Un viaggio tra memoria, profumi e dolci della tradizione campana
Ci sono ricette che non si leggono: si ricordano. Ricette che non hanno bisogno di spiegazioni perché sono custodite nelle mani, nei gesti tramandati, negli occhi di chi ci guardava cucinare da bambini. È questo il cuore pulsante della “Cucina dei Ricordi” di cui parla Simonetta Agnello Hornby: una cucina fatta di emozioni, sensazioni e profumi che abitano dentro di noi e riaffiorano ogni volta che torniamo ai sapori della nostra infanzia.
Oggi, nella quiete lenta di una domenica “prima della festa”, ho aperto il mio cimelio di famiglia: la vecchia agenda di mia nonna, quella in cui appuntava solo gli ingredienti, senza mai indicare il procedimento. Perché quello, come racconta la Hornby, si sapeva. Le nonne erano così: essenziali, sicure, precise senza bisogno di molte parole.
È da questa agenda che oggi preparo i viccilli (così li chiamava mia nonna), una ricetta cilentana che in altre zone della Campania è meglio conosciuta come graffe di patate, ciambelle di patate o zeppole di patate. Per noi in casa, però, sono sempre rimasti semplicemente viccilli, il dolce dell’infanzia, delle mani sporche di zucchero e delle risate attorno alla tavola.
La ritualità dei gesti lenti: la magia della cucina dei ricordi
Niente scorciatoie.
Oggi ho deciso di cucinare esattamente come faceva lei.
Ho messo a bollire le patate – avrei potuto cuocerle a vapore, al microonde, già tagliate… ma no. La scelta “lunga” è venuta da sé. Le ho scolate, lasciate intiepidire, poi pulite una ad una, eliminando ogni piccola parte imperfetta come faceva mia nonna.
Ho pesato gli ingredienti, preparato tutto sul tavolo, e ho iniziato:
schiacciare le patate ancora tiepide
aggiungere il burro
grattugiare il limone direttamente sullo zucchero (il profumo a questo punto invade già la cucina)
sciogliere il lievito di birra fresco, rigorosamente il panetto intero da 25 g, in un po’ di latte caldo
Il lievito – quello vero, non quello chimico né disidratato che mia nonna non avrebbe mai usato – entra nella fontana di farina, insieme alle uova e allo zucchero aromatizzato.
E poi l’impasto.
A mano. Lentamente.
Le mani vanno da sole, come se fossero le sue.
Quando la pasta diventa una palla soffice, la copro con il solito grande piatto pesante e la lascio riposare, in silenzio, nel ritmo lento della casa.
Questa è la poesia dei gesti lenti: la cucina che cura, che riporta alla memoria, che nutre molto più del semplice palato.
Viccilli o graffe di patate: un po' di storia
I viccilli sono un dolce tipico del Cilento: ciambelle fritte a base di patate, morbide, profumate, poi immerse generosamente in zucchero e cannella.
Esistono in tutta la Campania con nomi diversi, ma la loro storia affonda radici lontane.
Si ritiene che l'origine delle graffe napoletane risalga al periodo della dominazione austriaca nel XVIII secolo. Le graffe, infatti, sarebbero una rielaborazione dei krapfen, dolci fritti tipici dell’area tedesca e austriaca.
Le due preparazioni oggi sono ben diverse, ma condividono la stessa radice etimologica:
krapfo (longobardo)
krappa (gotico)
Termini che indicavano l’“uncino”, forma antica delle frittelle originarie.
Da allora, la Campania ha fatto sua questa ricetta, trasformandola in uno dei dolci più amati e iconici.
Zucchero e cannella: la magia del tocco finale
Quando i viccilli sono ancora caldi, li tuffo in un misto di zucchero e cannella.
Non indico dosi precise: bisogna essere generosi.
Nell’impasto c’è poco zucchero, quindi la copertura serve sia per la dolcezza che per il profumo.
La cannella deve sentirsi, avvolgere, portare quel calore che sa di inverno, di casa, di festa.
E poi – proprio come faceva mia nonna – oltre alla forma a ciambella, preparo anche piccole palline irregolari, perfette da intingere in una crema pasticciera al limone… “per sgrassare”, come diceva lei.
Il dolce sapore delle cose che restano
E mentre l’ultimo viccillo si raffredda sul piatto, mi fermo un momento ad ascoltare il silenzio della cucina. È un silenzio pieno, denso, fatto di presenza.
Profuma di limone, di zucchero e di ricordi.
Capisco che non è solo una ricetta quella che ho preparato oggi.
È un ponte.
Un filo sottile che unisce chi eravamo a chi siamo diventati.
Ogni gesto lento, ogni granello di zucchero, ogni attesa davanti alla lievitazione mi ha riportata a lei, a quelle domeniche in cui bastava poco per sentirsi amati: una ciambella calda, una risata, una mano che ti guidava senza dirlo.
E allora sì, forse la cucina dei ricordi non è fatta per chi va di fretta.
È fatta per chi vuole ritrovarsi, per chi sa che certe ricette non si preparano: si custodiscono.
Oggi, nel profumo dei miei viccilli, c’era anche mia nonna.
E mentre ne addento uno, ancora tiepido, capisco che le persone che abbiamo amato davvero non se ne vanno mai: restano nei nostri gesti, nelle nostre mani, nelle ricette che continuiamo a impastare.
E ogni volta che portiamo in tavola un ricordo, lo riportiamo alla vita.
Un morso alla volta.
La ricetta
La ricetta dei viccilli, le morbide graffe di patate della tradizione cilentana, non è solo un insieme di ingredienti: è un piccolo rito fatto di lentezza, profumi e memoria. È una preparazione che nasce nelle cucine di un tempo, dove le donne impastavano senza bilance precise ma con una sapienza fatta di occhi, mani e cuore.
Queste ciambelle soffici, dorate e ricoperte di zucchero e cannella, hanno il potere di riportare indietro nel tempo chiunque le assaggi: ricordano le domeniche di famiglia, le feste dei paesi, i pomeriggi passati a guardare la nonna friggere “qualcosa di buono”.
È un invito a sedersi, respirare e ritrovare, nell’impasto tiepido tra le mani, le persone e i gesti che ci hanno insegnato cosa significa davvero “cucina di casa”.
Prepararle significa prendersi un momento per sé, scegliere la via lenta e lasciarsi avvolgere dai profumi di limone, burro e patate calde.
E ora, con il cuore pieno e le mani pronte, ecco la ricetta dei viccilli cilentani, così come ci è stata tramandata: autentica, semplice e meravigliosamente imperfetta.
Ingredienti
- 500 g di purea di patate
- 500 g di farina di frumento (io tipo 0)
- 25 g di lievito di birra fresco
- 180 g di uova intere (3 uova)
- 50 g di burro
- 5 g di sale
- buccia grattugiata di 1 limone
- 15 g di zucchero semolato (1 cucchiaio)
- 59-100 g di latte
- olio per friggere
- zucchero semolato e cannella per decorare
Procedimento
1. Preparazione delle patate
Lava e lessa le patate intere con la buccia.
Scolale, lasciale intiepidire, sbucciale e rimuovi eventuali imperfezioni.
Schiacciale finché sono ancora tiepide.
2. Aromatizzazione e base dell’impasto
Grattugia la scorza del limone direttamente nello zucchero.
Unisci il burro alle patate schiacciate e mescola.
3. Lievito e impasto
Sciogli il lievito fresco in un po’ di latte tiepido.
Disponi la farina a fontana in una ciotola capiente e aggiungi al centro: zucchero aromatizzato, uova leggermente sbattute e lievito sciolto.
Inizia a impastare a mano, incorporando le patate.
Se l’impasto è troppo asciutto, aggiungi ancora un po’ di latte.
Quando gli ingredienti sono tutti incorporati spostati sul piano di lavoro e lavora fino a ottenere una palla liscia e morbida.
4. Lievitazione
Metti l’impasto in una ciotola ampia e coprilo.
Lascialo riposare in un luogo tiepido per 1 ora.
5. Formatura delle ciambelle o viccilli
Puoi procedere in due modi:
- stendere l'impasto e formare le ciambelle con un coppapasta, il centro saranno le palline;
- prendere un pezzo di impasto, lavorarlo e formare un cordoncino e dare la forma di una ciambella, e crea anche delle palline irregolari.
Lascia riposare 20–30 minuti.
6. Frittura
Scalda l’olio a 170–175°C.
Friggi pochi pezzi per volta, girandoli finché sono ben dorati.
Scolali su carta assorbente.
7. Copertura finale
Mescola abbondante zucchero con cannella secondo il tuo gusto.
Passa i viccilli ancora caldi nella miscela per ricoprirli completamente.
Consigli finali per viccilli perfetti
Lo zucchero deve essere abbondante: nell’impasto ce n’è poco apposta.
La cannella deve profumare bene: dosala generosamente.
Le palline sono perfette da servire con crema pasticciera al limone.
Consumarli ancora tiepidi è il modo migliore per ritrovare i veri sapori dell’infanzia.



















