I dorayaki sono tra i dolci più conosciuti della cucina, cultura, giapponese, almeno negli ultimi tempi grazie a cartoni animati, film e letteratura. Si tratta di una doppia frittella, tipo pancakes, al cui interno viene messa la marmellata di azuki, anko, (che potete trovare seguendo il link in un altro mio post), di fagioli rossi, come un panino. L’insieme che ne viene fuori è molto dolce, troppo per i miei gusti. Tempo fa avevo già fatto dei dorayaki ma scopro che la ricetta non era proprio quella originale, nel senso che spesso le ricette orientali che arrivano a noi sono un po’ modificate e adattate al nostro gusto. Nelle mie ricerche mi imbatto nella storia dei dorayaki:, scoprendo così che i dorayaki non sono dei pancakes giapponesi, ma ne hanno solo la forma, in realtà sono più simili a dei pan di spagna. Inoltre sembrerebbe che la loro ricetta derivi da una torta portoghese, “castella” (in giapponese, kasutera), importata dai missionari nel sedicesimo secolo. Come per la maggior parte delle ricette tradizionali, la sua storia è avvolta da mistero e leggenda. Etimologicamente la parola dora significa “gong” in giapponese, e il nome del dolce verrebbe dalla sua forma rotonda e dal suo colore dorato. Anche se si ritiene che le origini del dorayaki originali siano antiche, ha assunto la sua forma attuale solo all’inizio del 20° secolo, infatti prima assomigliava più a una frittata che a un panino, ed era molto più sottile. L’attuale forma di soffice panino a forma di torta fu creata nel 1914 da una pasticceria di Ueno, Tokyo, chiamata Usagiya (Casa dei conigli). Le teorie in merito al nome dei dorayaki narrano una che l’origine del nome deriva dal fatto che la forma è simile allo strumento musicale giapponese chiamato “Dora” che è simile ad un gong, l’altra teoria è che la torta è stata cotta su questo strumento musicale, quindi è diventata la “Dora Yaki”.
I dorayaki sono facili da preparare, hanno pochi ingredienti e, a seconda se si usa il bicarbonato o il lievito per dolci, del tempo di riposo o meno. La ricetta moderna dei dorayaki è stata molto semplificata, ma se si vuole essere fedeli andrebbe usato nell’impasto il Mirin (che io non ho messo) ed è un condimento particolare giapponese che viene ricavato dal riso glutinoso. Volendo si può anche preparare a casa un condimento che possa sostituirlo facendo cuocere 1 cucchiaino di zucchero con un cucchiaio di sakè o vino bianco dolce, cuocere finché non si scioglie lo zucchero. Come dicevo i dolci giapponesi sono molto dolci, io ho preferito esser un po’ meno fedele e seguire più il mio gusto personale e alleggerire un po’ la dose di zucchero usata, come sempre le mie variazioni le metterò tra parentesi. I dorayaki sono deliziosi, soffici, ho scelto di farcirli con una confettura di ciliegie… Ingredienti
- 3 uova bio
- 140-150 g di farina di grano tenero (io 140 g ho usato il tipo 1)
- 75-90 g di zucchero (io 60g)
- 1 cucchiaio di miele
- 1 cucchiaio di Mirin (io non l’ho usato)
- 1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio per alimenti o lievito per dolci
- marmellata, confettura, creme spalmabili a piacere (io confettura di ciliegie)
Scaldo una padella antiaderente, la ungo con un po’ di olio usando un pezzo di carta da cucina. Ora prendo la pastella, la mescolo nuovamente, se impasto troppo denso aggiungo un cucchiaio di acqua. Con un cucchiaio o un mestolo verso un po’ di pastella nella padella, allargo tipo pancakes fino ad avere un diametro di circa 8 cm, io sono andata un po’ a occhio. Lo cuocio a fuoco basso fino a quando non si vedono le bolle sulla superficie, poi lo rigiro e lo cuocio per circa un minuto. Lo tolgo dalla padella, lo sistemo in un piatto e lascio raffreddare e procedo nella cottura degli altri dorayaki, fino ad esaurimento della pastella. Una volta completato, e raffreddati o almeno intiepiediti, farcisco con il ripieno preferito tra marmellate, confetture o creme spalmabili.
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