in seguito semplicemente “Tarte Tropézienne”.

Rapidamente la Tarte Tropézienne diventa un simbolo dell’eleganza e di Saint Tropez, la sua notorietà si diffonde in tutto il mondo e la ricetta originale viene custodita e tramandata. Per proteggere la sua creazione, Alexandre Micka decise di depositare il marchio "Tarte Tropézienne".

Caratteristiche della Tarte Tropézienne

La Tarte Tropézienne è una brioche morbida, burrosa e soffice che si scioglie in bocca, farcita con una crema pasticcera leggera e profumata, e per compleatre una spolverata di zucchero a velo. La sua crosta è dorata e croccante, mentre l'interno è morbido e cremoso. Il contrasto tra le due consistenze, unito al sapore delicato della crema, la rende un dolce irresistibile. La forma classica caratteristica è leggermente rotonda e schiacciata.

Questo capolavoro di dolcezza è un dolce protetto, infatti ha ottenuto la denominazione di origine protetta (IGP) a garanzia della sua autenticità e della sua qualità.

Ovviamente col tempo molti pasticcieri si sono cimentati nella produzione del dolce e a lasciare il segno con qualche personalizzazione nelle aromatizzazioni, crema o forma.

Vuoi provare a prepararla a casa?

tarte tropézienne a forma di margherita con mano di lato

La ricetta

La ricetta originale della Tarte Tropézienne è segreta e tale rimane, però si possono trovare varie versioni che si avvicinano all’originale e le rivisitazioni di molti pasticcieri. Ad esempio Cedric Grolet le dà una forma floreale e arricchisce la crema pasticciera con mascarpone e panna, altri usano la chiboust, ossia una crema pasticciera con meringa all’italiana. Qualcuno usa la diplomatica, la crema pasticciera con la panna e chi la mousseline, la pasticcera con burro. Ma non finisce qui: c’è chi bagna la base della brioche con l’acqua ai fiori d’arancio e chi profuma solo la crema, qualcuno cuoce subito la brioche e qualcuno invece la fa riposare almeno una notte.

Quale fare? Quale la migliore?

La migliore è sicuramente quella che incontra maggiormente il nostro gusto personale: una soffice pasta brioche ricoperta di granella di zucchero croccante che racchiude una delicatissima crema, questo è quello che hanno in comune tutte le Tropézienne!

Arriviamo così alla mia versione che ricorda, da lontano, una margherita e quindi le forma a fiore di Cedric Grolet (ovviamente molto più bella). La brioche, soffice e burrosa, l’ho profumata con zest di arancia e poi farcita con una crema diplomatica aromatizzata con vaniglia, limone e essenza di fiori d’arancio.

Sono stata molto parca in zucchero, e ho ottenuto così una Tropézienne davvero deliziosa, non mi resta che lasciarti la ricetta.

Ingredienti


Per l’impasto brioche
  • 250 g di farina di frumento tipo 0 (12,5% di proteine)
  • 200 g di burro a temperatura ambiente
  • 160 g di uova intere
  • 30 g di zuchero semolato fine
  • 3,5 g lievito birra disidratato
  • Buccia arancia grattugiata
  • Latte per spennellare la superficie
  • Granella di zucchero
Per la crema diplomatica
  • 220 g di latte intero
  • 40 g di tuorli
  • 40 g di zucchero semolato
  • 20 g di amido di frumento
  • 4 g agar agar (o gelatina bloom 200)
  • Buccia di limone
  • Bacca di vaniglia
  • 1 cucchiaino di essenza di fiori d’arancio
  • 200 g di panna fresca da montare

Procedimento

Per la pasta brioche

Nella ciotola della planetaria, munita di gancio a uncino, setaccia la farina, aggiungi il sale, lo zucchero e il lievito. Avvia la planetaria, lascia che le polveri si mescolino, poi aggiungi gradualmente le uova leggermente sbattute.

Appena le uova saranno state assorbite unisci, a media velocità, il burro a cubetti un po’ alla volta. Continua ad aggiungere il burro a mano a mano che il precedente è stato incorporato.

Per ultimo unisci all’impasto lo zest d’arancia.

Tieni la velocità della planetaria medio-alta e fai lavorare. Ogni tanto spegni la macchina, stacca l’impasto dalle pareti della ciotola, e fai ripartire. Ci vorranno circa 20/25 minuti. Fai attenzione alla temperatura dell’impasto che non salga sopra i 24° C, se così fosse fai raffreddare in frigorifero la ciotola per qualche minuto.

Quando l’impasto sarà ben incordato, si aggrappa al gancio e sbatte sulle pareti della ciotola, è pronto per essere coperto con pellicola alimentare e lasciato a temperatura ambiente “a puntare”, dovrà raddoppiare il volume.

Metti ora la ciotola in frigorifero e lasciala per tutta la notte (almeno 10 ore).

Il giorno dopo estrai l’impasto dal frigo e lascialo a temperatura ambiente per 30 minuti, poi rovescialo su un piano di lavoro e dividilo in parti uguali dello stesso peso. Con ogni parte forma quello che sarà poi il petalo del fiore: crea un ovale e allunga una delle estremità. Procedi con tutte le parti della brioche.

Ora sistema i “petali”su una teglia, rivestita con carta forno, con le parti strette che convergono verso il centro, uno vicino all’altro. Per far mantenere la forma puoi anche aiutarti con un anello d’acciaio traforato a forma di fiore.

Copri con pellicola alimentare e lascia lievitare fino al raddoppio.

Spennella la superficie con del latte e cospargi con granella di zucchero.

Cottura in forno preriscaldato statico a 165° C per 20/25 minuti. Poi sforna e lascia raffreddare. Se hai usato un anello per la forma toglilo, passando prima un coltello lungo i bordi.

Per la crema diplomatica

In una casseruola scalda, portandolo quasi a ebollizione, il latte con la buccia di limone, una bacca di limone e l’essenza di fiori d’arancio. Lascia in infusione.

Nel frattempo monta i tuorli con lo zucchero e poi aggiungi l’amido di frumento setacciato, sciogliendolo bene.

Filtra un po’ di latte sul composto di uova e mescola bene con la frusta. Quando hai amalgamato aggiungi il resto del latte filtrato.

Versa il composto nuovamente nella casseruola e cuoci mescolando continuamente fino a quando la crema non inizia ad addensarsi. Unisci l’agar agar, mescola bene e raggiungi gli 82° C.

Ora sposta la crema in un altro contenitore, copri con pellicola a contatto e conserva in frigo per almeno un’ora.

Monta la panna: deve risultare montata a neve ma non ben ferma. Trasferisci un terzo della panna nella crema pasticcera e incorporala lavorando il composto con una frusta allentando il composto. Poi aggiungi un altro terzo e, sempre con la frusta, amalgalo con movimenti che vanno dal basso verso l’alto. Infine ripeti con l’ultimo terzo di panna.

Trasferisci la crema diplomatica in una sac à poche munita di bocchetta liscia da 10 mm e trasferisci in frigorifero fino al momento di utilizzo.

Montaggio del dolce

Taglia la brioche con un coltello seghettato poco sopra la metà (la parte superiore non deve essere molto pesante).

Nella parte inferiore della brioche, iniziando dai bordi e andando verso il centro, dosa la crema creando delle “boulle” (palle).

Prima di appoggiare la calotta superiore sulla crema, riponi in frigorifero per 15 minuti.
Poi copri e spolvera con lo zucchero a velo.




27 giugno 2024

Tarte au Sucre di Cedric Grolet

Tarte au Sucre di Cedric Grolet


tarte au sucre di Cedric Grolet su vassoio di marmo scuro


La Tarte au Sucre è un dolce tipico della Francia del Nord e del Belgio: una pasta brioche burrosa e morbida con la superficie dorata, leggermente croccante e un po' appiccicosa, grazie allo zucchero sulla
superficie. Un dolce semplice da realizzare ma dal gusto irresistibilmente delizioso. 

A differenza di altri dolci francesi, questa tarte non gode della loro stessa notorietà. Probabilmente perché in realtà è una pasta brioche. 
La tarte au sucre è semplice ma molto elegante e golosa, letteralmente da leccarsi le dita. Proprio questa sua essenzialità la rende adatta a una vasta serie di abbinamenti, ed è perfetta per colazione, ottima a merenda, ma può anche essere servita come dessert.

La Tarte au Sucre rientra nel tema del mese di #frameofbreak scelto con le mie amiche Gioia e Gabriella: la Francia.

Gioia Barbieri nel suo articolo ci porta in viaggio tra le regioni francesi raccontandoci i loro dolci.

Gabriella Rizzo, sul suo sito, ci parla della sua ultima lettura, "Il mistero di Rue Des Saint-Péres" di Claude Izner, un giallo ambientato nella Parigi del XIX secolo dove Victor Legris, un libraio e investigatore dilettante, che si trova coinvolto in una serie di omicidi misteriosi durante L'Esposizione Universale. Accompagna la lettura con dei golosi eclair al cioccolato.

La tarte au sucre all'apparenza potrebbe essere scambiata per una focaccia, magari proprio la focaccia che nelle varie versioni, antiche e moderne, Cappuccetto Rosso porta alla nonna. Non posso parlare per altri, ma sinceramente il mio lupo si sarebbe mangiato sicuramente la focaccia dolce. Naturalmente il finale e la morale della favola sarebbe stata diversa, ma come canta Eugenio Finardi, nella sua bellissima "Favola", "i lupi non fan più paura a nessuno, ce ne son così pochi e vivono tanto lontano"...

Ecco forse preferisco decisamente le versioni moderne di Cappuccetto Rosso (come "Cappuccetto Distratto" di Cinzia Razzoli, illustrato da Isabella Ongaro), che rientrano nell'antifavola classica con Cappuccetto Distratto, che comunque indossa la sua mantellina rossa, è decisamente una ragazzina sveglia, ha una mamma che studia pasticceria, ed è contornata da altri personaggi fantasiosi. Un libro decisamente divertente e piacevole, che senza essere "cruento" insegna che il finale, come il nostro destino, lo determiniamo noi con le nostre scelte e le nostre azioni. In comune tutti i vari Cappuccetto Rossi hanno che portano le leccornie alla nonna e passano attraverso il bosco.

La Tarte au Sucre, purtroppo, non la vediamo protagonista di libri o film, possiamo forse, appunto, trovarla citata o fare qualche fugace apparizione, spesso come simbolo di comfort food, della casa, dei piaceri della vita e della cultura francese. Appartiene a quelle preparazioni tradizionali che hanno il potere di suscitare ed evocare emozioni e ricordi. 

Storia della tarte au sucre

La Tarte au Sucre ha una lunga e affascinante storia, affonda le sue radici, sembra, nel Medioevo

Le sue origini precise però restano misteriose, ma si pensa che il dolce sia nato nelle regioni del nord della Francia e del Belgio, dove la coltivazione delle barbabietole da zucchero era particolarmente diffusa.

Era un dolce semplice e preparato nelle case contadine con pochi ingredienti come farina, burro, uova e zucchero. In un'epoca in cui lo zucchero era un bene prezioso, la tarte au sucre rappresentava il dolce riservato alle occasioni speciali o alle festività. 

Nel corso dei secoli, la tarte au sucre ha guadagnato popolarità in tutto il nord Europa, diventando un simbolo della tradizione culinaria di queste regioni. La sua semplicità e bontà l'hanno resa un dolce amato da persone di tutte le età e ceti sociali.

L'arrivo dello zucchero di barbabietola nel XVIII secolo ha dato un'ulteriore spinta alla diffusione della tarte au sucre, rendendola ancora più accessibile e apprezzata. Nel XIX secolo Napoleone, a seguito del blocco continentale che creò penuria di zucchero di canna, incoraggiò la regione del Nord-Passo di Calais nella produzione di zucchero di barbabietola. La crescita di questa industria portò notevoli vantaggi economici e favorì la diffusione e la popolarità della torta in tutta l'area.

La tarte au sucre rappresenta un pezzo di storia antropo-culinaria, simboleggia l'identità e la cultura di un territorio.


Tarte au sucre di Cedric Grommet su vassoio di marmo con dettaglio fetta

La ricetta della Tarte au Sucre di Cédric Grolet

La tarte au sucre è una viennoiserie che si può trovare nelle boulangerie o nelle pasticcerie francesi e belga.

La ricetta tradizionale (tramandata nelle famiglie) diceva di mescolare tutti gli ingredienti in una ciotola, poi lasciar lievitare, dopodiché stendere in una teglia, ricoprire di zucchero e poi infornare fino a doratura. Col tempo la ricetta ha subito delle variazioni adattandosi ai cambiamenti sociali ed economici e adattandosi ai gusti e alle esigenze di epoche diverse. Possiamo così notare l'aggiunta di frutta secca, spezie o liquori, oppure delle modifiche di impasto. 

Diverse rivisitazioni della tarte au sucre sono state proposte anche da alcuni grandi chef.

Trai vari nomi troviamo anche Cedric Grolet, celebre e premiato pastry chef, che ha scelto la semplicità per la sua tarte au sucre, e proprio questa caratteristica rende il suo lievitato molto speciale e meravigliosamente buono. La sua tarte è senza aromi, in modo che possa essere abbinata a preparazioni sia dolci che salate, è burrosissima, morbida e soffice come una nuvola. Semplicemente meravigliosa.

Prima di procedere alcune piccole raccomandazioni:

  • procuriamoci dell'ottimo burro. Questa brioche non ha aromi il burro è il protagonista e deve avere profumo e aroma di latte, non deve essere forte e sapere di formaggio, meglio poi se salato;
  • Cedric Grolet usa una farina T45, che è più forte di una nostra farina 180W, ma è più debole di una Manitoba. Io ho scelto una farina di frumento tipo 0 con 12,5% di proteine;
  • la dose di lievito potrebbe sembrare eccessiva, ma dobbiamo considerare che è un impasto molto ricco di burro... a discrezione se ridurre la quantità di lievito aumentando i tempi di lievitazione;
  • per impastare meglio usare una planetaria o un'impastatrice. Si potrebbe lavorare anche a mano, ma vista la complessità dell'impasto l'inserimento del burro potrebbe risultare molto laborioso e la pasta potrebbe non arrivare alla corretta incordatura;
  • la tarte au sucre andrebbe mangiata a temperatura ambiente o leggermente tiepida
Non resta che metterci al lavoro per realizzare una buonissima tarte au sucre.

Ingredienti

Impasto

  • 250 g di farina di frumento tipo 0 (12,5% di proteine)
  • 115 g di uova a temperatura ambiente
  • 40 g di latte intero a temperatura ambiente
  • 30 g di zucchero semolato
  • 10 g di lievito fresco di birra
  • 6 g di sale
  • 125 g di burro 

Per completare

  • burro a cubetti (meglio se salato o leggermente salato)
  • zucchero semolato

Procedimento

Nella ciotola della planetaria, munita di gancio impastatore (quello a uncino), metti la farina setacciata, lo zucchero e versa il latte in cui avrai sciolto il lievito. 

Lavora fino a quando si forma un impasto grossolano.

Ora aggiungi le uova leggermente sbattute con il sale, appena saranno assorbite, unisci il burro un pezzettino alla volta. Lavora a bassa velocità (la 2), poi quando il burro è stato incorporato impasta per 10 minuti alla velocità 2/4.

Trasferisci l'impasto, che sarà molto morbido, in una ciotola imburrata, copri con pellicola alimentare e mettila in frigorifero per almeno 12 ore.

Trascorse le 12 ore, riprendi l'impasto e lascialo a temperatura ambiente per circa 2 ore, dopo mettilo su un tappetino di silicone (o carta forno) leggermente infarinato e forma una palla, capovolgila, appiattiscila e sgonfiala leggermente.

Porta i lembi della pasta verso il centro formando una palla e capovolgi di nuovo in modo che le pieghe siano sul fondo.

Con un matterello stendi la pasta allo spessore di 7-8 mm. Poi con un anello imburrato da 20 cm ricava la forma dalla pasta brioche.

Lascia la pasta all'interno dell'anello, copri con pellicola e fai lievitare per circa 60-90 minuti.

Accendi il forno statico a 170° C.

Con l'indice leggermente infarinato forma i buchi sulla superficie della pasta brioche, spolverizza con lo zucchero semolato, poi metti un pezzetto di burro all'interno di ogni buco e cospargi nuovamente con altro zucchero.

Inforna per 20-30 minuti.

Appena sfornato rimuovi l'anello e metti la tarte au sucre su una gratella per farla raffreddare.



21 maggio 2024

Maritozzi ricetta campana

Maritozzi ricetta campana



maritozzi con la panna su piano in ardesia, su panno bianco e tavolo in marmo, una mano entra dal lato destro con un dito che prende della panna


I maritozzi con la panna sono un grande classico della pasticceria italiana, eletto dolce simbolo di Roma.

Impossibile resistere alla bontà, alla semplicità e alla delicatezza di questo soffice pan brioche farcito di delicata panna. Immancabile poi la nevicata di zucchero a velo.

Negli ultimi tempi abbiamo visto affiancarsi al grande classico anche delle versioni nuove: quelle da gourmet e versioni salate, diventando così anche Street Food.

La storia

La storia dei maritozzi affonda nelle radici del tempo, e precisamente nell’antica Roma.

Si narra che le donne preparavano dei piccoli panini ripieni di ricotta, miele e uva passa da dare ai mariti per rendere meno oneroso il duro lavori dei campi. Quello che oggi chiameremmo "cibo energizzante".

Questa tradizione continua nei secoli e arriva a noi subendo anche molti cambiamenti. Con la "scoperta" dello zucchero, e il suo uso, ecco il cambiamento e la modernità che modifica il sapore primitivo dei primi maritozzi. 

Luigi Zannazzo, antropologo e poeta romano, racconta l'etimologia del nome maritozzo che sembra derivare dal pegno d'amore che i giovani innamorati regalavano alle future spose tre settimane prima dell'arrivo della Quaresima, da qui "maritozzo" come vezzeggiativo di "marito". Nascosto nella morbida panna c'era un anello d'oro o degli orecchini, o un qualsiasi gioiello che rappresentava l'impegno verso l'amata. 

Non mancano ovviamente le leggende popolari legate a questo panino dolce. Una di queste racconta che le fanciulle che preparavano il maritozzo più buono si prendevano il giovani scapoli più belli. Un’altra narra che i giovani erano soliti regalare questi dolci alle future spose, che soprannominavano "maritozzi" i donatori.

La ricetta dei maritozzi

I maritozzi non sono un’esclusiva romana, anche se i suoi natali lo sono, ma lo troviamo in diverse regioni italiane, con delle varianti negli ingredienti o nella forma. 

Questa è la ricetta campana del maestro Sal De Riso, leggermente rivisitata, e tratta dal libro  “Dolci di Famiglia”, in cui dedica una sezione alle merende e, volendo, colazioni per i bambini. 

L'impasto dei maritozzi è soffice, come una nuvola, e profumato con scorza di limone o vaniglia, viene lavorato e lasciato lievitare con cura. È proprio la lievitazione, doppia, che permette all’impasto di sviluppare alveoli che lo rendono leggero e arioso.

La farcitura tradizionale è la panna montata fresca, zuccherata a piacere. La sua cremosità contrasta perfettamente con la morbidezza del pan brioche, creando un connubio di sapori irresistibile.

Ma la fantasia non pone limiti al ripieno dei maritozzi: crema pasticcera, nutella, ricotta, marmellata o frutta fresca sono solo alcuni dei gusti che possono arricchire questo dolce romano.

I maritozzi sono una deliziosa pausa dolce da gustare in ogni momento: perfetti per una colazione golosa, una pausa caffè pomeridiana o un dessert dopo il pasto. Possono essere gustati da soli o accompagnati da un buon caffè o un bicchiere di vino bianco dolce. La loro semplicità li rende adatti a qualsiasi occasione, regalando un momento di dolcezza in ogni momento della giornata.

Ingredienti 15 maritozzi

  • 500 g di farina di frumento tipo 0 forte (12,5% di proteine)
  • 40 g di olio extravergine d’oliva
  • 45 g di burro morbido
  • 75 g di zucchero
  • 110 g di uova intere (2 uova)
  • 5 g di lievito di birra fresco
  • 50 g di latte condensato
  • 110 g di acqua a temperatura ambiente
  • 1/2 baccello di vaniglia 
  • una presa di sale

Per la glassa di zucchero all’acqua

  • 100 g di zucchero a velo
  • 30 g di acqua

Per comporre e decorare

  • panna fresca
  • zucchero a velo vanigliato

Procedimento

Nella planetaria, con il gancio a uncino, (o a mano in una ciotola capiente) versa la farina e crea un incavo. Al centro metti lo zucchero, il latte condensato e i semi di vaniglia.

Sciogli il lievito nell'acqua, versalo nella planetaria e azionala.

Sbatti leggermente le uova con il sale e aggiungile all'impasto. 

Quando le uova sono state assorbite inserisci il burro e poi l'olio.

Continua a lavorare l'impasto fino a ottenere una pasta liscia e omogenea. La lavorazione dovrà durare circa 15 minuti.

Metti l'impasto in una ciotola e copri con pellicola alimentare e fai lievitare fino al raddoppio del suo volume.

Prendi l'impasto mettilo su un piano di lavoro e porzionalo: forma dei pezzi da 60 g l'uno, poi arrotonda, pirla, e dai la forma del maritozzo.

Sistema i maritozzi formati su una teglia rivestita con carta forno, poi copri la teglia con la pellicola alimentare e fai nuovamente lievitare fino a triplicare il volume.

Prepara la glassa di zucchero: mescola lo zucchero a velo con l'acqua.

Prima di infornare i maritozzi spennello delicatamente la glassa sulla superficie.

Cottura in forno preriscaldato statico a 180° C per 10-12 minuti.

Appena pronti sfornali e lasciali raffreddare su una griglia per dolci.

Monta la panna con lo zucchero a velo.

Taglia il maritozzo, farcisci con una bella e generosa spatolata di panna montata, decora con zucchero a velo e servi.


I maritozzi non farciti puoi conservarli nel congelatore e poi scaldarli prima di consumarli, così saranno sempre come appena fatti.

7 gennaio 2024

Focaccia della Befana

Focaccia della Befana



focaccia della befana


La focaccia della Befana è un lievitato dolce di tradizione piemontese che si prepara proprio per il giorno dell'Epifania.

La focaccia è un pan brioche basso profumato di origine popolare che si prepara solo ed esclusivamente per il giorno dell'Epifania. 

Originaria del Basso Piemonte, ora diffusa in tutta la regione, la focaccia rientra nell'elenco dei prodotti PAT.

Sembra che anticamente la focaccia fosse preparata con ingredienti reperibili in tutte le case: farina, latte, uova, lievito e zucchero. Solo successivamente è stata arricchita dagli aromi di arancia, vaniglia, e nelle recenti rielaborazioni si possono trovare anche i canditi nell'impasto.

La leggenda vuole che all'interno venga nascosta una fava, o due, una bianca e una nera. Nella zona del cuneese era tradizione che chi trovava la fava nera doveva pagare il vino mentre chi trovava la fava bianca doveva pagare la focaccia.

Da che ho memoria nella focaccia ho sempre visto una sola fava, che portava l'augurio propiziatorio di anno fortunato per chi l'avesse trovata.

La ricetta

La focaccia della Befana è un lievitato dolce la cui caratteristica è la forma bassa che ricorda un sole o un fiore, nascosto all'interno c'è la fava portafortuna.

Per realizzare la focaccia io ho preparato un mix aromatico, ma si può anche non fare e inserire direttamente nell'impasto la buccia di arancia grattugiata e l'essenze. Se non fai il mix aromatico puoi anche non mettere il miele e aumentare la dose di zucchero a 120 g.

Questo dolce è perfetto per una merenda in compagnia con una buona tazza di tè.

  

Ingredienti

  • 500 g di farina tipo 0 (proteine 12,5-13%)
  • 120 g di burro
  • 8 g di lievito di birra fresco
  • 100 gr di zucchero semolato
  • 25 g di miele millefiori
  • 120 g uova bio
  • 150 g di latte fresco
  • 10 g sale
  • 5 gocce di essenza di vaniglia o fiori d'arancio
  • buccia grattugiata di un'arancia bio
  • fava secca 
  • latte per spennellare
  • granella di zucchero

Procedimento

Prepara il mix aromatico il giorno prima di impastare la focaccia. In una tazza mescola il miele, le essenze e la buccia grattugiata dell'arancia, copri con pellicola e metti da parte. 

Per impastare puoi procedere a mano o usare la planetaria con il gancio ad uncino.

Sciogli il lievito nel latte.

Metti in un'ampia ciotola la farina, mescolala allo zucchero, versa il latte con il lievito e inizia ad impastare.

Quando il latte è stato assorbito metti il sale e poi aggiungi le uova leggermente sbattute, continua a lavorare l'impasto.

Ora inserisci gli aromi, o il mix aromatico, sempre continuando a lavorare per amalgamare bene gli ingredienti.

Infine aggiungi il burro morbido a pezzi, uno alla volta e non inserire il successivo finché il primo non è stato assorbito.

Per ultimo inserisci la fava, lavora ancora finché l'impasto non sarà lucido, incordato ed elastico.

Copri con pellicola alimentare la ciotola con l'impasto e mettila in frigorifero per 12 ore.

Fodera con carta forno una teglia o una tortiera da 32 cm (in alternativa imburra), schiaccia l'impasto all'interno. La pasta sarà dura e poco lievitata.

Con una tazzina o un tagliabiscotti rotondo crea il centro, ma non incidere la pasta. Ora con un tarocco o un coltello dividi l'impasto in 4, poi ogni quarto in tre parti. Avrai così dodici spicchi. Arrotola ogni spicchio su se stesso formando delle eliche. Copri con pellicola e lascia lievitare fino al raddoppio.

Prima di infornare spolvera la focaccia con la granella di zucchero, poi cuoci in forno preriscaldato, statico, a 180° C per 30-40 minuti.

Sforna e lascia raffreddare su una gratella per dolci prima di servirla.


16 ottobre 2023

La Torta Elisabetta di Nonna Papera

La Torta Elisabetta di Nonna Papera

Torta Elisabetta di Nonna Papera

La torta Elisabetta di Nonna Papera è una soffice torta formata da tante palline di pasta brioche farcite. Si chiamerebbe danubio dolce, ricorda il buchtlen, ma nel Manuale di Nonna Papera i nomi delle varie preparazioni vengono cambiati a favore di nomi di fantasia che hanno un richiamo storico.

Con Gioia e Gabriella, le mie amiche del progetto #frameofbreak, vogliamo unirci ai festeggiamenti del centenario della Walt Disney, che ricorre il 16 ottobre 2023. Per restare nel tema abbiamo pensato di preparare qualcosa tratto appunto dal fantastico mondo Disney.

Gabriella ricorda Pinocchio e prepara una golosa torta cioccolato e pere... con buccia o senza? vai a scoprirlo.

Gioia, ispirata dal film d'animazione "La principessa e il ranocchio", cucina dei deliziosi brownies con le noci pecan, tipiche del sud degli USA.

Io sono stata molto indecisa da quale film o fumetto farmi ispirare, e così alla fine, ho scelto il personaggio di Nonna Papera e una delle sue ricette presente sul suo manuale. Nonna Papera la potremmo potremmo considerare una delle prime food writer anche se appartenente al mondo dei fumetti e dell’animazione, con il suo manuale di cucina e consigli domestici che ha accompagnato, e ancora lo fa, intere generazioni dal 1970.


Ma facciamo una piccola parentesi su chi è Walt Disney.


Walt Disney


Walt Disney, alias Walt Disney Company, è la multinazionale fondata nel 1923 con il nome di Disney Brothers Cartoon Studios da Walter Elias Disney (meglio noto come Walt Disney) e suo fratello Roy; successivamente, nel 1926 rinominata The Walt Disney Studio, nel 1929 cambia nome in Walt Disney Production, e nel 1986 infine prende il nome con il quale la conosciamo oggi.


Tutto nasce da Walt Disney, all'anagrafe Walter Elias Disney, disegnatore americano che rappresenta il simbolo americano del "self made", ossia chi realizza i propri sogni da solo. Lui nasce in una famiglia numerosa e svolge sin da piccolo lavoretti per aiutare. Le sue doti da disegnatore fuori dal comune si manifestano molto presto, aveva solo sette anni. A diciotto anni si trasferisce con il fratello Roy a Hollywood e in pochi anni riesce a raggiungere il successo con una serie di fumetti, tra i quali Mickey Mouse, con il quel nel 1928 realizza il primo cartone animato con il sonoro. Da qui è tutto un percorso in salita ricco di successi, infatti diventa famoso per i fumetti, film d'animazione e non, e nel 1944 realizza un altro sogno: un parco a tema, il primo, Disneyland. Durante il discorso di inaugurazione lo stesso Walt Disney dirà:

Qui gli adulti rivivranno i loro più teneri ricordi del passato e i più giovani potranno assaporare le sfide e le promesse del futuro. Disneyland è dedicato agli ideali, ai sogni e alle realtà che hanno fondato l’America, nella speranza che ognuno ne tragga forza, gioia e ispirazione.

Non era che il primo di altri parchi tematici dei divertimenti, ora nell'impero ci sono anche i vari merchandising.

Walt Disney muore nel 1966, lasciando un impero, e il suo nome è divenuto leggenda nel mondo del cinema.

Walt Disney era ed è tutt'ora il magico produttore di sogni, capace di emozionare grandi e piccini.

Ultima cosa Walt Disney è stato non solo disegnatore ma anche imprenditore, produttore cinematografico, doppiatore e regista. Molti dei suoi lavori hanno avuto importanti riconoscimenti come gli Oscar.


Ora scopriamo qualcosa su Nonna Papera, uno dei personaggi dei noti giornalini a fumetti dell'impero Walt Disney. 

Nonna Papera

Nonna Papera e il suo Manuale


Nonna Papera è la cuoca per eccellenza nelle strisce dei fumetti. Impossibile non ricordare le sue torte fumanti messe a raffreddare sul davanzale. È una super anziana arzilla nonnina sempre molto impegnata in mille attività e sempre di corsa. Abita fuori città in una fattoria con i suoi animali di cui si occupa personalmente, e con il nipote dormiglione Ciccio. 

Nonna Papera, il cui nome è Elvira Coot, è un personaggio inventato da Al Tagliaferro. Nonna Papera è figlia di Clinton Coot, fondatore delle Giovani Marmotte, e nipote di Cornelius, fondatore di Paperopoli.

Elvira e il marito Humperdink Duck hanno avuto tre figli: Eider, il padre di Paperoga e del meno noto Abner "Chiarafonte", il forzuto di famiglia; Dafne, la madre di Gastone, fortunatissima anche lei; e Quackmore, il padre dei gemelli Donald (ovvero Paperino) e Della, che poi sarebbe la mamma di Qui, Quo e Qua.

Il Manuale di Nonna Papera viene stampato per la prima volta nel 1970 edito da Mondadori, e nel 2015 la casa editrice Giunti ha deciso di ripubblicarlo. 
La prima edizione del manuale era stato curato da Mario Gentilini (direttore di Topolino), Giovan Battista Carpi, illustratore, e Elisa Penna, autrice dei testi.
Nel manuale troviamo le ricette e alla fine dei consigli domestici per la cura della casa. È un libro per bambini, ma ho visto anche adulti che lo hanno caro nella loro biblioteca; le ricette non hanno le foto bisogna usare l'immaginazione per realizzarli seguendo solo le istruzioni. Il manuale è illustrato con i personaggi dei fumetti che impersonano personaggi e situazioni storiche o mitologiche. Ecco che così ci ritroviamo Paperino nelle vesti di Goffredo di Buglione alle Crociate, Pippo un buffo Re Sole, Archimede Pitagorico è Ulisse, e la stessa Nonna Papera nei panni della Gioconda. Un modo per abbinare alla cucina qualche nozione di storia e mitologia, perché tutte le ricette sono introdotte da cenni storici, dalla Storia vera e propria: partendo dal paleolitico fino alla conquista dello spazio, con qualche salto temporale, significativo sicuramente per la Storia ma non per il manuale, in fondo il suo fine era un altro.

Altra cosa interessante di questo libro è che, a dispetto di quello che si può pensare, non si trovano le tipiche ricette degli States come pancakes soffici, impilati e cosparsi di sciroppo d'acero che ci hanno fatto venire l'acquolina in bocca da bambini mentre leggevamo il giornalino, o le tipiche pie che Nonna Papera sforna in continuazione e mette a raffreddare sul davanzale della cucina.

Grazie a Sabrine d'Aubergine, e al suo progetto della "raccolta delle ricette di Nonna Papera quarant'anni dopo", scopriamo che la Nonna Papera gastronoma non è americana ma italiana, e infatti nella fantasia americana la tipica nonna che cucina è una nonna italiana. La ricerca di Sabrine d'Aubergine ci conduce a un'altra collaboratrice italiana che ha aiutato nella redazione del manuale, e dopo moltissimi anni ecco svelata la nostra Nonna Papera: Luisa Ridolfi, professoressa di sociologia che, appena laureata, ha aiutato nella selezione delle ricette, e i nomi fantasiosi, per il progetto del manuale già ben disegnato. 

Ma ora torniamo a noi e alla nostra Torta Elisabetta.

Torta Elisabetta di Nonna Papera


Torta Elisabetta, la ricetta


La Torta Elisabetta è una ricetta tratta dal Manuale di Nonna Papera. È il classico danubio in versione dolce, ossia delle palline di pasta brioche ripiena, messe a lievitare una vicina all’altra. Le palline lievitando e poi in cottura si uniscono e formano così una torta. Starà a noi scegliere come servirla: se tagliarla a fette o se lasciare che ognuno si stacchi la propria pallina, che conterrà un ripieno goloso.


Nel manuale la torta Elisabetta è un omaggio a Elisabetta I d’Inghilterra, le sue conquiste e il suo amato teatro shakespeariano.


Le ricette di Nonna Papera, ahimè, sono un po’ approssimative: usa come unità di misura bicchieri e cucchiai. Ma una volte le nonne si regolavano, diciamo a sentimento, a occhio. Non volendo modificare  quanto scritto sul manuale ho scritto tra parentesi le mie indicazioni. 


Ho farcito le palline della torta con della confettura di ciliegie, mi piaceva il contrasto di colore, ma anche nel gusto è stata una scelta corretta e ben bilanciata, perché l'impasto è poco dolce e la nota agrumata si accompagna perfettamente con le ciliegie della confettura. 

Il dolce è soffice, profumato, delicato e goloso, perfetto per colazione o per merenda, magari accompagnato da una bella tazza di tè.


Ingredienti

  • 300 g di farina di frumento (tipo 0 W230-260)
  • 130 g di burro
  • 1 bustina di lievito di birra disidratato (ho ridotto la dose a 3 g)
  • 1 limone bio
  • 2 uova bio (120 g circa)
  • 1 bicchiere di latte (circa 100 ml)
  • sale (5 g)
  • 1 vasetto di confettura (io ciliegie)

Procedimento

Sciogli il lievito di birra in una tazza con due cucchiai di acqua tiepida.

In una ciotola metti la farina, il sale, le uova, lo zucchero, la scorza grattugiata del limone, il lievito di birra sciolto e inizia a mescolare con un cucchiaio (se preferisci puoi usare la planetaria).

Aggiungi 80 g di burro sciolto e impasta bene.

Poco alla volta unisci il latte, probabilmente non servirà tutto ma solo quello che l'impasto assorbe, fino a quando non avrai una pasta morbida ed elastica.

Sistema l'impasto nella ciotola coperta con pellicola alimentare e lascia lievitare per 2-3 ore in ambiente tiepido.

Trascorso il tempo di riposo metti l'impasto su un piano di lavoro e dividi la pasta in pezzetti tutti dello stesso peso. 

Stendi i pezzi di pasta, metti al centro un cucchiaino scarso di confettura e richiudi formando una pallina. Procedi con tutti i pezzetti.

Fodera con carta forno una teglia dal diametro di 24 cm.

Nella ricetta di Nonna Papera devi passare la chiusura delle palline farcite nel burro sciolto e poi sistemarle nella teglia con la chiusura verso il basso lasciando dello spazio l'una dall'altra per la lievitazione.

Una volta sistemate tutte le palline, copri con pellicola e lascia riposare per circa due ore. La pasta si gonfierà e riempirà gli spazi vuoti.

Preriscalda il forno a 180° C in modalità statica e cuoci per circa 25-30 minuti.

Sforna e lascia intiepidire su una griglia per dolci.

Se piace completa prima di servire con una spolverata di zucchero a velo.






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