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Tarte au Sucre di Cedric Grolet

Tarte au Sucre di Cedric Grolet


tarte au sucre di Cedric Grolet su vassoio di marmo scuro


La Tarte au Sucre è un dolce tipico della Francia del Nord e del Belgio: una pasta brioche burrosa e morbida con la superficie dorata, leggermente croccante e un po' appiccicosa, grazie allo zucchero sulla
superficie. Un dolce semplice da realizzare ma dal gusto irresistibilmente delizioso. 

A differenza di altri dolci francesi, questa tarte non gode della loro stessa notorietà. Probabilmente perché in realtà è una pasta brioche. 
La tarte au sucre è semplice ma molto elegante e golosa, letteralmente da leccarsi le dita. Proprio questa sua essenzialità la rende adatta a una vasta serie di abbinamenti, ed è perfetta per colazione, ottima a merenda, ma può anche essere servita come dessert.

La Tarte au Sucre rientra nel tema del mese di #frameofbreak scelto con le mie amiche Gioia e Gabriella: la Francia.

Gioia Barbieri nel suo articolo ci porta in viaggio tra le regioni francesi raccontandoci i loro dolci.

Gabriella Rizzo, sul suo sito, ci parla della sua ultima lettura, "Il mistero di Rue Des Saint-Péres" di Claude Izner, un giallo ambientato nella Parigi del XIX secolo dove Victor Legris, un libraio e investigatore dilettante, che si trova coinvolto in una serie di omicidi misteriosi durante L'Esposizione Universale. Accompagna la lettura con dei golosi eclair al cioccolato.

La tarte au sucre all'apparenza potrebbe essere scambiata per una focaccia, magari proprio la focaccia che nelle varie versioni, antiche e moderne, Cappuccetto Rosso porta alla nonna. Non posso parlare per altri, ma sinceramente il mio lupo si sarebbe mangiato sicuramente la focaccia dolce. Naturalmente il finale e la morale della favola sarebbe stata diversa, ma come canta Eugenio Finardi, nella sua bellissima "Favola", "i lupi non fan più paura a nessuno, ce ne son così pochi e vivono tanto lontano"...

Ecco forse preferisco decisamente le versioni moderne di Cappuccetto Rosso (come "Cappuccetto Distratto" di Cinzia Razzoli, illustrato da Isabella Ongaro), che rientrano nell'antifavola classica con Cappuccetto Distratto, che comunque indossa la sua mantellina rossa, è decisamente una ragazzina sveglia, ha una mamma che studia pasticceria, ed è contornata da altri personaggi fantasiosi. Un libro decisamente divertente e piacevole, che senza essere "cruento" insegna che il finale, come il nostro destino, lo determiniamo noi con le nostre scelte e le nostre azioni. In comune tutti i vari Cappuccetto Rossi hanno che portano le leccornie alla nonna e passano attraverso il bosco.

La Tarte au Sucre, purtroppo, non la vediamo protagonista di libri o film, possiamo forse, appunto, trovarla citata o fare qualche fugace apparizione, spesso come simbolo di comfort food, della casa, dei piaceri della vita e della cultura francese. Appartiene a quelle preparazioni tradizionali che hanno il potere di suscitare ed evocare emozioni e ricordi. 

Storia della tarte au sucre

La Tarte au Sucre ha una lunga e affascinante storia, affonda le sue radici, sembra, nel Medioevo

Le sue origini precise però restano misteriose, ma si pensa che il dolce sia nato nelle regioni del nord della Francia e del Belgio, dove la coltivazione delle barbabietole da zucchero era particolarmente diffusa.

Era un dolce semplice e preparato nelle case contadine con pochi ingredienti come farina, burro, uova e zucchero. In un'epoca in cui lo zucchero era un bene prezioso, la tarte au sucre rappresentava il dolce riservato alle occasioni speciali o alle festività. 

Nel corso dei secoli, la tarte au sucre ha guadagnato popolarità in tutto il nord Europa, diventando un simbolo della tradizione culinaria di queste regioni. La sua semplicità e bontà l'hanno resa un dolce amato da persone di tutte le età e ceti sociali.

L'arrivo dello zucchero di barbabietola nel XVIII secolo ha dato un'ulteriore spinta alla diffusione della tarte au sucre, rendendola ancora più accessibile e apprezzata. Nel XIX secolo Napoleone, a seguito del blocco continentale che creò penuria di zucchero di canna, incoraggiò la regione del Nord-Passo di Calais nella produzione di zucchero di barbabietola. La crescita di questa industria portò notevoli vantaggi economici e favorì la diffusione e la popolarità della torta in tutta l'area.

La tarte au sucre rappresenta un pezzo di storia antropo-culinaria, simboleggia l'identità e la cultura di un territorio.


Tarte au sucre di Cedric Grommet su vassoio di marmo con dettaglio fetta

La ricetta della Tarte au Sucre di Cédric Grolet

La tarte au sucre è una viennoiserie che si può trovare nelle boulangerie o nelle pasticcerie francesi e belga.

La ricetta tradizionale (tramandata nelle famiglie) diceva di mescolare tutti gli ingredienti in una ciotola, poi lasciar lievitare, dopodiché stendere in una teglia, ricoprire di zucchero e poi infornare fino a doratura. Col tempo la ricetta ha subito delle variazioni adattandosi ai cambiamenti sociali ed economici e adattandosi ai gusti e alle esigenze di epoche diverse. Possiamo così notare l'aggiunta di frutta secca, spezie o liquori, oppure delle modifiche di impasto. 

Diverse rivisitazioni della tarte au sucre sono state proposte anche da alcuni grandi chef.

Trai vari nomi troviamo anche Cedric Grolet, celebre e premiato pastry chef, che ha scelto la semplicità per la sua tarte au sucre, e proprio questa caratteristica rende il suo lievitato molto speciale e meravigliosamente buono. La sua tarte è senza aromi, in modo che possa essere abbinata a preparazioni sia dolci che salate, è burrosissima, morbida e soffice come una nuvola. Semplicemente meravigliosa.

Prima di procedere alcune piccole raccomandazioni:

  • procuriamoci dell'ottimo burro. Questa brioche non ha aromi il burro è il protagonista e deve avere profumo e aroma di latte, non deve essere forte e sapere di formaggio, meglio poi se salato;
  • Cedric Grolet usa una farina T45, che è più forte di una nostra farina 180W, ma è più debole di una Manitoba. Io ho scelto una farina di frumento tipo 0 con 12,5% di proteine;
  • la dose di lievito potrebbe sembrare eccessiva, ma dobbiamo considerare che è un impasto molto ricco di burro... a discrezione se ridurre la quantità di lievito aumentando i tempi di lievitazione;
  • per impastare meglio usare una planetaria o un'impastatrice. Si potrebbe lavorare anche a mano, ma vista la complessità dell'impasto l'inserimento del burro potrebbe risultare molto laborioso e la pasta potrebbe non arrivare alla corretta incordatura;
  • la tarte au sucre andrebbe mangiata a temperatura ambiente o leggermente tiepida
Non resta che metterci al lavoro per realizzare una buonissima tarte au sucre.

Ingredienti

Impasto

  • 250 g di farina di frumento tipo 0 (12,5% di proteine)
  • 115 g di uova a temperatura ambiente
  • 40 g di latte intero a temperatura ambiente
  • 30 g di zucchero semolato
  • 10 g di lievito fresco di birra
  • 6 g di sale
  • 125 g di burro 

Per completare

  • burro a cubetti (meglio se salato o leggermente salato)
  • zucchero semolato

Procedimento

Nella ciotola della planetaria, munita di gancio impastatore (quello a uncino), metti la farina setacciata, lo zucchero e versa il latte in cui avrai sciolto il lievito. 

Lavora fino a quando si forma un impasto grossolano.

Ora aggiungi le uova leggermente sbattute con il sale, appena saranno assorbite, unisci il burro un pezzettino alla volta. Lavora a bassa velocità (la 2), poi quando il burro è stato incorporato impasta per 10 minuti alla velocità 2/4.

Trasferisci l'impasto, che sarà molto morbido, in una ciotola imburrata, copri con pellicola alimentare e mettila in frigorifero per almeno 12 ore.

Trascorse le 12 ore, riprendi l'impasto e lascialo a temperatura ambiente per circa 2 ore, dopo mettilo su un tappetino di silicone (o carta forno) leggermente infarinato e forma una palla, capovolgila, appiattiscila e sgonfiala leggermente.

Porta i lembi della pasta verso il centro formando una palla e capovolgi di nuovo in modo che le pieghe siano sul fondo.

Con un matterello stendi la pasta allo spessore di 7-8 mm. Poi con un anello imburrato da 20 cm ricava la forma dalla pasta brioche.

Lascia la pasta all'interno dell'anello, copri con pellicola e fai lievitare per circa 60-90 minuti.

Accendi il forno statico a 170° C.

Con l'indice leggermente infarinato forma i buchi sulla superficie della pasta brioche, spolverizza con lo zucchero semolato, poi metti un pezzetto di burro all'interno di ogni buco e cospargi nuovamente con altro zucchero.

Inforna per 20-30 minuti.

Appena sfornato rimuovi l'anello e metti la tarte au sucre su una gratella per farla raffreddare.



Ferni, crema dolce al cardamomo e fiori d'arancio

Ferni, crema dolce al cardamomo e fiori d'arancio



due vasetti con il ferni, la crema dolce al cardamomo e fiori d'arancio decorata con granella di pistacchi, sullo sfondo il libro "Le cuoche che volevo diventare"


 Il ferni è una crema al latte dolce di origine afgano molto profumata, un comfort food da cucchiaio con note croccanti e colorate date dai pistacchi e dalle mandorle tritate sistemati sulla superficie per decorare.

Con il progetto #frameofbreak con Gioia e Gabriella questo mese ci siamo date come tema le donne che raccontano il cibo.

Gioia, sul suo nuovo blog Gioia Barbieri, ci parla del libro "Un filo d'olio" di Simonetta Agnello Hornby, accompagnandolo a dei deliziosi biancomangiare. Secondo me Simonetta Agnello Hornby è una delle più grandi food writer dei nostri tempi. In tutti i suoi libri c'è un'attenzione alla descrizione e alla cultura del cibo e della tavola che definirei squisita.

Gabriella, su Homework and Muffin, accompagnata da una torta tenera ci racconta de "I biscotti di Baudelaire" di Alice B. Toklas, un libro di ricette ma non solo.

Per quanto riguarda me tra le varie scelte tra libri e film, alla fine ho optato per una chicca che ho scovato in libreria, un piccolo gustoso libro di Roberta Corradin "Le cuoche che volevo diventare" e da cui arriva la ricetta del fermi la crema dolce, da me rivisitata in un'aroma.

Il libro "Le cuoche che volevo diventare" 

"Le cuoche che volevo diventare" è edito da ET Einaudi nel 2008.

L'autrice, Roberta Corradin è una traduttrice di narrativa e saggistica, scrive di viaggi e cucina.

In questo libro, di un centinaio di pagine o poco più, l'autrice incontra ventuno grandi donne che si raccontano attraverso i loro piatti.

Il libro inizia con la singolare riflessione che la parola chef non ha un equivalente al femminile. Non importa se le donne di cui racconta sono grandi cuoche e alcune anche stellate, loro restano comunque cuoche. 

Spesso si dimentica che dietro ogni chef ci sono state mamme, nonne, zie, cuoche che hanno formato e dato i primi imprinting a questa persona. Bene o male si ritorna sempre alla cucina dei ricordi, a quella che ci emoziona, a quella che ha lasciato il segno.

Il libro è un viaggio, fisico e psichico. Fisico mentre la voce narrante si sposta per andare a incontrare le donne cuoche, ognuna con una sua storia, da ognuna impara qualcosa, alcune diventano anche amiche. Altre cuoche le incontra lungo il viaggio per caso. 

L'incontro e lo scambio con ciascuna di queste donne aiutano a ritrovare un pezzetto di sé.

Ma la voce narrante ringrazia anche le cuoche che "non vuole diventare", perché le hanno permesso di capire e di orientarsi e anche loro le hanno insegnato qualcosa.

Andando avanti con i racconti la voce narrante inizia a diventare un personaggio vero e proprio, nel momento finale (non realistico) in cui decide di dare una svolta e da food writer diventare lei stessa una cuoca. Il viaggio è anche un ritorno. 

Il libro è assolutamente piacevole da leggere, ed è un viaggio anche per noi lettori con diversi spunti di riflessione. Impossibile non provare almeno una ricetta o anche più di una, e di non lasciarsi guidare da quella voce narrante.

La ricetta del mio Ferni


vista dall'alto primo piano di un cucchiaino contenente il ferni, la crema dolce profumata al cardamomo e fiori d'arancio decorata con granella di pistacchi, sullo sfondo il vasetto con il dolce su un vassoio d'ardesia e il libro "Le cuoche che volevo diventare"


La ricetta del ferni si trova proprio sul libro "Le cuoche che volevo diventare", viene data alla protagonista da Sadjia Masshour, una donna afgana che racconta della sua vita e di come da insegnate di letteratura nel suo paese natio, è costretta a reinventarsi quando con la famiglia chiede asilo in Francia. Sadjia racconta che la cucina familiare è affidata esclusivamente alle donne, mentre nei ristoranti, nelle taverne e nei mercati i cuochi di professione sono uomini. A Parigi insieme al marito aprono un piccolo locale a Montmatre. Inizialmente, fedele alle tradizioni il marito è in società con uno chef mediorientale che però imparerà le ricette familiari di Sadjia. Ma quando lo chef se ne va, Sadjia decidere di scendere lei in cucina. Sadjia racconta della cucina afgana come una cucina povera ma che viene esaltata dall'uso di spezie e di aromi. Ci sono anche i contrasti forti come al piccante si contrappone la freschezza della menta e dello yogurt caprino. I dolci si mangiano lontano dai pasti e accompagnati da una tazza di tè. 

Ed ecco la ricetta del fermi, una crema dolce al cardamomo "che unisce il lato consolatorio del dessert all'effetto digestivo della spezia" scrive Roberta Corradin.

Nella ricetta Sadjia usa la maizena per addensare e l'acqua di rose insieme al cardamomo per aromatizzare e profumare. 

Mi sono presa la licenza personale di sostituire la maizena con la frumina e, non avendo trovato l'acqua di rose, ho usato l'essenza di fiori d'arancio. Ho dimezzato anche le dosi indicate sul libro e ho riempito 4 vasetti da 125 g, dei barattolini monoporzione che ho guarnito, prima di servire, con pistacchi e mandorle tritate a coltello.

La ricetta è semplice da fare e anche veloce: la crema ha un profumo inebriante, fresca in bocca, una vera coccola, come tutte le creme di latte, ma dai profumi e sapori inusuali. Il croccante e il colore viene dato dalla frutta secca messa in superficie a guarnizione. 

Non resta che metterci ai fornelli.

Ingredienti

  • 25 g di frumina (fecola di frumento)
  • 500 g di latte
  • 125 g di zucchero
  • 1\2 cucchiaino di cardamomo in polvere
  • 1\2 cucchiaino di essenza di fiori d'arancio 
  • 20 pistacchi
  • 10 mandorle

Procedimento

Stempera la frumina in 125 g di latte freddo, usa una piccola frusta per scioglierla bene.

Scalda il restante 375 g di latte e porta quasi a ebollizione.

Versa lo zucchero nel latte caldo, mescola per farlo sciogliere.

Abbassa la fiamma sotto la casseruola del latte e versa a filo la miscela di frumina, aggiungi il cardamomo e l'essenza di fiori d'arancio.

Cuoci la crema per circa cinque minuti dal bollore, continuando a mescolare, finché la crema non vela il cucchiaio e si addensa.

Dividi ora la crema in 4 coppette e lascia intiepidire, poi conserva in frigorifero fino al momento di servire.

Servi cospargendo la superficie con mandorle e pistacchi tritati a coltello.



Focaccine, scones, ai mirtilli

Focaccine, scones, ai mirtilli

 

focaccine ai mirtilli



Le focaccine, o scones, ai mirtilli mi accompagnano nella lettura del romanzo di Erica Bauermeister “La scuola del ingredienti magici”, dove sono citate.

Il libro, trovato per caso, e la ricetta che l’accompagna conclude questo mese di dicembre, e questo anno 2023. 


Dicembre è un mese che profuma di spezie, doni e buoni propositi per il nuovo anno.

Anche noi di #frameofbreak abbiamo pensato di parlare di generosità e doni, e il romanzo letto sembra perfettamente inserito nel tema.


Gabriella Rizzo, del blog Homework and Muffin ci delizia con i Pabassini e “Il dono di Natale” di Grazia Deledda.


La scuola degli ingredienti segreti


Il romanzo di Erica Bauermeister è una delicata storia in cui la vita di diverse persone si intrecciano durante un corso di cucina. La protagonista è una chef, proprietaria di un ristorante dall’ambientazione molto particolare, intima e accogliente. 


Il libro comincia proprio con il prologo della chef che racconta come abbia scoperto la sua passione per la cucina e il magico potere degli ingredienti sin da piccola.

Gli allievi che una volta al mese si ritrovano al corso scoprono ben presto che Lillian non è una docente convenzionale: non fornisce loro delle dispense o un ricettario, ma preferisce che i suoi allievi si affidino all’osservazione e ai sensi, rispettando sempre gli ingredienti che usano.

Cucinare - dice Lillian - è imperniato sul gusto personale: aggiungi un pizzico in più di questo o quello finché ottieni il sapore desiderato. La pasticceria, però, è diversa. Devi assicurarti che alcune combinazioni siano esatte. Essenzialmente, una torta è in realtà una delicata equazione chimica: un equilibrio tra aria e struttura.

Gli otto allievi che per motivi diversi si sono trovati al corso presto scopriranno qual è il loro ingrediente segreto, e il magico potere terapeutico della cucina.

L’autrice ha la capacità di descrivere i piatti e le preparazioni con una cura e un amore ricche di dettagli, sembra quasi dipingerli con le parole: possiamo vedere tutti i passaggi, le consistenze esattamente come se fossimo presenti, lo chiama il potere del realismo magico.


Non voglio raccontare la trama o peggio il finale, il libro è così piacevole e delicato che è stato una piacevole scoperta. Confesso che sono stata attratta dal titolo e mi sono ritrovata tra le pagine a ripensare al potere degli ingredienti, alla cucinoterapia, al potere emozionale e curativo del cibo. Basta saper ascoltare e osservare.


E poi ci sono i doni. Cucinare è un atto d’amore, quando non è solo dover mangiare per sopravvivere. E il dono non sempre è qualcosa che ci viene dato. La stessa autrice lo scrive tramite Abuelita, che ha un negozio pieno di spezie e ingredienti magici e diventa una sorta di guida per la protagonista.


Riflettendoci anche noi abbiamo i nostri ingredienti a cui siamo più legati o che ci ricordano qualcosa, e forse anche a noi è stato fatto "quel dono".

Come i personaggi del libro anche noi dobbiamo ritrovare il nostro tempo e prenderci il giusto ritmo per poter usare i nostri sensi, saper ascoltare, rispettare, "gli ingredienti" e noi stessi. 

 

Focaccine, scones, ai mirtilli

Gli scones o focaccine sono dei dolcetti immancabili nel tradizionale tè inglese delle cinque. Pare risalgano al diciannovesimo secolo quando, dice la leggenda, la Duchessa di Belford chiese che le venisse servito uno spuntino pomeridiano con del tè caldo e delle tortine. Successivamente la Duchessa prese l'abitudine di invitare le amiche per il tè pomeridiano, inaugurando così un rituale destinato a diventare una sociale. Questo nuovo rito sociale arrivò sino a corte dove la Regina Vittoria organizzò sontuosi ricevimenti con il tè.

Dopo questa curiosità storica veniamo alla ricetta degli scones. Ci troviamo davanti a una ricetta tradizionale della quale possiamo trovare diverse versioni: più soffici o più friabili, con uvetta, semplici o rivisitazioni come in questo caso con i mirtilli.

Per un tradizionale tè inglese vanno serviti accompagnati da "clotted cream" che è una panna densa che possiamo sostituire con panna appena montata, o panna e burro, o panna e mascarpone, e confettura di lamponi (o altra a piacere).

Ingredienti

  • 300 g di farina tipo 0 + quella per il piano di lavoro
  • 40 g di zucchero
  • 80 g burro
  • 10 g lievito per dolci
  • 1 uovo
  • 150-200 ml latte intero
  • 75 g mirtilli o uvetta

Procedimento

Scalda il forno a 220° C e rivesti una teglia con un foglio di carta forno.

In una larga ciotola metti la farina, il burro tagliato a cubetti e il lievito. Lavora gli ingredienti, con la punta della dita, fino ad avere un composto bricioloso.

Unisci lo zucchero e l'uovo e mescola con un cucchiaio in modo da incorporare tutti gli ingredienti.

Versa metà del latte e mescola ancora delicatamente con il cucchiaio, quindi unisci il latte rimasto, poco alla volta, continuando a mescolare fino ad ottenere un impasto molto soffice e leggero. Osserva bene l'impasto che stai lavorando perché potrebbe non essere necessario tutto il latte. Infine aggiungi i mirtilli e incorporali delicatamente all'impasto.

Trasferisci ora l'impasto su un piano di lavoro infarinato e inizia a lavorarlo facendo dei giri di pieghe finché l'impasto non sarà morbido (e non più appiccicoso), ma attenzione a non lavorarla troppo.

Ora stendi l'impasto, aiutandoti con un po' di farina per il piano, dal centro verso l'alto e poi dal centro verso il basso, ruotala di 90° C e prosegui così fino ad ottenere uno spessore di 2,5 cm circa. "Rilassa" la pasta sollevando delicatamente i bordi e lasciandola ricadere sul piano di lavoro.

Ora usa un tagliabiscotto rotondo per ricavare gli scones e sistemali sulla teglia distanziati tra loro. Una volta che avrai ritagliato tutta la pasta, impastala e stendila di nuovo. Fallo una sola volta perché poi l'impasto inizierà a diventare gommoso.

Spennella la superficie degli scones con un po' di latte e inforna per 15 minuti circa, sino a che saranno gonfi e dorati.

Falli intiepidire su una gratella e poi servili.


Focaccine inglesi…

Focaccine inglesi…


focaccine inglesi

Le focaccine inglesi sono una ricetta antica inglese, un lievitato soffice perfetto da servire appena fatto caldo, o tagliato a metà e tostato, spalmate con burro e marmellata, per l'ora del tè.

In epoca vittoriana l’uomo delle focaccine era una presenza immancabile all’ora del tè. I gallesi le inventarono più di mille anni fa, ma fu solo nell’Ottocento che divennero di moda tra le classi più agiate. Il modo tradizionale di mangiarle è, come ho detto, appena fatte, volendo si tagliano a metà e si tostano (soprattutto se sono fredde), farcite con burro e marmellata.

E dall'800 finiscono immortalate nelle pagine di J. K. Rowlings, nel primo libro della celebre saga, "Harry Potter e la pietra filosofale". Il primo Natale di Harry che trascorre a Hogwarts insieme all'amico Ron. Sono seduti davanti al camino della sala comune di Grifondoro e si divertono ad arrostire qualsiasi cosa capiti loro tra le mani. Tra i vari golosi cibi troviamo anche queste deliziose focaccine.

Dalle pagine di Harry Potter al ricettario di Dinah Bucholz, ispirato alla serie, è un attimo, per riscoprire così la cucina inglese, troppe volte ingiustamente bistrattata.

La ricetta delle focaccine inglesi

Nella ricetta inglese riportata da Dinah Bucholz, nel suo ricettario non ufficiale "In cucina con Harry Potter", usa il lievito di birra secco. L'ho sostituito con il lievito di birra fresco, diminuendo la dose. Ne ho anche fatta una versione con la pasta madre, ovviamente i tempi di lievitazione cambiano.

Quando arriviamo al periodo invernale, e vicini al Natale, ecco che le faccio per vivere un po' la magia inglese che trovo nei libri.

Le focaccine sono davvero deliziose, dal sapore delicato, perfette per essere farcite sia con ingredienti salati che dolci. Proprio come da tradizione le mangiamo appena sfornate calde calde. Quelle che avanzano le surgelo, e le scaldo quando servono, e alcune le taglio a metà e le facciamo anche tostare.

Si servono con burro e marmellata, a la mode anglais, con un caldo e fumante tè, ma sono ottime anche con altre farciture.


Ingredienti

Focaccine con lievito di birra

  • 120 ml di latte intero 
  • 60 g di burro 
  • 240 ml di acqua calda
  • 5 g di lievito di birra fresco
  • 1 cucchiaio di zucchero semolato 
  • 500 g di farina tipo 0 per pane
  • 1 cucchiaino di sale

Focaccine con pasta madre 

  • 500 g di farina tipo 1 macinata a pietra
  • 150 g di pasta madre rinfrescata 
  • 125 ml di latte
  • 60 g di burro
  • 250-300 ml acqua calda
  • 1 cucchiaio di zucchero semolato o miele
  • 1 cucchiaino di sale

Il procedimento per entrambe le versioni delle focaccine, con lievito di birra o con pasta madre, è simile.

Scalda il latte e il burro in un pentolino a fuoco dolce finché il burro non si sarà completamente sciolto. Metti da parte e lascia intiepidire.

Se usi il lievito di birra scioglilo nell'acqua con lo zucchero e lascia riposare finché non inizia a gonfiarsi.

Se usi la pasta madre rinfrescata scioglila nell'acqua con lo zucchero (o il miele) e poi procedi subito con l'impasto per le focaccine.

In una ciotola metti la farina a fontana, il sale sul bordo, al centro versa il lievito sciolto, il latte e inizia a mescolare e impastare bene. Lavora per circa 10 minuti, finché l’impasto si stacca dai lati della ciotola. Forma un palla liscia ed elastica, fai un giro di pieghe in ciotola, copri poi con pellicola alimentare e lascia lievitare in un luogo tiepido fino al raddoppio del volume. 

Trasferisci l'impasto lievitato su un piano di lavoro leggermente infarinato, stendilo fino ad ottenere un cerchio dello spessore di 1 cm, 1 cm e 1/2 circa. Con un coppapasta da circa 8-10 cm di diametro forma le focaccine.

Scalda una padella leggermente unta e fai cuocere le focaccine a fuoco basso per circa 10-15 minuti per lato, finché non si scuriscono. Volendo puoi metterle anche su una leccarda da forno e cuocerle a 180° C per circa 15-20 minuti.

Mangia le focaccine calde calde appena fatte, oppure una volta fredde tagliale a metà e tostale prima di farcirle.





Torta di mele dell'Hobbit

Torta di mele dell'Hobbit

torta di mele degli hobbit


La torta di mele dell'Hobbit è un classico dolce da credenza, la torta della nonna, con l'aggiunta di qualche tocco speziato, semplice e perfetta per l'ora del tè.

La torta di mele è nella dispensa di Bilbo Baggins, e viene offerta durante una sorta di riunione a sorpresa del padrone di casa, ai molti nani che hanno appuntamento lì e a Gandalf (il mago bianco), dirò di più tra le varie leccornie che vengono servite, questo dolce è proprio richiesto da uno degli ultimi nani arrivati a casa di Bilbo. Stiamo parlando del capitolo primo del libro di J.R.R. Tolkien, "Lo hobbit".

È noto come il genere di letteratura fantasy sia ricco di dettagli legati alle ambientazioni anche gastronomiche, e Tolkien non è da meno. Anzi per lui è un elemento che va oltre la necessità del nutrimento. Le descrizioni dei banchetti sono ricche di dettagli che sottolineano il piacere dei suoi personaggi (oltre che dell'autore stesso) hanno della buona cucina. Inoltre sono di aiuto alla struttura narrativa, spesso precedono le avventure dei personaggi. Ma la cucina è anche il focolare ed è legato a valori di amicizia e fratellanza.

La torta di mele dell'hobbit

La mela è da sempre protagonista in letteratura e nel cinema, sia dall’antichità, associata al desiderio, o portatrice di “morte” avvelenata, o di discordia (il pomo della discordia).

Le torte di mele poi spopolano in tutte le sue versioni nelle pagine dei libri, nelle favole e sul grande schermo, e non poteva mancare in un autore come J.R.R. Tolkien.

Sul web facilmente si troveranno altre ricette che si sono ispirate ai film o ai libri di Tolkien, e questa è la mia interpretazione della torta di mele citata.

Sono partita pensando ai luoghi, al benessere di Bilbo Baggins e agli ingredienti che poteva avere a disposizione. 

Gli hobbit, ricordiamolo, sono un popolo goloso e pacifico, che abita nella Terra di Mezzo, un luogo fantastico sito nell'immaginario, quindi potrebbe essere ovunque noi preferiamo, ma nella mia fantasia (sarà anche perché Tolkien è inglese), mi oriento verso il Nord. 

Ho quindi pensato a una torta di mele, con una varietà di mele autoctone antiche le grigie (o le Annurca), profumata e speziata con cannella, e impreziosita da noce moscata e limone.

A proposito di spezie, questo è il tema che ci siamo date, con il progetto #frameofbreak, io e Gabriella Rizzo. Gabriella ha associato a dei biscotti persiani con farina di ceci, pistacchi e profumati di cardamomo il libro "Caffè Babilonia", vai sul suo sito per scoprire i dettagli.

La ricetta

Ma eccoci al momento della ricetta e del procedimento, molto semplice, per poter realizzare la torta di mele dell'hobbit da accompagnare con un buon tè.


Ingredienti

  • 200 gr di farina (tipo 0)
  • 150 gr di zucchero semolato
  • 164 g uova (3 uova intere)
  • 8 g bustina di lievito per dolci vanigliato
  • 4-5 mele annurca o 2 mele Grigie di Torriana (simili alle renette)
  • 80 ml di olio di semi (meglio se biologico e spremuto a freddo)
  • 50 ml latte 
  • buccia grattugiata di 1 limone
  • 1/4 tbs di cannella
  • un pizzico di noce moscata
  • un pizzico di sale
  • 1 o 2 cucchiai zucchero semolato e cannella 
  • zucchero a velo per decorare (facoltativo)

Preparazione

Setaccia e mescola la farina, il lievito, la cannella, la buccia di limone grattugiata e un pizzico di noce moscata.

Monta le uova con lo zucchero e un pizzico di sale fino a renderli gonfi e spumosi.

Poco alla volta aggiungi le polveri alla massa montata alternandolo con l'olio e il latte, devi ottenere un impasto liscio, fluido e soffice.

Pulisci le mele e tagliane la metà a dadini da mescolare delicatamente all'impasto, l'altra metà a fettine sottili da disporre sulla superficie.

Imburra e infarina, o rivesti con carta forno, uno stampo da 20 cm.

Versa l'impasto nello stampo, sistema le fettine di mela sulla superficie e spolvera con zucchero semolato e cannella.

Cuoci in forno statico preriscaldato a 160-170° C per circa un'ora. Prima di sfornare fai la prova stecchino; se dovesse essere ancora umido allunga il tempo di cottura.

Una volta pronta spegni il forno, lascia la porta aperta e fai riposare per 10 minuti. 

Delicatamente sforma la torta e lasciala raffreddare su una griglia per dolci.

Puoi servirla così semplice o decorata con un po' di zucchero a velo, o accompagnata con una crema o panna poco montata, un buon tè.






La Torta Elisabetta di Nonna Papera

La Torta Elisabetta di Nonna Papera

Torta Elisabetta di Nonna Papera

La torta Elisabetta di Nonna Papera è una soffice torta formata da tante palline di pasta brioche farcite. Si chiamerebbe danubio dolce, ricorda il buchtlen, ma nel Manuale di Nonna Papera i nomi delle varie preparazioni vengono cambiati a favore di nomi di fantasia che hanno un richiamo storico.

Con Gioia e Gabriella, le mie amiche del progetto #frameofbreak, vogliamo unirci ai festeggiamenti del centenario della Walt Disney, che ricorre il 16 ottobre 2023. Per restare nel tema abbiamo pensato di preparare qualcosa tratto appunto dal fantastico mondo Disney.

Gabriella ricorda Pinocchio e prepara una golosa torta cioccolato e pere... con buccia o senza? vai a scoprirlo.

Gioia, ispirata dal film d'animazione "La principessa e il ranocchio", cucina dei deliziosi brownies con le noci pecan, tipiche del sud degli USA.

Io sono stata molto indecisa da quale film o fumetto farmi ispirare, e così alla fine, ho scelto il personaggio di Nonna Papera e una delle sue ricette presente sul suo manuale. Nonna Papera la potremmo potremmo considerare una delle prime food writer anche se appartenente al mondo dei fumetti e dell’animazione, con il suo manuale di cucina e consigli domestici che ha accompagnato, e ancora lo fa, intere generazioni dal 1970.


Ma facciamo una piccola parentesi su chi è Walt Disney.


Walt Disney


Walt Disney, alias Walt Disney Company, è la multinazionale fondata nel 1923 con il nome di Disney Brothers Cartoon Studios da Walter Elias Disney (meglio noto come Walt Disney) e suo fratello Roy; successivamente, nel 1926 rinominata The Walt Disney Studio, nel 1929 cambia nome in Walt Disney Production, e nel 1986 infine prende il nome con il quale la conosciamo oggi.


Tutto nasce da Walt Disney, all'anagrafe Walter Elias Disney, disegnatore americano che rappresenta il simbolo americano del "self made", ossia chi realizza i propri sogni da solo. Lui nasce in una famiglia numerosa e svolge sin da piccolo lavoretti per aiutare. Le sue doti da disegnatore fuori dal comune si manifestano molto presto, aveva solo sette anni. A diciotto anni si trasferisce con il fratello Roy a Hollywood e in pochi anni riesce a raggiungere il successo con una serie di fumetti, tra i quali Mickey Mouse, con il quel nel 1928 realizza il primo cartone animato con il sonoro. Da qui è tutto un percorso in salita ricco di successi, infatti diventa famoso per i fumetti, film d'animazione e non, e nel 1944 realizza un altro sogno: un parco a tema, il primo, Disneyland. Durante il discorso di inaugurazione lo stesso Walt Disney dirà:

Qui gli adulti rivivranno i loro più teneri ricordi del passato e i più giovani potranno assaporare le sfide e le promesse del futuro. Disneyland è dedicato agli ideali, ai sogni e alle realtà che hanno fondato l’America, nella speranza che ognuno ne tragga forza, gioia e ispirazione.

Non era che il primo di altri parchi tematici dei divertimenti, ora nell'impero ci sono anche i vari merchandising.

Walt Disney muore nel 1966, lasciando un impero, e il suo nome è divenuto leggenda nel mondo del cinema.

Walt Disney era ed è tutt'ora il magico produttore di sogni, capace di emozionare grandi e piccini.

Ultima cosa Walt Disney è stato non solo disegnatore ma anche imprenditore, produttore cinematografico, doppiatore e regista. Molti dei suoi lavori hanno avuto importanti riconoscimenti come gli Oscar.


Ora scopriamo qualcosa su Nonna Papera, uno dei personaggi dei noti giornalini a fumetti dell'impero Walt Disney. 

Nonna Papera

Nonna Papera e il suo Manuale


Nonna Papera è la cuoca per eccellenza nelle strisce dei fumetti. Impossibile non ricordare le sue torte fumanti messe a raffreddare sul davanzale. È una super anziana arzilla nonnina sempre molto impegnata in mille attività e sempre di corsa. Abita fuori città in una fattoria con i suoi animali di cui si occupa personalmente, e con il nipote dormiglione Ciccio. 

Nonna Papera, il cui nome è Elvira Coot, è un personaggio inventato da Al Tagliaferro. Nonna Papera è figlia di Clinton Coot, fondatore delle Giovani Marmotte, e nipote di Cornelius, fondatore di Paperopoli.

Elvira e il marito Humperdink Duck hanno avuto tre figli: Eider, il padre di Paperoga e del meno noto Abner "Chiarafonte", il forzuto di famiglia; Dafne, la madre di Gastone, fortunatissima anche lei; e Quackmore, il padre dei gemelli Donald (ovvero Paperino) e Della, che poi sarebbe la mamma di Qui, Quo e Qua.

Il Manuale di Nonna Papera viene stampato per la prima volta nel 1970 edito da Mondadori, e nel 2015 la casa editrice Giunti ha deciso di ripubblicarlo. 
La prima edizione del manuale era stato curato da Mario Gentilini (direttore di Topolino), Giovan Battista Carpi, illustratore, e Elisa Penna, autrice dei testi.
Nel manuale troviamo le ricette e alla fine dei consigli domestici per la cura della casa. È un libro per bambini, ma ho visto anche adulti che lo hanno caro nella loro biblioteca; le ricette non hanno le foto bisogna usare l'immaginazione per realizzarli seguendo solo le istruzioni. Il manuale è illustrato con i personaggi dei fumetti che impersonano personaggi e situazioni storiche o mitologiche. Ecco che così ci ritroviamo Paperino nelle vesti di Goffredo di Buglione alle Crociate, Pippo un buffo Re Sole, Archimede Pitagorico è Ulisse, e la stessa Nonna Papera nei panni della Gioconda. Un modo per abbinare alla cucina qualche nozione di storia e mitologia, perché tutte le ricette sono introdotte da cenni storici, dalla Storia vera e propria: partendo dal paleolitico fino alla conquista dello spazio, con qualche salto temporale, significativo sicuramente per la Storia ma non per il manuale, in fondo il suo fine era un altro.

Altra cosa interessante di questo libro è che, a dispetto di quello che si può pensare, non si trovano le tipiche ricette degli States come pancakes soffici, impilati e cosparsi di sciroppo d'acero che ci hanno fatto venire l'acquolina in bocca da bambini mentre leggevamo il giornalino, o le tipiche pie che Nonna Papera sforna in continuazione e mette a raffreddare sul davanzale della cucina.

Grazie a Sabrine d'Aubergine, e al suo progetto della "raccolta delle ricette di Nonna Papera quarant'anni dopo", scopriamo che la Nonna Papera gastronoma non è americana ma italiana, e infatti nella fantasia americana la tipica nonna che cucina è una nonna italiana. La ricerca di Sabrine d'Aubergine ci conduce a un'altra collaboratrice italiana che ha aiutato nella redazione del manuale, e dopo moltissimi anni ecco svelata la nostra Nonna Papera: Luisa Ridolfi, professoressa di sociologia che, appena laureata, ha aiutato nella selezione delle ricette, e i nomi fantasiosi, per il progetto del manuale già ben disegnato. 

Ma ora torniamo a noi e alla nostra Torta Elisabetta.

Torta Elisabetta di Nonna Papera


Torta Elisabetta, la ricetta


La Torta Elisabetta è una ricetta tratta dal Manuale di Nonna Papera. È il classico danubio in versione dolce, ossia delle palline di pasta brioche ripiena, messe a lievitare una vicina all’altra. Le palline lievitando e poi in cottura si uniscono e formano così una torta. Starà a noi scegliere come servirla: se tagliarla a fette o se lasciare che ognuno si stacchi la propria pallina, che conterrà un ripieno goloso.


Nel manuale la torta Elisabetta è un omaggio a Elisabetta I d’Inghilterra, le sue conquiste e il suo amato teatro shakespeariano.


Le ricette di Nonna Papera, ahimè, sono un po’ approssimative: usa come unità di misura bicchieri e cucchiai. Ma una volte le nonne si regolavano, diciamo a sentimento, a occhio. Non volendo modificare  quanto scritto sul manuale ho scritto tra parentesi le mie indicazioni. 


Ho farcito le palline della torta con della confettura di ciliegie, mi piaceva il contrasto di colore, ma anche nel gusto è stata una scelta corretta e ben bilanciata, perché l'impasto è poco dolce e la nota agrumata si accompagna perfettamente con le ciliegie della confettura. 

Il dolce è soffice, profumato, delicato e goloso, perfetto per colazione o per merenda, magari accompagnato da una bella tazza di tè.


Ingredienti

  • 300 g di farina di frumento (tipo 0 W230-260)
  • 130 g di burro
  • 1 bustina di lievito di birra disidratato (ho ridotto la dose a 3 g)
  • 1 limone bio
  • 2 uova bio (120 g circa)
  • 1 bicchiere di latte (circa 100 ml)
  • sale (5 g)
  • 1 vasetto di confettura (io ciliegie)

Procedimento

Sciogli il lievito di birra in una tazza con due cucchiai di acqua tiepida.

In una ciotola metti la farina, il sale, le uova, lo zucchero, la scorza grattugiata del limone, il lievito di birra sciolto e inizia a mescolare con un cucchiaio (se preferisci puoi usare la planetaria).

Aggiungi 80 g di burro sciolto e impasta bene.

Poco alla volta unisci il latte, probabilmente non servirà tutto ma solo quello che l'impasto assorbe, fino a quando non avrai una pasta morbida ed elastica.

Sistema l'impasto nella ciotola coperta con pellicola alimentare e lascia lievitare per 2-3 ore in ambiente tiepido.

Trascorso il tempo di riposo metti l'impasto su un piano di lavoro e dividi la pasta in pezzetti tutti dello stesso peso. 

Stendi i pezzi di pasta, metti al centro un cucchiaino scarso di confettura e richiudi formando una pallina. Procedi con tutti i pezzetti.

Fodera con carta forno una teglia dal diametro di 24 cm.

Nella ricetta di Nonna Papera devi passare la chiusura delle palline farcite nel burro sciolto e poi sistemarle nella teglia con la chiusura verso il basso lasciando dello spazio l'una dall'altra per la lievitazione.

Una volta sistemate tutte le palline, copri con pellicola e lascia riposare per circa due ore. La pasta si gonfierà e riempirà gli spazi vuoti.

Preriscalda il forno a 180° C in modalità statica e cuoci per circa 25-30 minuti.

Sforna e lascia intiepidire su una griglia per dolci.

Se piace completa prima di servire con una spolverata di zucchero a velo.






Waffles in Bruges, del maestro pasticcere Gianluca Fusto

Waffles in Bruges, del maestro pasticcere Gianluca Fusto

waffles in bruges uno sopra l'altro messi storti sui quali viene fatto scendere lo zucchero a velo, messi su piatto in ardesia su tovaglia bianca


Waffles in Bruges è una ricetta tratta dal libro "Le mie 24 ore dolci" del maestro pasticcere Gianluca Fusto, edito da Gribaudo.


Il libro del maestro è un piacere da sfogliare prima con gli occhi, ricco di golosità suddivise nell'arco della giornata sia dolci che salate. Variabili i gradi di difficoltà, anche se il maestro dice che è "per non professionisti". Le foto sono molto belle, il testo curato e ben spiegato, e invoglia a mettersi ai fornelli.
Il volume è diviso in capitoli corrispondenti ai diversi momenti della giornata. All'inizio, dopo alcune pagine in cui diversi personaggi, tra cui Gualtiero Marchesi, presentano e parlano di Gianluca Fusto, troviamo gli attrezzi del mestiere e le preparazioni base.

Waffles in Bruges

I waffles in bruges sono inseriti nel capitolo "la merenda dei campioni", quella del pomeriggio alle 16, di cui Gianluca Fusto scrive "la mia merenda non è un fuori pasto ultracalorico, il peggior nemico di menti attive... È una pausa di dolce relax e condivisione che può diventare una genuina tradizione... sorseggiando un buon tè o una calda ti-sana!"

Il waffle è la versione americana della gaufre belga. Un tempo le piastre tradizionali in ghisa, di varie forme e dimensioni, venivano tramandate da madre in figlia o venivano regalate alle nozze come augurio di felicità. 

Oggi usiamo delle piastre elettriche, e anche in questo settore ci sono forme diverse. La mia sarebbe rettangolare da fare dei quadrati, ma a me vengono sempre delle forme un po' irregolari.

I waffles a casa li mangiamo a colazione per darci energia per affrontare la giornata che ci aspetta e per iniziare con dolcezza.

La ricetta di Gianluca Fusto oltre ad essere deliziosamente golosa, inebria con il profumo dei suoi aromi, leggerissima, leggermente fragrante fuori e, allo stesso tempo, morbida all'interno; è anche una ricetta antispreco in quanto possiamo usare gli albumi che rimangono da altre preparazioni.

Ed ecco la ricetta, assolutamente da fare e rifare.

Ingredienti
  • 150 g di latte fresco intero
  • 130 g di farina
  • 130 g di albumi
  • 90 g di burro 
  • 30 g zucchero
  • 6 g di cannella in polvere
  • 3 g di buccia di limone (zest) fresco bio
  • 3 g di stecca di vaniglia (o essenza)
  • 2 g di fior di sale
Per la presentazione
  • zucchero a velo
  • cannella in polvere
  • panna fresca
Preparazione

In una casseruola scalda il latte con la stecca di vaniglia (o l’essenza), labuccia di limone, il burro e il sale, poi spegni e lascia in infusione per almeno 10 minuti. 

Togli il baccello e la buccia di limone.

Versa poco per volta il latte caldo sulla farina, precedentemente setacciata insieme alla cannella. 

In una planetaria munita di gancio a foglia monta gli albumi a velocità moderata, aggiungendo poco per volta lo zucchero, in modo da ottenere una consistenza perfettamente liscia e al massimo del suo volume. 

Amalgama delicatamente i due impasti mescolando dal basso verso l’alto. 

Dosa il composto con un mestolo e cuoci direttamente nell’apposita macchina o piastra per waffles.

Servi con una spolverata di zucchero a velo e cannella o con panna leggermente montata, oppure con quello che preferisci.


Tyropita

Tyropita



tyropita tagliata e sistemata un pezzo sull'altro su un piatto con i colori dell'acqua, nello sfondo il libro di Gerald Durell "La mia famiglia e gli altri animali"


La tyropita è una torta salata della cucina tradizionale greca, assolutamente deliziosa e saporita. L'ho preparata per il progetto #frameofbreak in occasione dell'inizio dell'anno scolastico.

Con Gabriella (del blog www.homeworkandmuffin.it) ci siamo ritrovate a pensare ai libri che in qualche modo hanno fatto parte del nostro percorso scolastico. Alcuni ci vengono assegnati altri, invece, sono stati scelti da noi. 

Gabriella ricorda con particolare emozione "Piccole Donne" di Louisa May Alcott, e lo abbina a una torta di mele fatta in casa.


Per quanto riguarda me la scelta è stata difficile sono legata a molti libri. Però ripensando a quegli anni e alle mie passioni ricordo particolarmente libri che in qualche modo hanno a che fare con gli animali, o libri leggeri e divertenti. Che dire sono sempre stata un po' diversa, nel mio animo resto una veterinaria o zoologa mancata, e così la mia scelta è ricaduta su un testo che non mi era stato assegnato a scuola ma che avevo scelto io proprio per il tema trattato. Il mio libro è scritto da Gerald Durrell, noto zoologo e il titolo è "La mia famiglia e altri animali".



Il libro: "La mia famiglia e gli altri animali"


In questo libro l'autore parla di se stesso di quando era un ragazzo e con la sua famiglia si trasferisce per 5 anni sull'isola di Corfù

Gerald Durrell presenta il libro dicendo che "in origine doveva essere un resoconto blandamente nostalgico della storia naturale dell'isola, ma ho commesso il grave errore di infilare la mia famiglia nel primo capitolo del libro. Non appena si sono trovati sulla pagina non ne hanno più voluto sapere di levarsi di torno, e hanno persino invitato i vari amici a dividere i capitoli con loro". 


Così con umorismo, leggerezza e delicatezza ci troviamo immersi nella lettura tra le avventure e le scoperte di uno zoologo in erba, intervallati anche da una serie di situazioni familiari a volte anche con tensioni e turbamenti. Ma su tutto si è immersi in un'atmosfera di felicità contagiante. 


Nel libro non si parla molto di cucina, sì i personaggi mangiano, prendono il tè delle cinque con i pasticcini da buoni inglesi, fanno ricevimenti e picnic con prodotti del luogo, ma non ci sono descrizioni di piatti. D’altra parte Gerald Durrell è più concentrato sulla natura che lo circonda, e il cibo qui non ha nemmeno un ruolo secondario o scenografico. In questi giorni l'ho riletto cercando qualche particolare gastronomico che magari mi era sfuggito da adolescente, ma non ne ho trovati. Allora, visto che la storia è ambientata sull'isola greca di Corfù ho pensato che magari anche Gerald Durrell e la sua famiglia magari hanno mangiato la tyropita.


La Tyropita

La tyropita è una torta rustica salata della cucina tradizionale greca realizzata con pasta phillo ripiena di feta profumata alla menta. 


La pasta phillo o fillo, è un tipo di pasta molto usata nella cucina orientale e balcanica: sono dei fogli di pasta molto sottili e delicati. Si può fare in casa o comprarla già pronta. Importante è spennellare ogni foglio di pasta con olio extravergine d'oliva.


La versione originale della tyropita prevede l'uso della sola feta, che ha un sapore molto intenso e sapido, ed è davvero buonissima, ma non tutti amano un gusto così forte, e così ho aggiunto della ricotta vaccina per rendere il ripieno più bilanciato e meno sapido.


Se non hai la menta fresca puoi mettere in infusione nel latte della menta secca.


La croccantezza del guscio di pasta phillo, il ripieno gustoso profumato di menta che dona freschezza, rende l'insieme uno spuntino davvero speciale. Ideale mangiarla calda o tiepida.



Ingredienti


  • 225 g di pasta phillo
  • 400 g di feta
  • 250 g di yogurt greco
  • 200 g di ricotta vaccina
  • 15 foglie di menta
  • 1 uovo
  • 50 ml di latte intero
  • olio extravergine d'oliva quanto basta


Preparazione


Se non hai la menta fresca, metti in infusione nel latte della menta secca.


Trita finemente le foglie di menta fresche.


In una ciotola capiente unire la feta sbriciolata, lo yogurt greco, la ricotta, il trito di menta, l'uovo e amalgamare in tutto.


Sul piano di lavoro adagia un foglio di pasta phillo e spennella, in modo uniforme, olio extravergine d'oliva. Ripeti l'operazione con altri fogli di pasta phillo e sovrapponi una sfoglia sull'altra fino ad avere una decine di sfoglie.


Sistema delicatamente le sfoglie di pasta in una pirofila e versa il ripieno di feta e ricotta.


Copri la superficie con un'altra sfoglia di pasta phillo ripetendo l'operazione fatta prima per la base. 


Ripiega i bordi verso l'interno della sfoglia di copertura per evitare che il ripieno fuoriesca durante la cottura.


Spennella dell'olio extravergine d'oliva sulla superficie. 


Poi con un coltello realizza una scacchiera a trama larga.


Versa il latte (filtralo se hai messo in infusione la menta) sulla tyropita.


Cuoci in forno preriscaldato statico a 180° C per circa 50 minuti.


Servi caldo o tiepido.





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